Se il periodo da pandemia ha spaventato i più, il peggio per famiglie e imprese dal punto di vista economico potrebbe ancora non esser stato raggiunto. Infatti nonostante gli evidenti riscontri negativi del 2020, allorché le aziende a rischio erano 134.000 (21,7%) la recente stima in merito alla decrescita del trend aziendale e delle famiglie è preoccupante.
Stando a delle stime, in relazione a società “vulnerabili”, che nel triennio 2019-2022 sono passate dal 29,3% (181.000) al 32,6% (201.000), i debiti finanziari sono cresciuti nel merito di oltre 195,8 miliardi di euro (+28 miliardi), vale a dire un equivalente de 19,5% del totale.
A rischio la tenuta industriale di molti asset, ma anche il futuro di oltre 3 milioni di posti di lavoro. Sul fronte dell’occupazione, una ricerca Cerved indica in oltre 3 milioni i lavoratori, quasi 1 su 3 (30,5%), impiegati in società in pericolo.
Ci sarebbero oltre 2,1 milioni che lavorano in società oggi viste come vulnerabili (21,9%, +228.000). Le imprese in crisi si trovano per lo più al Sud, dove sono circa al 60,1% del totale, accrescendo il già noto divario con il Nord del Paese: le province con dati eloquenti sono Isernia, il Sud della Sardegna, Matera, Foggia e Cagliari.
Non fa eccezione anche Roma accanto a tante città come quelle di Crotone, Terni, Isernia, Reggio Calabria, Messina, Siracusa e Cosenza.
Diversi i settori che sono in bilico default, chiusura: i settori più a rischio fallimento sono quelli delle costruzioni (dal 15,2% al 17,6% di società a rischio) e i servizi (dal 14,9% al 16,7%). In particolare i comparti di aerei (41,2%), parrucchieri e istituti di bellezza (37,8%), e distribuzione al dettaglio nel ramo moda (36,4%).