All’età di 88 anni è morto ieri a Lisbona Aga Khan IV (al secolo Shah Karim al Hussaini): miliardario, leader religioso e filantropo. La sua vita è stata piena di contraddizioni, anche nella lotta alla crisi climatica
È morto all’età di 88 anni Aga Khan, leader religioso dei musulmani ismailiti (una corrente sciita la cui interpretazione dell’Islam si caratterizza per un forte impegno verso la filantropia, l’educazione e lo sviluppo delle comunità).
In vita, Aga Khan fu tante cose: leader religioso, filantropo, miliardario, grande sostenitore della lotta ai cambiamenti climatici e – contestualmente – grande inquinatore a causa del suo stile di vita basato sul lusso sfrenato.
Ma chi era davvero Aga Khan?
Chi era Aga Khan, il miliardario “padre” della Costa Smeralda?
Nato a Ginevra nel 1936 con il nome Shah Karim al Hussaini, il miliardario morto ieri a Lisbona all’età di 88 anni divenne Aga Khan (titolo assegnato ai leader della comunità ismailita) nel 1957, all’età di 20 anni, succedendo al nonno, Sir Sultan Mahomed Shah Aga Khan III.
La sua è stata una vita particolarmente intensa. Oltre al suo ruolo spirituale, Aga Khan è stato un influente filantropo e imprenditore.
Ha fondato la Costa Smeralda in Sardegna, trasformandola in una delle destinazioni turistiche più esclusive al mondo. Ha anche posseduto cavalli da corsa di fama internazionale, tra cui il leggendario Shergar.
Nel corso della sua vita, ha dedicato significative risorse alla promozione dello sviluppo, dell’istruzione e della salute attraverso la AKDN, Aga Khan Development Network, un’organizzazione che opera in oltre 30 paesi.
Ma se da una parte le sue azioni filantropiche sono state particolarmente importanti, anche quando con la AKDN si è occupato di crisi climatica, non sono di certo mancate le contraddizioni.
Le contraddizioni tra la ricchezza sfrenata e la filantropia climatica
Karim Aga Khan nel corso della sua vita ha promosso numerose iniziative per contrastare gli effetti del cambiamento climatico e migliorare la resilienza delle comunità vulnerabili.
Lo ha fatto soprattutto attraverso la AKAH, Aga Khan Agency for Habitat, (parte della Aga Khan Development Network) che si concentra su preparazione e risposta ai disastri naturali, pianificazione degli habitat e miglioramento dei servizi igienico-sanitari, con un forte impegno verso la sostenibilità.
L’agenzia ha sviluppato una rete di 162 squadre di emergenza comunitarie, formate da oltre 36.000 volontari, di cui più del 50% donne, per rispondere rapidamente agli eventi catastrofici.
Tra le sue principali attività, AKAH promuove la costruzione di infrastrutture sicure, come ospedali e scuole resistenti ai disastri naturali, e la sensibilizzazione delle comunità sulle pratiche di costruzione sostenibile.
Recentemente, ha contribuito con 10 milioni di dollari per i soccorsi contro le inondazioni in Pakistan e ha formato le comunità in Tajikistan nella costruzione di muri di protezione contro frane e inondazioni, sostenendo così la resilienza locale e l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Si tratta azioni importantissime che rientrano nell’ambito dell’adattamento climatico, cioè di quelle politiche volte ad adattare le infrastrutture alle conseguenze dei cambiamenti climatici (come uragani, nubifragi, siccità e tutti gli altri fenomeni meteo estremi).
Eppure questi eventi sono resi sempre più frequenti e hanno una forza sempre maggiore proprio a causa delle emissioni di anidride carbonica generate dagli esseri umani. E in particolar modo dal “club dei super ricchi” di cui Aga Khan faceva parte.
La vita lussuosa di Aga Khan
Karim Aga Khan, con il suo patrimonio da 800 milioni di dollari, ha sempre vissuto una vita piuttosto lussuosa. Spesso utilizzava jet privati per i suoi spostamenti e non si privava di tutte le comodità possibili tra cui uno yacht e l’acquisto di un’isola caraibica, contribuendo significativamente alle emissioni di anidride carbonica.
Secondo lui, però, il suo stile di vita non era affatto in contrasto con il suo ruolo di leader religioso. Ma non lo era rispetto al suo ruolo di attivista climatico.
Secondo uno studio di Oxfam, nel 2019 l’1% più ricco della popolazione mondiale (percentuale in cui rientrava Aga Khan) è stato responsabile del 16% delle emissioni globali di CO₂ derivanti dai consumi, una quota superiore a quella prodotta da tutte le automobili in circolazione e dagli altri mezzi di trasporto su strada.
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