Processo Miteni, con la requisitoria del pm si entra nella fase conclusiva. Di fronte al Tribunale di Vicenza il presidio delle associazioni contro i PFAS: “Fare giustizia sui crimini ambientali”.
Il processo Miteni, dopo quasi quattro anni, volge alle fasi finali. Con l’inizio della requisitoria da parte del pm Paolo Fietta, tenutasi ieri presso la Corte di Assise di Vicenza, si avvicina la prima sentenza in Europa per la contaminazione da PFAS.
Per i 15 manager e dipendenti dell’ex stabilimento chimico di Trissino, in Veneto, è prevista giovedì prossimo la richiesta di condanna. Dalla Miteni, infatti, sarebbe partito l’inquinamento chimico delle falde acquifere delle province di Vicenza, Verona e Padova. Una contaminazione, scoperta nel 2013 da un’indagine CNR-IRSA, che ha colpito anche il sangue dei residenti delle zone interessate.
Processo Miteni, secondo il pm l’azienda sapeva della contaminazione
Secondo la requisitoria, l’azienda chimica sapeva degli sversamenti delle sostanze poli- e per-fluoroalchiliche nell’ambiente. “La cosa certa da cui partiamo è che i Pfas non sono innocui, sono tossici, alcuni addirittura cancerogeni e ormai c’è una forte probabilità vicina alla certezza che chi ne ha un’elevata quantità nel sangue abbia delle ripercussioni sui propri livelli di colesterolo”, queste le parole del pm riportate dal Corriere del Veneto, che accusa il medico del lavoro della Miteni di essere a conoscenza della presenza di PFAS nel sangue dei dipendenti e delle correlazioni con l’aumento dei livelli di colesterolo.
“Relazioni che dimostrano che i vertici di Miteni erano a conoscenza dello sversamento di Pfas nell’ambiente. Dovevano comunicare che ci fosse una contaminazione in corso alle autorità e così si partiva con la messa in sicurezza già vent’anni fa. Bastava dirlo e si sarebbe agito con prontezza. Invece è stato tutto nascosto”, ha continuato il pm, riferendosi alla richiesta fatta nel 2005 da Miteni di installare nuovi pozzi, che dovevano servire per pompare acqua per l’industria.
Una richiesta fatta poco dopo i controlli eseguiti dalla società di consulenza ambientale Erm, che aveva trovato gli inquinanti nel suolo e comunicato a Miteni di effettuare controlli anche a sud dell’azienda. “Sono relazioni che dimostrano che i vertici di Miteni erano a conoscenza dello sversamento di Pfas nell’ambiente”. Secondo il pm, se i manager avessero avvisato le autorità della contaminazione, si sarebbe potuto mettere l’area in sicurezza.
I capi d’imputazione presi in esame dal pm sono avvelenamento dell’acqua in concorso e disastro ambientale, entrambi considerati con dolo.
Processo Miteni, a Vicenza il presidio delle associazioni contro i PFAS
Nel processo molte associazioni e privati cittadini, tra cui Greenpeace, si sono costituite parte civile e, dalla mattina di venerdì 7 febbraio fino al pomeriggio di sabato 8 febbraio, hanno organizzato un presidio contro i PFAS proprio di fronte al Tribunale di Vicenza.
La manifestazione, è l’occasione per ribadire, ancora una volta, la gravità della situazione ambientale e sanitaria che affligge il territorio e i residenti, per invocare giustizia e rivendicare diritti fondamentali quali acqua e cibo privi di inquinanti eterni e ambienti di vita salubri. Sindacati, Mamme NoPfas, medici, associazioni hanno aderito alla mobilitazione per chiedere la totale messa al bando del gruppo di sostanze chimiche.
“Una mobilitazione ampia da parte della società civile e delle associazioni ambientaliste, che coincide con la fase decisiva del processo Miteni, su cui grava l’accusa di gravi manchevolezze, malgrado fosse a conoscenza dell’inquinamento da Pfas e dei pesanti rischi connessi”, ha dichiarato a Dire la consigliera regionale vicentina del Pd, Chiara Luisetto presente alla manifestazione.
“Il processo di Vicenza rappresenta un’occasione storica per fare giustizia sui crimini ambientali. Ci uniamo alla popolazione esposta a questo grave inquinamento per chiedere che vengano accertate tutte le responsabilità”, ha spiegato Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “Queste giornate di mobilitazione saranno l’occasione per portare all’attenzione pubblica alcuni nodi ancora irrisolti, come la bonifica e la questione della contaminazione di alcuni prodotti alimentari: si tratta di due macchie indelebili sull’operato degli enti pubblici su cui da tempo chiediamo un cambio di passo non più rinviabile”.
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Inquinamento da PFAS, un problema per ambiente e salute
L’inquinamento da PFAS è un problema di rilievo internazionale, che non può più essere ignorato. Quanto scoperto in Veneto si può ritrovare in molti altri Paesi europei, come l’Olanda, che si trovano da anni a fare i conti con la contaminazione da forever chemicals.
In Veneto, le morti correlate agli inquinanti eterni, secondo uno studio dell’Università di Padova, sono oltre 3.800. Queste sostanze chimiche sono note per essere interferenti endocrini e, non degradandosi né nell’ambiente né nell’organismo, possono portare al rischio di tumori, aumento del colesterolo e infertilità.
I PFAS sono ampiamente utilizzati nell’industria e si possono trovare in molti oggetti di uso comune come padelle di teflon, indumenti impermeabili, imballaggi per alimenti, detergenti per la casa, vernici e persino la carta igienica. Queste sostanze si trovano anche nell’abbigliamento outdoor, come dimostrato da uno studio sulle giacche per bambini.
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