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Sos Mediterranee: “Grazie al Dl Piantedosi abbiamo fatto tre volte e mezza il giro del mondo inutilmente”


ROMA – “Non sappiamo quante vite abbiamo perso, ma possiamo dire che la prassi di assegnare alle navi delle ong attive nel Mediterraneo porti di sbarco lontani è costata, in 24 mesi, ben 535 giorni di fermo effettivo, altri 735 giorni di navigazione sprecati per raggiungere i porti lontani, per un totale di 63mila chilometri inutilmente percorsi solo per la Ocean Viking, 135mila in totale, tre volte e mezzo quasi il giro del mondo. L’obiettivo è chiaramente tenerci lontani dalle zone di soccorso”. A lanciare l’allarme è Valeria Taurino, direttrice generale dell’ong Sos Mediterranee.

Occasione dell’intervento, la conferenza stampa alla Camera ‘Un porto lontano è un soccorso negato’, in cui sono stati illustrati gli effetti del Decreto che prende il nome dell’attuale ministro del’Interno, Matteo Piantedosi, nato per regolamentare le attività delle navi delle ong, introducendo la politica di assegnare alle navi delle ong porti di sbarco lontani, come Genova, Livorno o Trieste. Il Dl prevede anche multe e il fermo della nave in caso di violazioni.

Taurino continua: “Prima del Decreto Piantedosi, una nave come la nostra Ocean Viking era in grado di salvare in media 278 persone a missione. Nel 2023 questo numero è sceso a 143 e, nel 2024, a 114. Eppure, l’assetto operativo della nave non è cambiato”. A cambiare, informa la responsabile, “è il contesto politico, sia per via dell’accordo stretto da questo governo con la Tunisia”, fondato proprio sul blocco delle partenze, “sia per l’introduzione della prassi dei porti lontani, previsto dalla legge”.L’analisi presentata riferisce che, tramite questa riforma, sono scattati 26 fermi amministrativi per le navi, per un totale di 640 giorni di stop in mare comminati, di cui 535 effettivamente scontati. “Un anno e mezzo lontani dai soccorsi” denuncia Taurino, a cui si aggiungono i costi: “Solo la nostra ong ha speso 1 milione e 300mila euro in carburante”. In media, quasi 650mila euro all’anno, contro i 48.802 euro spesi nel 2022.”Con la cifra spesa in questi ultimi due anni avremmo potuto mettere in mare una nave di soccorso in piu” osserva la direttrice.

Infine, l’ong segnala che tale decreto andrebbe ad aggravare anche aspetti legati alla salute psicofisica delle persone. “Assegnare porti lontani- continua la responsabile- significa prolungare le sofferenze di persone che troviamo già con problemi fisici e psicologici, che si portano dalla Libia o causati dalla traversata stessa. Tra queste, ci sono donne, donne incinte, bambini anche senza famiglie, anziani, disabili”. Inoltre, secondo Taurino, “prolungare la permanenza di naufraghi a bordo di una nave è vietato espressamente dal diritto marittimo internazionale”.

Ciò crea un dilemma per il capitano della nave, che deve scegliere se rispettare il diritto internazionale che rispetta anche la missione morale che l’organizzazione si è prefissata, oppure la norma italiana, “per evitare di incorrere in sanzioni amministrative”. “Ricordo una missione in cui la Ocean Viking ha deviato di appena 15 miglia nautiche – una distanza ridicola – dalla rotta verso il porto di sbarco, perché le era stato segnalato un Sos, che poi si rivelò altrove. Il giorno e l’orario di arrivo al porto naturalmente non sono cambiati, ma quella minima deviazione- afferma Taurino- è stata sufficiente a subire una sanzione”.Tra i motivi per cui si può essere sanzionati c’è anche il mancato rispetto degli ordini della Guardia costiera libica, con cui l’Italia ha stretto un accordo che consente a questo corpo di fermare i barconi e riportarli in Libia, sottolinea Taurino: “La Libia non è un Paese sicuro e noi non riconosciamo l’autorità della sedicete Guardia costiera libica”.
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