Il termine viene prolungato di altri 30 giorni: basterà a vincere lo scetticismo generale intorno ad un’opera complessa e delicata, ma assolutamente necessaria?
Gilberto Pichetto ci riprova. Di fronte alle ormai note difficoltà nell’individuare un’area in cui costruire il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha deciso di prorogare il termine a disposizione dei Comuni interessati per inviare osservazioni in merito alla Carta Nazionale delle Aree Idonee (51 aree in varie zone d’Italia ritenute adatte ad ospitare il Deposito in base ad alcuni criteri fissati dall’ISIN e inserite in una lista pubblicata poco più di un anno fa).
Il termine fissato inizialmente dal MASE scadeva infatti proprio nella giornata di oggi, 26 dicembre, ma appena prima di Natale è stato deciso di prorogarlo di altri trenta giorni. In questo modo, si spera di favorire la piena partecipazione delle amministrazioni comunali alla procedura. I Comuni interessati, ben pochi a dire la verità, potranno quindi sfruttare un ulteriore mese di tempo per ogni osservazione sulla Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI) a ospitare non solo il Deposito nazionale, ma anche un parco tecnologico. Le osservazioni saranno poi oggetto, in sede ministeriale, di Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
“Con questo atto, il ministro Pichetto ha inteso dare seguito all’ordine del giorno approvato in sede di conversione del Dl Ambiente n. 153 del 2024, a prima firma Federico Fornaro” – si legge nella nota diffusa dal MASE – “In questo modo, viene esteso il termine al fine di consentire un coinvolgimento, un dialogo e una valutazione migliori da parte delle autonomie locali“.
Il tema del Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi è tanto importante quanto delicato, a prescindere dall’effettivo ritorno dell’Italia all’energia nucleare. Nelle centrali dismesse sono ancora stoccate tutte le scorie utilizzate fino agli anni ’80 quando nel nostro Paese veniva prodotta energia atomica di vecchia generazione, ma continuiamo a produrre rifiuti radioattivi ancora oggi, in particolare in alcuni settori come l’industria o la medicina.
Tra gli esperti, sia tra coloro che auspicano il ritorno al nucleare (compreso il ministro Pichetto) che tra i contrari, l’opinione è pressoché unanime: l’Italia deve dotarsi quanto prima di un Deposito nazionale che garantisca lo stoccaggio sicuro e senza impatto ambientale di rifiuti nucleari. Tuttavia, finora i territori si sono mostrati fortemente ostili ad ogni ipotesi di ospitarlo. E a nulla sono valse neanche le autocandidature, promossa del MASE, come dimostra il caso di Trino Vercellese. In questo Comune, che nel suo territorio ha una centrale nucleare dismessa, l’amministrazione locale si era detta disponibile ad ospitare il Deposito, salvo dover fare marcia indietro in seguito alle proteste di cittadini, associazioni e Comuni limitrofi. E intanto, a livello locale o regionale, si moltiplicano le opposizioni al Deposito nazionale anche in quei territori dove la maggioranza è in mano agli stessi partiti che governano a livello nazionale e che vorrebbero tornare all’energia nucleare per favorire la decarbonizzazione e nella speranza che questo possa contribuire ad abbassare il costo dell’energia.
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