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Ponte sullo Stretto, nuovo polverone dopo l’inchiesta di Report

Dopo il servizio andato in onda domenica sera su Rai 3, è arrivata a stretto giro la replica di Webuild, la società incaricata della costruzione del Ponte. 

Manca sempre meno alla fine di gennaio, quando è attesa l’approvazione, da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) di Palazzo Chigi (presieduto direttamente da Giorgia Meloni), del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. E puntualmente, è tornata una nuova inchiesta di Report, il programma di Rai 3 condotto da Sigrido Ranucci, con il servizio di Danilo Procaccianti che riscostruisce vari aspetti, dal cronoprogramma alle autorizzazioni rilasciate, fino al rischio sismico e ad alcune caratteristiche dell’infrastruttura su cui Matteo Salvini, ministro dei Trasporti, ha deciso di puntare tutto.

Il focus su Webuild

Il servizio di Report parte da un focus su Webuild, la società incaricata della costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, che ha realizzato anche il ponte sul Danubio a Brăila, in Romania. Un ponte che, appena realizzato, ha avuto diversi problemi: asfalto non resistente alle alte temperature, infiltrazioni d’acqua nei blocchi di ancoraggio e alcuni bulloni non avvitati. In questo caso, Webuild si è difesa sostenendo che le responsabilità siano da attribuire al governo romeno, che avrebbe dovuto essere a conoscenza delle criticità emerse e delle caratteristiche climatiche e paesaggistiche del luogo.

Il ruolo dell’ex ministro Lunardi 

Un tecnico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a Report, ha rivelato: “La prima riunione sul Ponte si era tenuta al Mit, quando il governo Meloni non aveva ancora giurato. Erano presenti Matteo Salvini, Pietro Lunardi e Pietro Salini. Poi ci furono altre riunioni, alla presenza di Lunardi e del consulente legale del consorzio che aveva vinto l’appalto per il Ponte nel 2005“.
Nel tentativo di chiedere delucidazioni all’ingegnere (ed ex ministro dei Trasporti dal 2001 al 2006), Danilo Procaccianti ha casualmente scoperto di un incontro tra Pietro Lunardi e il prof. Alberto Prestininzi, che Salvini aveva nominato coordinatore del Comitato tecnico scientifico per il Ponte sullo Stretto. Tra l’altro, la Rock Soil, azienda di famiglia di Lunardi, è tra le società che hanno firmato la relazione di aggiornamento del progetto.
Ero stato interpellato per un ‘passaggio di testimone’, essendo stato io, da ministro, ad aver lanciato il progetto” – ha spiegato Lunardi – “Prestininzi è un amico di famiglia, ci siamo incontrati ma questo non ha nulla a che vedere con il Ponte“.

Le raccomandazioni del Comitato scientifico 

Il Comitato scientifico presieduto dal Prof. Prestininzi ha sì approvato il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, ma ha anche espresso ben 68 raccomandazioni. Tra queste, alcune sono particolarmente significative: aggiornare il documento di valutazione del vento di progetto; specificare i requisiti meccanici degli acciai di carpenteria; riesaminare, nelle analisi strutturali, gli scenari di rischio tenendo conto dell’azione combinata del vento e dei carichi di traffico stradale e ferroviario.
Tra le raccomandazioni, tuttavia, non rientra il caso del franco navigabile. Il Ponte dovrebbe essere alto 65 metri per consentire comunque la navigazione, anche se nel 2023 lo Stretto di Messina è stato attraversato da cinque navi da crociera e 15 navi cargo di altezza superiore (dati del Mit). Una questione che causerebbe ripercussioni sul traffico marittimo intorno a Messina e sull’indotto del porto di Gioia Tauro. La società Stretto di Messina Spa, a Report, ha spiegato che l’altezza di 65 metri è un caso limite, riferito al pieno carico del Ponte e alle condizioni di alta marea.

