(Adnkronos) – “Nell’ipofosfatasia non funziona bene la fosfatasi alcalina che è l’enzima fondamentale per far mineralizzare lo scheletro e anche l’apparato dentario. Senza questo enzima tendiamo ad avere denti malati in uno scheletro malato e una vera e propria osteomalacia. Quando parliamo di un farmaco” come asfotase alfa, “parliamo di una molecola che sostituisce l’enzima carente. Già nelle prime settimane di trattamento il paziente riferisce di stare meglio”. Così Maria Luisa Brandi, presidente di Firmo – Fondazione italiana ricerca sulle malattie dell’osso, nel suo intervento a Milano all’incontro con la stampa organizzato da Alexion, AstraZeneca Rare Disease, dal titolo ‘Svolta nella cura dell’Ipofosfatasia: approvata la rimborsabilità in Italia di asfotase alfa, la prima terapia per il trattamento di bambini e adulti’.
L’ipofosfatasia è una malattia rara non sempre diagnosticata nei casi in cui la sintomatologia è di lieve intensità. “Nell’adulto che non viene diagnosticato precocemente, il paziente avrà sviluppato una serie di fratture multiple alle ossa lunghe – spiega l’esperta – Avrà una patologia muscolo tendinea anche molto importante e dolore cronico. Potrebbe già avere una artrosi del ginocchio, dove si accumula il pirofosfato, con una sintomatologia acuta con gonfiore delle articolazioni. L’Italia non ha avuto una grande esperienza” riguardo il trattamento con asfotase alfa “perché non era rimborsabile – sottolinea Brandi – Lo si è potuto dare solo ai pazienti più gravi. C’è una paziente, in particolare – racconta – che viveva ormai stesa a letto, con fratture femorali e vertebrali multiple, assistita dalla famiglia. Andava avanti e indietro dal reparto di urgenza neurologica. Dopo il trattamento farmacologico è venuta nel mio studio, affrontando un viaggio in aereo, con un solo bastone. Per me è stato un miracolo”.