di Luca Donigaglia e Marcella Piretti
BOLOGNA – “Fare chiarezza” sulla vicenda delle cartelle esattoriali inoltrate ai familiari di Giulia Galiotto, trentenne di Sassuolo vittima di femminicidio nel 2009. Lo chiede un’interrogazione parlamentare rivolta al ministero dell’Economia da parte del deputato modenese Stefano Vaccari, firmata insieme ai colleghi Debora Serracchiani e Federico Gianassi. “Oltre al danno, la beffa”, spiega Vaccari, che sottolinea come ora la famiglia, dopo la tragedia dell’assassinio di Giulia, si veda pure recapitare dall’Agenzia delle entrate “tre cartelle esattoriali per richiedere il versamento di 18.000 euro di tasse: peccato che quella somma sia stata calcolata a partire dalla cifra di un milione e 200.000 euro che la famiglia avrebbe dovuto ricevere a titolo di risarcimento, come disposto dal tribunale che ha condannato a 19 anni e quattro mesi l’assassino”, l’ex marito Marco Manzini (che a 15 anni dal delitto ha finito di scontare la pena ed è tornato libero). Si tratta di una somma che, tuttavia, i familiari non hanno mai ricevuto da Manzini e che probabilmente non riceveranno.
IL DELITTO
Giulia Galiotto fu uccisa a colpi di pietra nel febbraio del 2009 a San Michele dei Mucchietti, frazione di Sassuolo, dal marito Marco Manzini: lei aveva 30 anni, lui 35. Le cose tra loro non andavano più bene da alcuni mesi (non riuscivano ad avere un figlio e lui era diventato molto freddo con lei e le ripeteva di non amarla più). Lei, ha raccontato la sorella, era sul punto di chiedere la separazione. Lui la chiamò e con una scusa le diede un appuntamento: la colpì nove volte alla testa con una pietra. Poi buttò il corpo della donna nel Secchia, tentando di simulare un suicidio. Chiamò anche la famiglia, dicendosi preoccupato perchè non riusciva più a sentirla. Interrogato dai Carabinieri e messo alle strette, confessò di averla uccisa lui. La condanna è stata a 19 anni e 4 mesi di carcere. Nel 2022, a 13 anni dal delitto, l’uomo ha ottenuto la semilibertà con la messa in prova e l’affidamento ai servizi sociali. Nel luglio scorso, poi, ha finito di scontare la pena (che è stata ridotta in virtù di premi legati alla buona condotta). Il risarcimento stabilito dal Tribunale per la famiglia i Giulia è un milione e 200 mila euro, ma l’uomo non li ha mai versati. Lo Stato però, ora, per un corto circuito, chiede alla famiglia di pagare le tasse calcolate su quell’importo (18.000 euro), come ha denunciato la madre della vittima Giovanna Ferrari.
VACCARI: “FERMARE RICHIESTA AGENZIA ENTRATE”
Nell’interrogazione presentata da Stefano Vaccari, si chiede al ministro Giancarlo Giorgetti “quali siano i criteri utilizzati dall’Agenzia delle entrate per la predisposizione e il successivo invio delle cartelle esattoriali ai familiari di Giulia Galiotto, come si giustifichi tale richiesta, e se sussistano i presupposti per intraprendere iniziative tese ad annullare e correggere l’operato dell’Agenzia” stessa. Ma promette Vaccari: “Andremo in fondo a questa vicenda, ma intanto esprimiamo la nostra vicinanza e il totale sostegno alla famiglia, che già ha avuto una perdita irreparabile e, nonostante questo, continua a ricevere sale sulle ferite”.
VALENTE (PD): “RIVEDERE NORME SU RISARCIMENTI”
“La vicenda denunciata oggi su La Stampa dalla signora Giovanna Ferrari, mamma di Giulia Galiotto, uccisa dal marito Marco Manzini nel 2009, è davvero sconcertante. Questa madre, che ha perso la figlia trentenne per femminicidio, denuncia da tempo di essere stata costretta, così come suo marito e come l’altra sua figlia, sorella di Giulia, a difendersi dall’Agenzia delle entrate che pretende le tasse sul risarcimento a loro riconosciuto, ma mai davvero ottenuto. Il femminicida della figlia, infatti, che ha scontato 15 anni di reclusione ed è adesso in libertà, risulta disoccupato e nulla tenente. Se le informazioni fossero confermate, ci troveremmo di fronte a un evidente paradosso: i famigliari di una vittima di femminicidio devono difendersi dallo Stato. Non è purtroppo la prima volta che accade, ma per noi si tratta di un trattamento contrario alla percezione di una giustizia giusta, una forma di vittimizzazione secondaria dei parenti della vittima di femminicidio. Riteniamo quindi che sia necessario, da un lato, prevedere l’intervento dello Stato nel risarcimento in caso di incapienza del reo e, dall’altro, rivedere il trattamento fiscale previsto per il risarcimento, soprattutto nel caso in cui questo non venga percepito o sia garantito dallo Stato. Su tutto questo annuncio la presentazione di un’interrogazione parlamentare”. Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente, componente della Bicamerale femminicidio.
La foto di copertina è un fermo immagine di un’intervista realizzata dal Tg Rai a Giovanna Ferrari:
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