Il tribunale di Roma ha condannato Carlo Fuortes a 1 anno e 4 mesi di reclusione nel processo per la morte di Oberdan Varani, un addetto alle pulizie di 50 anni. Varani precipitò da un vano del Teatro dell’Opera di Roma – di cui Fuortes era all’epoca sovrintendente – il 31 luglio 2017, battendo violentemente la testa e morendo in ospedale dopo 9 giorni di coma.
La quarta sezione del tribunale ha inoltre stabilito una provvisionale di 220 mila euro, immediatamente esecutiva, per la violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Anche la titolare della ditta dove lavorava l’operaio deceduto è stata condannata. Varani era caduto da una scala mentre eseguiva la pulizia straordinaria della «fossa» del palcoscenico.
Ha dichiarato l’avvocato Luca Montanari, legale di parte civile dei familiari di Oberdan Varani: “A sette anni dal fatto si è accertato che in quel periodo nel Teatro dell’Opera di Roma c’era una conduzione assolutamente superficiale dei lavori di manutenzione. C’era una prassi contra legem che è stata dimostrata dall’istruttoria dibattimentale. La difesa ha sostenuto che il lavoratore era stato mandato lì per una decisione estemporanea di un preposto ma erano in realtà lavori preordinati fatti in assoluta violazione delle norme sulla sicurezza e gestione dei rischi presenti sul posto”.
Fuortes, il legale: “Faremo ricorso”
Alessandro Gamberini, avvocato difensore di Fuortes, ha commentato così la sentenza: “Una sentenza sconcertante per cui faremo ricorso in Appello. Una sentenza che condanna Fuortes per una morte sul lavoro ma non in dipendenza di un rischio sul lavoro. Una morte che si è verificata perché l’operaio è scivolato dal primo gradino della scala ed aveva nel sangue un tasso alcolemico di 1.3g/l. La ragione per cui è scivolato è legata al tasso di alcol nel sangue. Non so come in questo caso si possa chiamare in causa il Sovrintendente del Teatro”.
Sottolinea l’avvocato Gamberini: “Desta sconcerto la decisione del Tribunale di Roma che ha condannato Carlo Fuortes, già Sovraintendente dell’Opera di Roma, per l’omicidio colposo di Oberdan Varani. Seppure al minimo della pena, un anno e quattro mesi con la pena sospesa e la non menzione. All’esito di una lunga istruttoria dibattimentale era emerso che la tragica morte di Oberdan Varani, operaio di una ditta che aveva l’appalto alle pulizie del Teatro dell’Opera di Roma, era il frutto della caduta dal primo gradino di una scala, alta in totale 1 metro e 70, che serviva per superare il piano in cui svolgeva il proprio lavoro e salire al piano sovrastante”.
“L’unico presente, un operaio dipendente del Teatro chiamato a dargli assistenza nelle pulizie, aveva confermato la circostanza dicendo che la vittima gli aveva detto nell’immediatezza di essere ‘scivolato con un piede’ e di averlo visto ‘cadere a piombo’ all’indietro, battendo la testa. Gli accertamenti ospedalieri successivi, condotti mentre era ancora in vita, gli avevano riscontrato – spiega il penalista – un tasso etilico pari a 1,3, dunque al momento dell’incidente era certamente maggiore stante il rapido decadimento, e davano scontata ragione di quella perdita di equilibrio”.
“La condanna appare dunque il frutto di una pura responsabilità oggettiva derivante dal ruolo ricoperto, esito inaccettabile della ricerca tutti i costi di un capro espiatorio di fronte a una morte avvenuta sì sul lavoro, ma senza alcuna relazione causale con i rischi del lavoro svolto. Confidiamo che in sede di appello la sentenza verrà riformata”.