Qui la copertina che introduce al tema della puntata di Extra del 28 maggio 2024.
Sempre più affollati, ma anche sempre più rallentati da carenze di organico e problemi organizzativi. La fetta più ampia dell’opinione pubblica ha scoperto l’importanza dei reparti di pronto soccorso – e la conseguente fragilità del nostro sistema sanitario – durante i mesi drammatici della pandemia. Ora che il virus è soltanto un ricordo, la situazione non è affatto migliorata.
I dati li ha raccolti Simeu, che monitora costantemente il livello delle prestazioni nei dipartimenti di emergenza e urgenza, e il verdetto è inequivocabile: in pochi anni i tempi di attesa si sono sensibilmente allungati del 25%, ovvero 6 ore in più nell’arco di pochi anni. Nel 2019, prima cioè della pandemia, quando si veniva ricoverati in pronto soccorso si aspettavano 25 ore prima di arrivare alle dimissioni o al trasferimento in reparto mentre nel 2023 ce ne volevano 31.
Sono, ovviamente, delle medie statistiche che tengono insieme casi virtuosi e strutture lumaca, ma che sono la più evidente denuncia dei problemi della sanita pubblica: 31 ore di attesa significa che, se il reparto è sovraffollato, il paziente spesso deve restare parcheggiato su una barella, se non addirittura su una sedia. Ed è evidente che l’emergenza sanitaria non c’entra, almeno oggi: anzi nel 2019 si attendeva meno a fronte di 20 milioni di ricoveri, contro i 18 milioni di accessi dello scorso anno.
Sotto accusa, dunque, finiscono i problemi organizzativi, dalla mancanza di personale alla carenza di posti letto: tutti fattori che mettono sotto pressione il personale e la struttura, e rischiano di mettere a repentaglio anche la qualità dell’assistenza offerta ai cittadini