Dal 18 febbraio al 8 marzo, al Teatro Ghione di Roma, “Il fu Mattia Pascal”, tratto dal libro di Luigi Pirandello, è portato in scena da Giorgio Marchesi. Le musiche, composte e suonate dal vivo da Raffaele Toninelli, accompagnano l’interpretazione magistrale di Marchesi e Simonetta Solder, che dirigono lo spettacolo.
Gli spettacoli a Roma
Marchesi: “Ecco il mio Il fu Mattia Pascal”
Marchesi ha spiegato il motivo che lo ha spinto a mettere in scena l’opera: “‘Posso dire che da allora ho fatto il gusto a ridere di tutte le mie sciagure e di ogni mio tormento’. Leggendo queste parole che Pirandello stesso fa dire al suo protagonista, da subito abbiamo pensato di raccontare le vicende di Mattia Pascal sottolineando l’ironia presente nel testo, sperimentando un linguaggio che potesse essere accessibile a tutti, anche e soprattutto alle nuove generazioni, affinché la ‘pesantezza’ che spesso viene erroneamente associata ad alcuni capolavori letterari possa essere smentita da un racconto energico e divertito di un ‘caso davvero strano’.
Ha aggiunto: “Insieme a Raffaele Toninelli e alla sua creatività musicale, abbiamo cercato di dare vita a un’atmosfera non realistica; non abbiamo ambientato il testo precisamente negli anni ’30, ma lo abbiamo traslato e trascinato lungo il ‘900 per assecondarne la contemporaneità dei temi trattati: il rapporto con la propria identità, prima di tutto, dato che i tanti ‘profili’ di cui ormai ci serviamo quotidianamente per comunicare sui social ne sono l’estremizzazione. Ma anche la rinascita, dopo lo sconvolgimento delle nostre vite negli ultimi due anni”.
E ancora: “Mi trasformerò con paziente studio sicché, alla fine, io possa dire non solo di aver vissuto due volte, ma di essere stato due uomini diversi’. Pascal sembra chiedere quindi non solo un’altra possibilità, come spesso sogniamo tutti, magari di ricominciare da capo o di correggere gli errori del passato. Vuole proprio abitare un’altra persona, nuova, diversa, sconosciuta. Da queste due frasi, da questi due spunti è nata l’idea di raccontare la storia di Mattia Pascal e Adriano Meis con libertà e ironia, non prendendolo troppo sul serio, o meglio, permettendoci di giocare con lui, pur lasciando intatto lo stile e il linguaggio originali. Perché un testo, anche se un classico, rimane un pretesto per comunicare col pubblico. E visto il periodo… meglio farlo con leggerezza”, ha concluso Marchesi.