Il caso dei cavi 

C’è poi il caso dei cavi d’acciaio: due per lato, anche se per la distribuzione dei carichi emergono dei dubbi, espressi da Antonino Risitano, preside della Facoltà di Ingegneria a Catania dal 1987 al 1993. “Se ho quattro corde, quando mi sposto da un lato, non so come si ripartiscono i carichi. Nel vecchio progetto definitivo venivano indicate le prove da fare e con quali attrezzature, ma non furono mai fatte” – spiega il prof. Risitano – “È scientificamente e tecnicamente sbagliato che si possa approvare un progetto definitivo senza le prove dei cavi. Se cede un cavo, anche il ponte cede“.
Per ovviare al problema (la difficoltà nell’effettuare quelle prove), nell’ultima relazione di aggiornamento, gli stessi progettisti avevano suggerito di ricorrere ad acciai di maggior qualità e resistenza per i cavi. La stessa società Stretto di Messina, tuttavia, ha tenuto a spiegare che questo problema non sarebbe così grave dal momento che nel nuovo progetto sarebbe cambiata la posizione dei cavi.

Il cronoprogramma a tappe

Nonostante i grandi annunci dei protagonisti e dei sostenitori del progetto, si sono già registrati vari ritardi ed è anche per questo che, negli ultimi tempi, si è scelto di procedere con le fasi progettuali a tappe. In questo senso rientra la differenziazione tra le opere propedeutiche alla realizzazione del Ponte (strade, gallerie e cantieri sui versanti calabrese e sicliano) e la costruzione del Ponte stesso. Oltre ai tempi, ci sono diversi costi per le varie fasi: l’avvocato amministrativista Carmelo Briguglio stima un costo di 5 miliardi per il Ponte in sé, e di 10 per tutte le opere da fare prima della costruzione effettiva. “E se poi in fase esecutiva si dovesse scoprire che il Ponte non è realizzabile?“, si chiedono un po’ tutti, da Ranucci a Procaccianti, passando per Briguglio e per l’ingegnere Mario De Miranda, che ha ricordato come le strade, le gallerie e le altre infrastrutture preliminari comportano espropri e demolizioni con lo sgombero di centinaia di famiglie.

Il rischio sismico 

C’è poi un aspetto che, forse, è quello principale da considerare: il rischio sismico nella zona del Ponte. Un’opera così imponente sorgerà proprio al di sopra di una faglia attiva, in una delle aree a maggior rischio sismico del mondo, come ha ricordato Carlo Tansi, ricercatore dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr: “Nel terremoto del 1908, in cui morirono almeno 80mila persone, la linea di costa in Sicilia e in Calabria sprofondò di alcuni metri. Qui abbiamo terreni principalmente di sabbia e argilla, che in caso di terremoti sono soggetti a liquefazione”. L’ingegner De Miranda ha aggiunto: “Una faglia attiva è comunque una discontinuità nel terreno, nessuno ci costruirebbe la propria casa“.
Nel progetto della Stretto di Messina Spa viene tenuta in considerazione la faglia di Cannitello, in Calabria, anche se secondo la Protezione Civile non sarebbe consentito costruire in presenza di faglie attive. “Non è una faglia sismogenetica, abbiamo collaborato con l’Ingv ma non c’è l’obbligo di un via libera direttamente da quell’ente” – spiega però Pietro Ciucci a Report – “Abbiamo approfondito tutti gli aspetti, le torri e i pilastri non sorgeranno su faglie attive o capaci, e faremo maggiori approfondimenti come richiesto anche dalla Commissione Via“.
Di diversa opinione, però, l’ingegner Carlo Doglioni. “Il Ponte sorgerà in una zona sismica e su questo non ci sono dubbi, dal 1985 a oggi abbiamo avuto oltre 6.000 terremoti in un raggio di 40 km da Villa San Giovanni. La resistenza del Ponte dipende dalle frequenze, sicuramente un terremoto di magnitudo simile a quella del 1908 non lo farebbe crollare, ma lo danneggerebbe significativamente” – il commento del presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) – “Dobbiamo considerare le accelerazioni, che anche in caso di terremoti meno potenti sono maggiori di quanto indicato nel progetto del Ponte. Come Ingv, non siamo stati coinvolti formalmente per dare un parere sulla pericolosità sismica, sono stati due nostri tecnici che a titolo personale hanno dato un parere, da consulenti“.

