Un numero così alto di roghi non si registrava dal 2007: a causarli è la mano dell’uomo ma ad alimentarli, rendendoli assolutamente fuori controllo, sono le conseguenze del cambiamento climatico. L’unico dato positivo è il netto rallentamento della deforestazione.
Un 2024 da dimenticare per l’Amazzonia, e in particolare per quel 60% del polmone verde della Terra che si trova in territorio brasiliano. Diversi Paesi, a cominciare da Perù e Venezuela, hanno dovuto fronteggiare un numero sorprendentemente alto di incendi nell’anno solare appena trascorso, ma è in Brasile che il dato ha raggiunto livelli che non si vedevano addirittura dal 2007.
L’Istituto Nazionale Brasiliano per la Ricerca Spaziale (INPE), attraverso la tecnologia satellitare, è riuscito a individuare, nel corso del 2024, ben 140.328 incendi, il 42% in più rispetto al 2023, quando i roghi furono 98.634. Un record rispetto agli scorsi anni, inferiore solo ai dati del 2007, quando nell’anno solare gli incendi furono ben 186.463. A favorire tutto questo, le condizioni meteorologiche causate dall’effetto combinato del cambiamento climatico e del fenomeno di El Niño: la siccità prolungata per diversi mesi ha reso le foreste sempre meno umide, con le temperature sempre più alte e i forti venti che hanno fatto da detonatore per la diffusione di roghi incontrollati che danneggiano l’intera biodiversità. Drammatiche, infatti, le immagini delle ripercussioni degli incendi sulla fauna selvatica, con specie uniche nel loro genere che sono sempre più minacciate.
Droughts and heatwaves threaten South America’s water resources
The latest JRC analysis used data from @CopernicusEU & other climate and drought monitoring tools.
Find the full report here: https://t.co/ZCCJZiQJVo pic.twitter.com/817VhTgRdj
— EU_ScienceHub (@EU_ScienceHub) December 20, 2024
A confermare le cause di questa situazione così delicata, ci sono anche le rilevazioni dell’osservatorio europeo Copernicus. Tutto il Sud America sta affrontando incendi devastanti, la cui diffusione è favorita dalla grave siccità che avanza irrefrenabile da almeno un anno e mezzo. Le conseguenze dei roghi non hanno riguardato però solo i territori dell’Amazzonia: il fumo prodotto dagli incendi, trasportato dal vento, ha finito per coinvolgere anche le grandi città del Brasile, come Rio de Janeiro, San Paolo e la capitale Brasilia, dove l’inquinamento ha raggiunto livelli difficilmente sostenibili.
Le vere cause, però, non risiedono nelle sfavorevoli condizioni meteorologiche. Gli esperti sottolineano come la maggior parte degli incendi sia stata provocata da chi appicca deliberatamente il fuoco alle foreste in modo da liberare terreni per la coltivazione. La scienza, ancora una volta, avverte sui rischi della deforestazione: l’Amazzonia si avvicina sempre di più ad una situazione in cui la foresta emetterà più carbonio di quanto ne potrà riuscire ad assorbire. E questo, inevitabilmente, accelererà il cambiamento climatico.
Per il momento, almeno sul fronte degli incendi, l’impegno del presidente brasiliano Lula non sta raccogliendo i frutti sperati. Nonostante specifiche misure a tutela dell’Amazzonia, tra cui la nomina di una figura iconica come Marina Silva al Ministero dell’Ambiente o l’istituzione di un Ministero per le Popolazioni indigene, la lotta contro gli incendi non sta raggiungendo gli obiettivi auspicati a inizio mandato. E tutto questo, nonostante la conservazione delle foreste sia una priorità del governo di Lula, che ha deciso di ospitare la prossima COP30 sul clima, in programma nel prossimo novembre, proprio in Amazzonia, nella città di Belem.
Demarcar Terras Indígenas é cumprir um dever histórico e cumprir a nossa Constituição. A Funai completa amanhã 57 anos e quero parabenizar essa importante instituição de proteção dos direitos dos povos indígenas.
Ricardo Stuckert pic.twitter.com/g7T4aXMBZm
— Lula (@LulaOficial) December 4, 2024
Va detto, tuttavia, che i dati satellitari mostrano anche che alla fine di agosto 2024 la deforestazione nella regione, rispetto ad un anno prima, era calata di oltre il 30%, raggiungendo il livello più basso degli ultimi nove anni. Una nettissima inversione di tendenza dopo un periodo buio per l’Amazzonia, quello del governo di Jair Bolsonaro, strettamente legato al settore agroalimentare, che punta a deforestare per avere nuove terre da coltivare o da destinare all’allevamento del bestiame.
A justiça climática precisa ser responsabilidade do G20 e de todo o mundo.
Audiovisual/PR pic.twitter.com/VC3ykntFPQ
— Lula (@LulaOficial) November 19, 2024
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