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Bollette alle stelle nel 2025, perché in Italia paghiamo prezzi così alti?

L’Italia ha uno dei prezzi dell’elettricità più elevati in Europa. E con i rincari sulle bollette previsti per l’inizio del 2025, la situazione non può che peggiorare.

Per comprendere quanto le bollette degli italiani siano più alte di quelle degli altri cittadini europei basta guardare i prezzi medi all’ingrosso.
A dicembre 2024, il prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso nel nostro Paese era di 135 euro al MWh, contro i 111 della Spagna, i 108 della Germania, i 98 della Francia e addirittura 32 dei Paesi scandinavi.
Prezzi così alti all’ingrosso si trasformano in costi in bolletta alle stelle. Una situazione che sta addirittura per peggiorare. Secondo ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, nel primo trimestre del 2025 le bollette aumenteranno del 18,2%.

Ma perché in Italia paghiamo così tanto? La risposta sta nel sistema di formazione del prezzo e nel mix energetico utilizzato dall’Italia. Partiamo dal primo.

Bollette, come si forma il prezzo dell’energia in Italia?

In Italia il prezzo dell’elettricità viene determinato attraverso un sistema di mercato chiamato “marginalista”.

Ogni giorno, i produttori di energia partecipano a un’asta in cui offrono la propria elettricità a un certo prezzo. A quest’asta partecipano tutti i produttori, a prescindere dalla fonte utilizzata per la produzione elettrica: solare, eolico, idroelettrico o anche fonti fossili come il gas naturale.

Le offerte vengono ordinate dalla più economica alla più costosa. Il prezzo finale dell’elettricità viene stabilito dall’ultima offerta necessaria per coprire la domanda totale. E quindi dall’offerta più costosa.

E qui entra in gioco il secondo elemento: il mix energetico italiano. Il nostro Paese dipende ancora in larga misura dal gas naturale per produrre energia. Nel 2023 l’elettricità prodotta da gas rappresentava il 35% del totale. Ma purtroppo il gas, oltre ad essere una fonte inquinante, è anche una fonte molto costosa.

Dunque, in sintesi, le bollette italiane sono così più alte rispetto ai quelle del resto d’Europa perché siamo ancora fortemente dipendenti dal gas naturale e perché il meccanismo di formazione del prezzo non prende in considerazione la sostanziale differenza dei costi di produzione dell’energia tra rinnovabili e fossili.

E dunque, qual è la soluzione? Di sicuro per vedere un netto calo delle bollette bisognerebbe dire addio alle fonti fossili e produrre energia solo con le rinnovabili. In questo modo calerebbe non solo il costo dell’energia ma si abbatterebbero  anche le emissioni di anidride carbonica che generano i cambiamenti climatici.

Ma lo abbiamo visto, l’abbandono delle fonti fossili non è dietro l’angolo. Una soluzione a breve temine è il disaccoppiamento del prezzo tra gas naturale e rinnovabile. Così che chi offre energia pulita ai propri clienti potrà venderla a prezzi più bassi. Incentivando, in questo modo, anche la richiesta di energia prodotta da eolico, solare e idroelettrico da parte dei consumatori.

Troppo gas, poche rinnovabili

Come abbiamo visto, un ruolo importante in questa storia lo gioca il mix energetico del nostro Paese che vede il gas ancora farla da padrone.

“Negli ultimi dieci anni – ha spiegato a TeleAmbiente Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club – abbiamo messo il freno a mano e le rinnovabili. Avevano fatto una lunga corsa fino al 2011-12, poi le installazioni hanno rallentato moltissimo. Peraltro abbiamo obiettivi abbastanza ambiziosi, dovremmo raggiungere il 65% della produzione e dei consumi da rinnovabili al 2030 e siamo al 2024, quindi i tempi sono molto ristretti”.

Continua Silvestrini: “Secondo l’Elettricità Futura, che è l’associazione di Confindustria del settore elettrico, bisogna installare 10.000 MW all’anno per raggiungere questi obiettivi. Noi ne installavamo meno di 1.000 MW fino a due anni fa, poi due anni fa abbiamo cominciato ad accelerare e l’anno scorso abbiamo fatto un discreto risultato con 5.000 MW di fotovoltaico e quest’anno i primi dati ci dicono che sta andando anche meglio, cioè i primi sette mesi del 2024 denotano una produzione del 41% in più rispetto all’anno scorso, quindi in effetti siamo in una fase di accelerazione”.

Guarda l’intervista completa a Gianni Silvestrini

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