Le raccomandazioni della Commissione Via 

Il progetto è stato esaminato anche dalla Commissione per la Valutazione di impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Risultato finale: approvazione, ma con 62 raccomandazioni. Tra queste: analisi più dettagliate sul rischio geologico e sismico, come spiegava anche Pietro Ciucci.
Tra l’altro, come vi avevamo già spiegato qualche tempo fa, nella Commissione Via del MASE sono stati nominati non solo tecnici indipendenti, ma anche esponenti politici di centro-destra. Tra questi, c’è Margherita Scoccia, candidata sindaca alle ultime amministrative a Perugia e oggi consigliere comunale di Fdi nel capoluogo umbro: “Ho un dottorato di ricerca in ingegneria ambientale, come tale ho fatto domanda. La Commissione si occupa di valutare i progetti, non ha nulla a che vedere con il mio ruolo politico e ogni commissario si esprime sul proprio campo di competenza anche se il parere deve essere all’unanimità“. Della stessa opinione Raffaele Latrofa, membro della Commissione Via e vicesindaco di Pisa sempre in quota Fdi: “Non c’è nessuna incompatibilità dal punto di vista giuridico, sono un ingegnere che ha lavorato a lungo nella pubblica amministrazione e ho presentato, rispondendo a un bando del Ministero, il mio curriculum“. Nella Commissione c’è anche Alfredo Posteraro (Forza Italia), agronomo e condannato in via definitiva per abbandono di rifiuti.
I membri della Commissione si sono candidati e avevano i requisiti previsti. Se uno fa l’ingegnere non può anche fare politica?“, ha spiegato in merito il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto difendendo le nomine.

I costi e le battaglie legali 

Appena insediatosi, il governo tecnico guidato da Mario Monti bocciò definitivamente il progetto del Ponte sullo Stretto. Pietro Salini, oggi ad di Webuild che ha acquisito l’allora consorzio Eurolink, avviò un contenzioso chiedendo allo Stato 700 milioni di euro come risarcimento per l’annullamento dei contratti da parte del governo. In primo grado, la giustizia ha dato torto a Salini. Ora la giostra sta ripartendo, ma con costi nettamente superiori a quelli di allora. Secondo quanto riportato da Report, il governo avrebbe suggerito a Salini di rinunciare al contenzioso una volta giunta l’approvazione definitiva del Cipess, anche se però al momento la disputa legale va avanti. E ancora: Aurora Notarianni, avvocata del Wwf Italia, conferma che, dopo l’approvazione definitiva del Cipess, il consorzio potrebbe rinunciare al contenzioso ma sarebbe già tutelato, dal momento che in caso di problemi di fattibilità del progetto dovrebbe comunque assicurarsi un 10% dell’accordo economico.
È stato fatto un grande favore al privato, basta guardare le quotazioni in borsa dell’impresa proprietaria, c’era un grande vantaggio finanziario e questo lo hanno visto anche gli investitori“, ha spiegato Giuseppe Busia, presidente dell’Associazione nazionale anti-corruzione (Anac).
Nel progetto manca un documento importante: il computo metrico estimativo, cioè la lista delle quantità di materiali di tutte le opere moltiplicate per i prezzi unitari di mercato o concordati contrattualmente. Quel documento, tipico di tutti questi progetti, è fondamentale ma manca“, il punto dell’ingegner Mario De Miranda.
Quello dei costi è un tema importante, se si considera l’esempio del terzo valico ferroviario (sempre costruito da Webuild) che inizialmente doveva collegare Genova e Milano e costare 4 miliardi di lire. Il progetto è stato ridimensionato e per la sola tratta Genova-Tortona i costi sono saliti a 10 miliardi di euro. I costi sono schizzati a causa della presenza di amianto tra i materiali inclusi nel progetto esecutivo, con un enorme extra-costo per le bonifiche. Un altro imprevisto ha riguardato la natura della roccia in cui le talpe avrebbero dovuto scavare, con alcuni materiali che poi si sono rivelati inadeguati e da scartare.

