ROMA – Il primo amore non si scorda mai. Non parliamo di rapporti sentimentali con persone ma della caratteristica che a livello di Dna, evidentemente, è stato trasmesso al Presidente Donald Trump: il palazzinaro. Per la Treccani è chi ‘… raggiunge rapidamente il successo economico grazie all’utilizzo di manodopera a basso costo, all’adozione di tipologie edilizie ad alta intensità abitativa… spesso ricorrendo ad abusi, corruzione, violazione dei regolamenti edilizi e urbanistici’. Da lì è partito il Trump imprenditore oggi Presidente che vede nella distruzione di Gaza da parte dell’esercito israeliano solo un affare immobiliare: vabbè, bisogna sbarazzarsi dei due milioni di palestinesi, ma ormai sono ridotti a straccioni che vivono per strada, quindi saranno d’accordo a essere deportati altrove, e così si potrà realizzare la nuova Las Vegas mediorientale a disposizione dei viziosi del mondo.
E non pensate che sia solo un’idea assurda dal ‘sen’ fuggita. Fa parte della strategia del nuovo corso americano: stravolgere, minacciare, accordarsi perché alla fine ognuno ha un prezzo, si può comprare. Ma come, ricorda qualcuno che ancora pensa ci sia una logica nelle parole del Donald, non aveva detto America first, prima di tutto? Non aveva detto che non si sarebbe più impicciato di guerre, di affari esteri? Beati i gonzi che ci hanno creduto. Non solo ha dichiarato ‘guerra daziale’ al Messico, al Canada, alla Cina e a tutto il mondo, non solo vuol annettersi Panama e Groenlandia, adesso vuol pure inondare di cemento la striscia di Gaza. A questo proposito, stupenda la precisazione della portavoce di Trump: ‘Senza finanziamenti dello Stato americano’… Chiaro? Ci penseranno i suoi amici palazzinari che non vedono l’ora di spartirsi l’affare. Mentre le tv ogni giorno ci mostrano Trump col suo pennarellone nero che continua a firmare ordini esecutivi. E non fa niente che il giorno dopo questi vengono contestati da qualche stato a livello giudiziario o giudicati incostituzionali, Trump se ne frega: l’effetto immagine e annuncio basta e avanza. E se alla fine in saccoccia gli rimarrà poco o niente potrà sempre ‘aprire’ una nuova guerra interna contro i cattivi burocrati democratici che gli mettono i bastoni fra le ruote, che non vogliono obbedire e cercano di ostacolare il glorioso popolo americano che lo ha votato, che è pronto a combattere per lui. Non è uno scherzo.
Tutta la comunicazione dell’amministrazione Donald punta soltanto a rafforzare e tener pronta la metà degli americani che lo hanno votato. Magari pensano che l’altra metà non farà resistenza, considerato che in gran parte si affidano a quei flaccidi e decrepiti dirigenti del Partito Democratico più preoccupati di tenersi il loro posto ora a rischio. Eppure Trump non ha stravinto, ha preso tanti voti è vero ma il distacco è pari a due milioni: 77 milioni per lui 75 per i Dem. E il paese, la sua pancia democratica, sta reagendo. In tante città giovani e cittadini scendono in piazza a protestare contro lo smantellamento dello stato di diritto, contro chi vuol comandare grazie alla forza fregandosene dei diritti. Sarà uno scontro violento, perché anche gli ultimi sondaggi sul gradimento vedono Trump acchiappare un 48% di consensi positivi. Non la stragrande maggioranza come si vede, ma comunque metà del paese è con lui. Anche lì ci vorrebbe un’opposizione all’altezza della sfida. Ma il Partito democratico americano, purtroppo, è in mano a lobby e interessi che lo condizionano e… così gli fanno perdere le elezioni.
Un giornalista di Atlantic, giornale autorevole, ha seguito una riunione dei dirigenti della Commissione Nazionale Dem. Non voleva credere alle sue orecchie. Si doveva eleggere un vicepresidente del partito e il presidente ha iniziato spiegando che ‘le regole specificano che quando abbiamo un candidato o un funzionario non binario, l’individuo non binario non viene conteggiato nè come uomo né come donna, e i restanti sei funzionari devono essere bilanciati di genere’. Ma dove pensano di andare così? Ma non è solo questo avviluppamento mentale che li sta politicamente ammazzando. Il fatto è che il Pd americano, anche grazie ai precedenti presidenti democratici, Clinton, Obama, pure Biden, hanno dato sempre via libera alle lobby di finanziare a suon di milioni e milioni di dollari le loro campagne di interesse. Così il Pd americano, e i suoi leader, alla fine sono rimasti ostaggio di interessi particolari, che non riguardano la maggioranza degli americani. Con delle scene assurde, risibili: le cronache narrano di riunioni di partito dove irrompono i rappresentanti di queste lobby di interesse che minacciando di mobilitare i loro simpatizzanti contro chi non li appoggia si impossessano delle riunioni e mettono a cuccia tutti gli altri. Non sarà facile cambiare. Anche lì ci vorrebbe una nuova e giovane classe dirigente, capace di rischiare in prima persona per tornare ad un minimo di decenza politica, dove i dirigenti si valutano in base a proposte e idee che riguardano tutti e non solo pezzi di società o di interessi. Non sono così ingenuo da pensare che la svolta sia dietro l’angolo, che sarà facile tornare all’America che tutti noi abbiamo sempre invidiato, quella dove chi arriva o nasce lì può svoltare per davvero.
Ma partendo dalla realtà, sapendola interpretare, ci sono alcune situazioni che possono comunque aiutare: la prima è proprio l’elezione di Trump, con i suoi atti, la sua politica sta già sgomberando il campo da tante chiacchiere inutili, semplificando ed estremizzando sta già creando il terreno di scontro; i tanti voti che Trump ha portato ai suoi amici e vecchi ‘lor signori’ pur venendo in gran parte da ceto medio, popolare e modesto, alla sua base ha una ripulsa per lo status quo, è una dura protesta contro tutto quello che è avvenuto finora. Certo, hanno trovato in Trump chi li ha convinti che con lui torneranno o diventeranno di nuovo ricchi e padroni, ma quando si accorgeranno che vengono sempre considerati dei miserabili non degni di frequentare i loro resort di lusso, ecco quello potrebbe essere il momento giusto per presentare una proposta concreta e di speranza, che una vita degna e migliore si costruisce insieme e non schiacciando il vicino.
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