ROMA – “In relazione alle Linee guida sulle CTU in materia di famiglia e minori sottoscritte dal Tribunale di Roma, dall’Ordine degli Avvocati di Roma, dall’Ordine degli Psicologi del Lazio e dall’Ordine dei medici e degli odontoiatri della Provincia di Roma, e NON dai CAV, ci teniamo a chiarire che ‘Be Free’ ha partecipato a questo tavolo di lavoro e confronto – così come partecipa ad altri tavoli istituzionali – al fine di portare con la determinazione che da sempre ci contraddistingue le istanze delle donne e dei minori sopravvissuti a violenza”. Così in una nota la presidente della cooperativa ‘Be free’, Oria Gargano.
“Ferme quindi nel ribadire che il ricorso alla C.T.U. nelle situazioni di violenza è fonte di vittimizzazione secondaria- prosegue- ma consapevoli che comunque le donne attraversano le sedi giudiziarie, ci siamo battute affinché questo protocollo, innanzitutto, non venisse redatto senza la presenza dei Centri Antiviolenza – circostanza non scontata e conquistata – ed affinché la nostra presenza potesse contenere gli effetti pericolosi di prassi che resistono ancora nelle sedi giudiziarie. Chi come noi è quotidianamente al fianco delle donne sa bene che riuscire a far comprendere cosa sia e cosa comporti essere sopravvissuta a violenza è compito arduo e osteggiato. Ogni piccola conquista per vedere riconosciute un giorno tutte le nostre istanze richiede perseveranza e lungimiranza”.
Così è “stato in passato – con la riforma del 1996 e non solo, con l’opposizione vincente contro il DDL Pillon, con il lavoro della Commissione Femminicidio della precedente legislatura, con il Codice Rosso, con la Riforma Cartabia in materia di diritto di famiglia – che certamente non hanno segnato il punto di arrivo, ma hanno apportato cambiamenti che ci inducono ancor di più ad andare avanti. Questo Protocollo non risponde alle nostre aspettative ma è un primo passo”.
Pur “non potendo qui riportare tutto il lavoro svolto, esserci ha significato per ribadire ad esempio che la violenza in sede civile/peritale deve considerarsi tale anche in assenza di procedimenti penali, denunce querele e certificati medici perché le donne hanno diritto ad essere credute e tutelate; che le CTU, se il Giudice ritiene di disporle, devono tener nettamente distinte le situazioni di violenza da quelle di conflittualità e operare nel rispetto dei principi della Convenzione di Istanbul, che le donne ed i minori vanno tutelati da ogni forma di vittimizzazione secondaria e che va garantita la loro sicurezza psicofisica anche con incontri peritali disgiunti; che nella valutazione della capacità genitoriale si deve tener conto degli effetti della violenza e va valutato il disvalore sociale ed educativo delle condotte agite dal genitore maltrattante; che deve darsi reale centralità al minore, alle sue dichiarazioni e al suo interesse che non deve soccombere alla bigenitorialità; che si devono fondare le proprie indagini solo su metodologie e protocolli scientificamente riconosciuti. Tutti principi fondamentali che nelle prassi giudiziarie purtroppo non sono per nulla scontati- conclude Gargano- Ma ancora molto c’è da lavorare”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it
