Cala l’import di farina di insetti e insetti a scopo alimentare, -30% per larve e grilli nel 2024. Secondo i dati Istat elaborati da Coldiretti, da 17.600 chili nel 2023 siamo passati a 11.500 nel 2024.
L’associazione dei coltivatori considera il calo la prova che gli italiani non gradiscono le farina di insetti nel piatto. Coldiretti cita un’indagine di Notosondaggi, “secondo la quale il 78% degli italiani che esprimono un’opinione sono contrari al consumo di alimenti che contengono insetti anche in farina”, nonostante quelle che vengono definite “aggressive campagne favorevoli all’introduzione nella dieta, sulla base di presunte valenze green.”
Coldiretti, da sempre contraria all’ingresso degli insetti nella dieta europea, canta vittoria, ma probabilmente lo fa troppo presto.
Se è vero che, come denuncia l’associazione, larve e grilli possono creare reazioni allergiche (in chi è allergico ai crostacei a alla polvere) e provengono da Paesi come Vietnam, Thailandia e Cina che spesso fanno registrare allarmi alimentari, è altrettanto vero che gli insetti sono consumati da centinaia di anni dalle popolazioni asiatiche senza che ciò abbia causato dei problemi alimentari nella popolazione. Inoltre gli insetti commercializzati nell’Unione europea devono rispondere a tutte le misure di sicurezza alimentare imposte sul suolo europeo. L’Unione infatti è uno degli spazi territoriali al mondo con le norme più restrittive per quanto riguarda la salvaguardia della salute dei suoi cittadini.
Proprio l’Ue ha da poco autorizzato la commercializzazione per scopi alimentari delle larve del verme giallo della farina (Tenebrio molitor) queste possono essere trattate con raggi ultravioletti per aumentarne il contenuto di vitamina D. Pratica che viene fortemente criticata dai coltivatori che lo considerano un cibo ultra processato.
A partire dal 2018 il regolamento europeo sui “novel food” ha consentito l’ingresso di questi cibi. L’attenzione verso gli insetti deriva dal fatto che sono fonte di proteine che non sono legate a un aumento delle emissioni, come accade con gli allevamenti animali di ovini e bovini, in un mondo in cui la popolazione mondiale continua a crescere e con essa cresce la richiesta di cibo.
Gli insetti sono quindi un’alternativa valida alla carne, ma il successo di questi cibi comporta la riduzione del mercato della carne, questo chiaramente crea resistenze da parte degli allevatori.
“Da un punto di vista nutrizionale, le proteine presenti negli insetti sono molto simili a quelle contenute in maiali e polli, soprattutto se analizziamo il profilo degli amminoacidi contenuti nei piccoli invertebrati. Gli insetti sono oltretutto un’ottima alternativa alle altre produzioni animali perché ricchi di amminoacidi essenziali di cui il corpo umano ha bisogno. Oltre alle proteine, il novel food contiene sia macronutrienti come acidi grassi e lipidi sia micronutrienti come vitamine e minerali“, così spiegava in un’intervista a Teleambiente Simone Mancini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa.
Così affrontava il tema Lorenzo Pezzato, Amministratore Delegato di Fucibo intervistato per TeleAmbiente da Fausto Piu: “Fucibo non è un nome dato a caso. “Fu” sta sia per il passato remoto, quindi, un cibo che non lo è più perché sostituito da altre fonti proteiche, sia per “futuro”. Quest’avventura è cominciata per caso nel 2015, quando mi sono imbattuto in un breve articolo web sugli insetti commestibili. Da qui, è nato l’interesse per capire se ci fosse la possibilità di produrre novel food in Italia. E così abbiamo cominciato a ragionarci. Prima nella nostra sede in un altro Paese del Vecchio Continente, perché da noi c’erano interpretazioni più restrittive sui Regolamenti Europei sul novel food, e poi, dopo l’autorizzazione della prima farina di Tenebrio molitor, cioè la larva della camula della farina, abbiamo aperto la società in Veneto, così da iniziare la produzione.“
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