ROMA – “Come devo fare con te?”.
Deve essergli risuonata in testa chissà quante volte quella frase che infatti torna ricorrente nei racconti dei colleghi carabinieri che hanno dato la loro testimonianza e che, quel tardo pomeriggio del 30 ottobre 2023, lo hanno trovato riverso a terra nella sua stanza in caserma, la porta socchiusa, e un colpo in testa con la pistola d’ordinanza.
Non aveva ancora 30 anni il maresciallo Gaudio Adinolfi quando si è ucciso nella stazione di Casumaro, in provincia di Ferrara, dopo una lunghissima giornata che era iniziata la mattina alle 8, ben prima del suo inizio turno, con una telefonata con il suo capo, il Comandante di Compagnia Maggiore R.P.. La famiglia chiede di non dimenticarlo e cerca la verità su cosa accadesse davvero in quella caserma.
“Il PM ha chiesto l’archiviazione e abbiamo fatto opposizione. Il 12 marzo il Gip deciderà. Noi abbiamo fatto fare una perizia medico legale e tutti i colleghi hanno dichiarato che il Maggiore (il suo capo, il Comandante di Compagnia) lo chiamava di continuo, gli chiudeva il telefono in faccia e mio figlio quando parlava con lui gli tremavano le mani; secondo il Maggiore non faceva mai bene il suo lavoro. Io questi colleghi che hanno testimoniato li ho ringraziati e hanno detto che l’hanno fatto per coscienza. Tutti i problemi nascevano su quello che loro chiamano lo ‘specchio’ dei riposi e delle ferie”.
Ripercorre la dolorosa perdita di suo figlio papà Antonio, parlando con la Dire, e stride, con i resoconti delle testimonianze e di quel clima cupo che pesava sulle spalle di Gaudio, giovane maresciallo talentuoso, fresco di scuola, preciso e appassionato, la serenità e l’entusiasmo della sera prima della tragedia, quando brinda felice con la fidanzata: sono i giorni in cui va in giro a scegliere la chiesa, il ristorante e a programmare il matrimonio.
Cosa è successo quel maledetto 30 ottobre?
“Sulle ferie c’erano sempre discussioni- ricorda Antonio dai racconti di suo figlio- tanto che prima di mandarle le faceva vedere al vecchio comandante. Quella mattina mio figlio doveva prendere servizio alle 10 ed è andato in caserma alle 8 e già alle 8 il Maggiore lo tenne al telefono. Era sotto tiro, lo aveva puntato”, denuncia Antonio che infatti vuole andare fino in fondo su questa storia e capire cosa possa aver portato suo figlio a crollare: quale disperazione, quale vessazione.
Perchè Gaudio lo diceva a casa: “Mi rompe il cazzo dalla mattina alla sera, non va mai niente bene’. Mio figlio si sentiva vessato e oppresso”.
Il Maggiore è al suo posto, nessuna misura preventiva, anche in ambito strettamente militare, è stata adottata. Il Comandante ha un precedente: è stato rinviato a giudizio per abuso d’ufficio e dopo un’opposizione all’archiviazione il GIP ha disposto l’imputazione coatta, come riporta la testata ‘il Centro’. ‘Per compiacere un amico ha punito una persona, ma si è preso la prescrizione’, racconta Antonio.
“Voleva venire ai funerali e gli abbiamo chiesto di non presentarsi proprio, gli ho detto chiaro: ‘La tua presenza non è gradita”. “Faremo una causa civile indipendentemente dal penale- continua Antonio- abbiamo allegato altre testimonianze, persone estranee, amici con i quali mio figlio si era confidato. Mi ha detto ‘come devo fare con te”, manco fossi un criminale, raccontava sempre Gaudio. “Lo tormentava con lo specchio, se l’è tenuto mezz’ora al telefono non in orario di servizio. Gli avrà detto che era sbagliato e doveva riconsegnarglielo al pomeriggio, e forse mio figlio- continua nel racconto papà Antonio- temeva quel nuovo appuntamento quel giorno”, e di doverlo rifare ancora come accadeva quasi sempre.’La programmazione quindicinale dei riposi era spesso motivo di confronto tra il maresciallo Gaudio e il comandante della Compagnia’, fa mettere agli atti un testimone, un collega carabiniere.
