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Roma, incendiata cella nel carcere di Rebibbia: cinque agenti intossicati

Incendio in una cella del carcere femminile di Rebibbia a Roma e cinque agenti di polizia penitenziaria rimaste intossicate dai fumi durante l’intervento. E’ successo questa mattina al reparto infermeria del carcere femminile. Lo riferisce Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) che in una nota spiega che tutto è partito da “alcune detenute che hanno dato fuoco alla propria cella“.

Roma, incendiata cella nel carcere di Rebibbia: cinque agenti intossicati

“Il personale di polizia penitenziaria – prosegue Somma – è prontamente intervenuto per spegnere l’incendio e portare fuori dalla cella le detenute. Cinque unità del Corpo, intervenute nell’immediatezza, sono rimaste intossicate dalle inalazioni del fumo provocato e sono state immediatamente trasportate al vicino ospedale per le cure necessarie”.

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Somma evidenzia che “da troppo tempo il Sappe denuncia il mancato trasferimento fuori regione dei detenuti riottosi alle regole penitenziarie. Nonostante tali denunce riscontriamo ancora la totale assenza di risposte concrete”.

Capece (Sappe): “Questi ultimi episodi devono far riflettere i vertici dell’Istituto e della Regione”

Sul caso interviene anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece, che stigmatizza i gravi episodi avvenuti del carcere femminile di Rebibbia, a Roma, ed esprime solidarietà alle agenti coinvolte.

“Con questi ulteriori gravi eventi critici, – dichiara Capece – sale vertiginosamente il numero dei poliziotti coinvolti da detenuti senza remore in fatti gravi. Esprimiamo la massima solidarietà e vicinanza a tutte le colleghe ed i colleghi della Casa circondariale femminile di Rebibbia: e questi ultimi episodi devono far riflettere i vertici dell’Istituto e della Regione”.

“Serve completa inversione di rotta”

“Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali, siamo in balia di questi facinorosi. Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali: in carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle Istituzioni” conclude.

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