Le polemiche e la replica di Webuild sul Ponte

Un servizio, quello di Report, che inevitabilmente ha scatenato nuove polemiche. Pietro Salini, ad di Webuild, aveva schivato le domande dell’inviato della trasmissione di Rai 3, ma appena dopo la messa in onda del servizio, l’azienda ha commentato così: “Il gruppo, sorpreso per il comportamento della Rai che consente la diffusione di notizie false che pregiudicano il lavoro delle aziende italiane, smentisce di nuovo le notizie circolate, totalmente prive di fondamento, che intendono diffondere fake news su opere strategiche per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, e diffida Report a pubblicare quanto di seguito riportato, riservandosi in caso contrario di adire le vie legali per tutelare la propria immagine e il valore dell’azienda per tutti i suoi stakeholder“.
Non è fondata la notizia secondo cui l’Ingv non sarebbe mai stato interpellato nelle attività di analisi del rischio sismico e di faglie attive nel progetto del Ponte sullo Stretto. L’Istituto è stato continuamente coinvolto e i suoi pareri sono stati utilizzati nell’ambito delle diverse analisi che sono state condotte per il progetto. Già nel 2011 il consorzio Eurolink aveva sottoscritto con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma La Sapienza, di cui era membro proprio il prof. Doglioni, una Convenzione per l’aggiornamento del quadro geo-sismotettonico nell’area dello Stretto di Messina. In quell’occasione il Prof. Doglioni prese parte al gruppo di lavoro in cui c’era anche l’Ingv” – aggiunge Webuild in una nota – “Per rispondere alle ultime richieste di integrazione presentate dalla Commissione Via nel 2024, il consorzio Eurolink ha assegnato un nuovo incarico al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma La Sapienza e ha concordato un coinvolgimento dell’Ingv“.

La replica di Webuild sul Ponte di Brăila 

La nota diffusa da Webuild riguarda anche il caso del Ponte di Brăila in Romania: “È operativo dal 2023, con un transito di 5.000 veicoli al giorno, non ha mai registrato problemi strutturali e dalla sua apertura al traffico, il consorzio di costruzione guidato da Webuild ha lavorato insieme al cliente per monitorare e implementare ulteriori opere minori di collegamento con la rete autostradale e la tenuta del manto stradale, a fronte di un traffico risultato fuori norma rispetto al progetto iniziale, anche per via del transito di mezzi militari pesanti dovuti alla vicina guerra in Ucraina. Questi passaggi fuori norma hanno suggerito la posa di un nuovo tipo di asfalto, sperimentato da Webuild e approvato dal cliente“.

L’affondo di Bonelli 

Nel servizio di Report viene interpellato anche Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce nazionale di Europa Verde. Che oggi, lancia una stoccata a Webuild dopo la replica dell’azienda.
Contrariamente a quanto riportato da Webuild, non esiste alcun parere ufficiale dell’Ingv sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Se c’è, perché non è mai stato esibito? È evidente che questa affermazione è priva di fondamento e ingannevole. Come più volte ribadito dal prof. Carlo Doglioni, anche attraverso una risposta al sottoscritto, non risultano siano operative convenzioni tra l’Ingv e la società Stretto di Messina per la valutazione della pericolosità sismica dell’area e per studi specifici su suolo e sottosuolo. Nell’aprile 2023, in un’audizione alla Camera dei Deputati, Doglioni aveva sottolineato la necessità di adeguare i progetti per via dell’epicentro sismico. L’accordo del 2024 a cui fa riferimento l’ad di Webuild è riferito alla condivisione dei dati di pozzo piezometrici e inclinometrici in possesso dell’Istituto” – l’affondo di Angelo Bonelli – “L’Ingv dunque non si è mai espresso con un parere formale o ufficiale a sostegno del progetto. La collaborazione citata da Webuild con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università La Sapienza e il coinvolgimento di esperti dell’Ingv, risalente al 2011, non possono essere interpretati come un’approvazione dell’opera da parte dell’Istituto. È fondamentale evitare di creare confusione o di fornire informazioni fuorvianti su un progetto di tale importanza e impatto. Il Ponte sullo Stretto solleva questioni ambientali, geologiche e sismiche che richiedono analisi trasparenti e dati oggettivi, non interpretazioni distorte“.

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