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Turismo tra sostenibilità e identità

FIMICINO – Il turismo culturale in Italia si trova di fronte a una sfida sempre più complessa: come garantire la valorizzazione del patrimonio senza compromettere l’identità dei territori e la qualità della vita dei residenti. Durante TourismA 2025, il Salone internazionale dell’archeologia e del turismo culturale, la Fondazione Anna Maria Catalano, di Fiumicino, ha presentato un modello innovativo per riequilibrare i flussi turistici e promuovere una gestione sostenibile del settore. Sergio Estivi, presidente della Fondazione, è intervenuto al workshop “Terzo Millennio – Tra cultura e spiritualità… aspettando il Giubileo”, sottolineando come il turismo, se mal gestito, possa trasformarsi in una minaccia piuttosto che in un’opportunità. “Occorre convertire il turismo da divoratore in valorizzatore”, ha dichiarato Estivi, evidenziando il rischio che un’affluenza incontrollata comprometta l’equilibrio tra fruizione culturale e sostenibilità. Negli ultimi anni, l’impatto del turismo di massa è diventato sempre più evidente, con molte città italiane che faticano a trovare soluzioni per gestire un flusso costante di visitatori. L’incremento del turismo, se da un lato rappresenta un’opportunità economica, dall’altro pone questioni irrisolte sulla tutela del patrimonio e sulla qualità della vita dei residenti. A Firenze, Venezia e Roma, i centri storici sono diventati vere e proprie mete di pellegrinaggio per milioni di turisti, causando spesso problemi di sovraffollamento e snaturamento dell’identità locale. Il presidente della Fondazione ha evidenziato tre criticità principali che stanno mettendo a dura prova il settore. La prima riguarda la carenza di ricettività adeguata, con strutture che spesso non rispondono alle reali necessità di un turismo culturale consapevole. A questa si aggiunge la formazione del personale, ancora insufficiente per garantire standard elevati di accoglienza e valorizzazione del territorio. La terza fragilità riguarda l’assenza di una visione strategica, che porta a una gestione frammentata e inefficace, rendendo difficile bilanciare sviluppo economico e conservazione del patrimonio. Questi problemi si traducono in un turismo predatorio, basato unicamente sulla logica del profitto, senza una reale attenzione al benessere delle comunità locali e alla tutela dei beni artistici e paesaggistici. La Fondazione Catalano ha presentato una soluzione innovativa attraverso il progetto “Cultura, Turismo, Lavoro”, un piano che punta a sperimentare nuove forme di gestione partecipata a Cerveteri e Fiumicino. L’iniziativa prevede il coinvolgimento di investitori di venture capital e la costituzione di cooperative di comunità, un modello che consente ai cittadini di gestire direttamente il turismo locale, garantendo una redistribuzione più equa delle risorse e una maggiore attenzione alla sostenibilità. Estivi ha spiegato come le cooperative di comunità possano rappresentare uno strumento fondamentale per ridare dignità ai territori, evitando che vengano svuotati della loro anima a causa di un turismo invasivo. Questo modello, già sperimentato con successo in alcuni borghi minori, permette ai residenti di diventare protagonisti attivi nella gestione dell’accoglienza, creando percorsi culturali innovativi e servizi in grado di valorizzare l’identità locale. Invece di subire un turismo imposto dall’alto, le comunità possono costruire un’offerta che sia rispettosa delle tradizioni e sostenibile sul lungo periodo. L’obiettivo della Fondazione è quello di dimostrare che un altro modello di turismo è possibile, basato non solo sul consumo del patrimonio, ma sulla sua tutela e sulla valorizzazione delle comunità. Le cooperative di comunità possono garantire un impatto economico positivo, favorendo la creazione di posti di lavoro e la nascita di nuove attività legate al turismo culturale. Il progetto punta a coinvolgere direttamente i residenti, fornendo loro gli strumenti per gestire in autonomia i servizi turistici e per promuovere esperienze autentiche che possano attrarre visitatori consapevoli. L’esperienza di alcuni borghi italiani dimostra che questo approccio può funzionare. In diverse realtà minori, gli abitanti gestiscono direttamente servizi turistici, botteghe artigiane e percorsi culturali, reinvestendo i profitti nella manutenzione del patrimonio locale. Questo meccanismo permette di rafforzare l’identità del territorio e di migliorare l’accoglienza, senza snaturare il tessuto sociale ed economico. La manifestazione TourismA 2025 ha confermato ancora una volta la sua centralità nel dibattito sulle prospettive del turismo culturale. In un’epoca in cui il rischio di banalizzazione del patrimonio è sempre più elevato, la proposta di un turismo partecipato e radicato nelle comunità potrebbe rappresentare una valida alternativa ai modelli attuali.

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