L’Accademia della Crusca con il professor Lorenzo Coveri, già professore ordinario di Linguistica italiana all’ Università di Genova ha analizzato i testi di Sanremo 2025. “È tutto un pop senza scandali – ha rilevato – tra i più originali Brunori, Lucio Corsi, il granchio di Bresh ed il titolo dei Coma Cose”.
L’accademia della Crusca ha fatto i raggi X ai testi delle canzoni del prossimo Festival di Sanremo, in programma da martedì 11 a sabato 15 febbraio e che con Teleambiente seguiremo quotidianamente.
“Una lingua contemporanea, informale, che risente molto del parlato e lascia alle spalle la tradizione letteraria”, “poche parolacce, pochi disfemismi qua e là”, “una certa omogeneità, legata probabilmente al fatto che un gruppo ristretto di autori firma una buona parte delle canzoni” e soprattutto “niente scandali”.
Questo è il giudizio, dopo una prima lettura dei testi, sulle canzoni in gara a Sanremo formulato da Lorenzo Coveri, già professore ordinario di Linguistica italiana nell’Università di Genova e accademico della Crusca, tra i massimi studiosi della lingua della canzone italiana.
“Premetto – ha affermato il professor Coveri – che senza aver ascoltato la musica il giudizio sulle canzoni non può essere completo”.
“Sanremo intanto – ha spiegato il linguista, da sempre attento alla comunicazione giovanile e al linguaggio dei media – è condizionato ormai dalle piattaforme, dalle radio: non si scrive più la canzone per vincere il festival, ma per durare almeno sei mesi, arrivando possibilmente fino ai tormentoni estivi”.
“E poi – ha sottolineato Lorenzo Coveri – andando al festival si entra nel mainstream, e questo fa da filtro, crea una specie di media, anche linguistica: anche più trasgressivi all’Ariston si moderano”.
“Le scelte di Carlo Conti – ha aggiunto Coveri – si collocano nel solco dei cinque anni di Amadeus, cercando di dare spazio a tutti i generi: a ben guardare, però, la quota cantautori è ristretta, quella dei rapper è più piccola rispetto alla realtà del mercato, il rock e le band sono assenti… Insomma siamo nel pieno del pop: di tutto un pop, potremmo dire. E c’è ben poco da scandalizzarsi”.
Analizzando il testo di Tony Effe, preceduto dalle polemiche sul concerto di Capodanno a Roma e sui testi violenti e sessisti, Coveri non ha trovato nulla di imbarazzante, per la prima serata di Rai 1.
“’Damme Na Mano’ – ha evidenziato – è una canzone in romanesco in cui non c’è niente che possa turbare la serenità del pubblico sanremese. Cita esplicitamente Califano e ‘non fare la stupida stasera’. Se questo doveva essere lo scandalo, lo scandalo non c’è”.
A colpirlo, in particolare sono stati i testi di Brunori Sas e Lucio Corsi: “Nel suo ‘L’Albero delle Noci’ Brunori, da cantautore classico, celebra, con un testo nettamente autobiografico, l’arrivo della figlia Fiammetta, con invenzioni e immagini molto belle, a parte qualche tratto del passato come rime baciate”.
“Molto originale e fresco – ha proseguito Lorenzo Coveri– è Lucio Corsi, con ‘Volevo Essere Un Duro’. Il cantautore racconta la difficoltà di crescere con ironia e immagini divertenti: è un uomo pronto ad affrontare i pericoli della vita ma con un’anima da bambino”.
Shablo feat. Guè, Joshau, Tormento, con ‘La Mia Parola’: “È interessante soprattutto per i linguisti – ha fatto notare Coveri – perché pesca e piene mani nel gergo dell’hip hop: è una street song, tu fai chatty chatty io faccio parlare il mio flow, è rap e blues e gin e juice, si gioca anche con le rime in funzione ironica”.
“Una citazione merita Willie Peyote – ha detto ancora – che in ‘Grazie Ma No Grazie’ affronta tempi più impegnati, a sfondo sociale. In genere le canzoni di Sanremo, come i critici hanno notato, quest’anno parlano soprattutto di amore, preferibilmente sfortunato, e di disagio, a anche di depressione, come nel testo di Battito di Fedez. Evidentemente la misura del nostro tempo è proprio questa”.
“Quanto all’uso del dialetto – ha ricordato Coveri – oltre a Tony Effe si nota nei testi di Serena Brancale e Rocco Hunt. Il napoletano è comunque un dialetto nobile, è quasi la lingua della canzone italiana. E il romanesco è molto vicino al toscano e quindi all’italiano”.
Tra le curiosità, Coveri ha citato il testo di Clara (Febbre): “molto sofisticato, con qualche termine francese”.
E quello di Bresh, con ‘La Tana del Granchio’: “Con l’aiuto della banca dati ‘Le parole di Sanremo’ (a cura di Massimo Arcangeli e Luca Pirodda, ndr) possiamo rilevare che tana è apparso una sola volta al festival, in un testo del 1996, e granchio è un hapax, ossia una novità assoluta”.
“Inedito – ha concluso il professor Coveri – è anche il titolo ‘Cuoricini’ dei Coma cose, mai usato prima a Sanremo, che sembra anche alludere a un certo understatement rispetto all’inflazionatissimo cuore”.
L’analisi linguistica dei brani del professor Lorenzo Coveri dei brani è pubblicata sul magazine web Mente Locale e sul profilo Instagram dell’Accademia della Crusca.
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