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“Legalizziamo il commercio di corna per salvare i rinoceronti”

Sembra una provocazione, ma è un invito, da parte di un esperto comportamentalista e conservazionista, ad affrontare il problema da un’altra angolazione. La maggior parte dei colleghi, tuttavia, dissente: “Si rischia di causare più danni che benefici”.

Legalizziamo a livello globale il commercio di corna per salvare i rinoceronti dal rischio di estinzione“. Potrebbe sembrare una folle provocazione, ma in realtà è una considerazione serissima, da parte di uno dei maggiori esperti al mondo di fauna selvatica. Martin Wikelski, esperto comportamentalista che lavora per il Max Planck Institute, su Science ha affrontato il tema invitando a guardare la realtà da un’altra angolazione.

Qualche anno fa, sarei stato decisamente contrario a questa idea. Ma di fronte a questa situazione così cupa, credo che dovremmo cambiare la nostra attitudine rispetto al commercio delle corna di rinoceronte” – ha scritto Martin Wikelski – “Le organizzazioni criminali internazionali sono riusciti a superare ogni contromisura che i conservazionisti hanno adottato per difendere i rinoceronti dal bracconaggio. Il risultato è un calo drastico nella popolazione di questi animali. Se riuscissimo a regolamentare il commercio della corna di rinoceronte, potremmo anche riprendere controllo del mercato e fermare queste perdite“.

L’idea di Wikelski è abbastanza semplice: rimuovere il corno dai rinoceronti, lasciando che dei nuovi ricrescano, e venderlo. La maggior parte dei conservazionisti e degli altri esperti, tuttavia, è contraria. Come scrive il Guardian, in molti credono che uno schema simile non potrà salvare i rinoceronti dai bracconieri. La domanda attuale di corna di rinoceronte infatti supera di molto la disponibilità della fornitura legale e, secondo molti, potrebbe aumentare di fronte al probabile aumento della ricchezza nei Paesi in cui è tradizionalmente molto alta.

Rascha Nuijten, direttrice della Fondazione Future For Nature, ha risposto così alla proposta di Wikelski: “Un mercato legale di corna di rinoceronte non potrà far altro che aumentare la domanda, favorire nuove opportunità per il riciclaggio di denaro, e complicare il lavoro delle autorità preposte nel distinguere le fonti legali da quelle illegali“.
Va ricordato che le corna di rinoceronte non sono richieste solo come elemento decorativo. In Cina, un Paese che da sempre ‘vanta’ un’enorme domanda, la medicina tradizionale richiede l’utilizzo di cheratina, una proteina presente in grandi quantità nelle corna di rinoceronte, perché ritenuta di grandi capacità curative. Come ha spiegato Jo Shaw, che dirige l’organizzazione Save the Rhino International, “nelle medicina tradizionale asiatica c’è questa credenza per cui la cheratina può ridurre il calore e le tossine nell’organismo“. Non ci sono però evidenze scientifiche che confermino questa teoria, che tra l’altro negli ultimi tempi sta perdendo terreno. Tuttavia, specialmente in Asia, possedere corna di rinoceronte sta diventando un vero e proprio status-symbol tra le classi sociali ed economiche più agiate. E dove ci sono soldi, quasi sempre ci sono anche organizzazioni criminali internazionali.

Proprio la presenza di queste organizzazioni ha portato alla drammatica situazione attuale. All’inizio del XX secolo, tra l’Africa e l’Asia, i rinoceronti di varie specie erano circa 500mila. Nel 1970 la popolazione si era ridotta a 70mila esemplari e oggi si stima che ne rimangano appena 27mila, divisi in cinque diverse specie: due presenti in Africa (rinoceronte bianco, Ceratotherium simum, e rinoceronte nero, Diceros bicornis) e tre in Asia (rinoceronte di Sumatra, Dicerorhinus sumatrensis; rinoceronte di Giava, Rhinocerus sondaicus; rinoceronte indiano, Rinhoceros unicornis). Questi dati però riflettono solo una situazione complessiva, che nel dettaglio si fa decisamente più drammatica: secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), i rinoceronti neri, quelli di Giava e quelli di Sumatra sono classificati come seriamente in pericolo. E nel dettaglio, ci sono dei dati assolutamente allarmanti: i rinoceronti neri in Africa sono circa 6.000, mentre quelli di Giava sono non più di 70 e quelli di Sumatra stimati in un numero di esemplari compreso tra 34 e 47.

Un modo per tutelare le varie specie di rinoceronte è la gestione privata delle aree protette. Tuttavia, da oltre 15 anni, la domanda di corna di rinoceronte bianco è aumentata e, di conseguenza, anche il bracconaggio. Il contrasto a questi fenomeni sta diventando sempre più costoso e pericoloso, ed è per questo che Wikelski ha reso pubblica la sua controversa idea: “La tendenza è di allentare, se non proprio rimuovere, la custodia, perché costa soldi e mette in serio pericolo chi prova a opporsi ai bracconieri“.

Un’altra strategia che punta a sfavorire il bracconaggio è quella adottata dal noto Parco Nazionale Kruger in Sudafrica, un vero e proprio santuario dei rinoceronti: rimuovere direttamente le corna dei rinoceronti. I risultati però non sono stati quelli sperati: gli animali continuano ad essere uccisi e quelli che restano vivi hanno finito per cambiare il proprio comportamento e, di conseguenza, anche il loro stesso sistema sociale.

Jo Shaw, tuttavia, anche di fronte a questo problema così complesso rifiuta la proposta di Wikelski: “Il numero di rinoceronti bianchi, nell’ultimo anno, è aumentato, ma dovremmo preoccuparci soprattutto del rinoceronte nero, di quello di Giava e di quello di Sumatra. Sono loro a rischiare di estinguersi nel breve termine e non abbiamo la certezza che legalizzare il commercio di corna di rinoceronte bianco possa salvarli. Così, si rischia solo di fare più danni, nonostante le migliori intenzioni“.

L’articolo “Legalizziamo il commercio di corna per salvare i rinoceronti” proviene da Notizie da TeleAmbiente TV News.

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