Quel pomeriggio Gaudio parlando un collega si era lamentato: “Le continue richieste del Maggiore sui riposi gli impedivano di sbrigare altre pratiche che temeva potessero accumularsi”.
E in un’altra testimonianza del carabiniere spunta la vicenda del congedo parentale. Gaudio lo aveva presentato per un collega e il Maggiore lo aveva rimproverato su come avesse presentato l’istanza.
“La Compagnia aveva quindi presentato una richiesta di documenti che si era rivelata errata. Gaudio aveva ragione, ma pur avendo avuto ragione non rappresentò nulla al Maggiore”.
Altri colleghi hanno riferito queste modalità del Maggiore ma magari avendo più esperienza ‘si lasciavano scivolare di dosso’ quei comportamenti. Gaudio no, è giovane del resto, ed è lì da soli 3 mesi. In un altro passaggio un testimone dice: ‘Quello che veniva tollerato in altre stazioni, a Gaudio non veniva tollerato”.
Il Maggiore prima che il cellulare del maresciallo tornasse ai familiari per le indagini ne avrebbe chiesto il PIN alla fidanzata e risulterebbe, come si legge nella denuncia della famiglia, che qualcuno lo abbia acceso dopo la morte di Gaudio.
Perchè? Anche su questo la famiglia chiede di fare luce. A quell’uniforme ‘teneva molto, ha superato le prove con ottimi voti, era pluridiplomato. Non era impulsivo, era un pò chiuso e quella situazione lo avrà oppresso’, dice con dolore il papà. ‘Doveva chiamare la compagnia per lo specchio dei riposi’, ricorda il collega che scopre il corpo di Gaudio nella stanza.
“Se fossi rimasto più a lungo nella stanza avrei potuto fare qualcosa per aiutarlo…forse” si legge nella testimonianza. L’avvocato della famiglia, Ferdinando Letizia, ha chiesto di sentire altri test, ha portato altri elementi in valutazione al Gip il 12 marzo per l’opposizione all’archiviazione.
In sostanza il PM ha chiesto di archiviare perché il suicidio in sé non sarebbe mai pienamente prevedibile,il Testo unico dell’ordinamento militare, vale la pena ricordare, all’articolo 1829 parla espressamente del benessere del personale militare come elemento da tutelare e garantire con ‘interventi a favore’ e all’articolo 728 prevede la necessità di interventi sanitari per prevenire disagio del personale. ‘Era un ragazzo scrupoloso’, dice ancora il legale. Parla proprio di questa prevenzione ‘mancata’ invece la relazione di parte medico legale presentata a firma di Oliviero Piermario che mette sotto la lente alcuni aspetti. Lasciare al comando di una stazione un giovane con poca esperienza, totalmente solo.
“La posizione lavorativa del maresciallo Adinolfi- scrive lo specialista- era aggravata da continui e ripetuti episodi di disapprovazione da parte del suo superiore Maggiore R. P. che, con continue e ripetute telefonate dai toni inquisitori e aggressivamente non mirati e finalizzati a seguire, consigliare e guidare l’operato del giovane comandante della stazione di Casumaro, arrivavano anche e persino ad etichettarlo ed apostrofarlo come incapace di svolgere la sua attività con espressioni inopportune fino ad attaccargli il telefono in faccia”.
Prosegue la relazione: ‘I ripetuti episodi su indicati avevano come risultato quello di generare nel giovane Maresciallo uno stato di insicurezza e timore dopo soli 90 giorni, fuori dalla scuola, il povero Gaudio, al fine di non sottrarsi a quel compito arduo, è stato sottoposto a maggior rischi e fatiche, a particolari condizioni ambientali ed operative, tanto da essere richiamato più volte, in quanto tutte le sue attività non erano perfezionate a dovere, visti i continui e ripetuti, incessanti, richiami del Comandante di Compagnia che, insieme a ‘tutti i superiori diretti non hanno né tutelato la sua integrità fisica, ne psichica, innegabilmente e certamente turbata, il che ha inciso concretamente nel determinare il suo suicidio.
L’articolo 40 del codice penale, al comma 2, prevede che ‘non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo’. Gaudio amava il suo lavoro per il quale si era preparato tanto. Era in un momento di progetti. Lo aveva detto ai suoi colleghi un giorno: ‘Aveva intenzione di sposarsi in uniforme- ha raccontato uno di quelli che più gli era vicino- stava pensando al picchetto d’onore’.
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