Ad Anzio arriva un robot “mangia rifiuti” che raccoglie la plastica nelle acque del porto. L’assessore alle Politiche Ambientali Luca Brignone: “Un’occasione importante per fare rete”.
Pulire la superficie del mare di Anzio con l’aiuto di un robot mangia-plastica. È l’obiettivo del progetto “Zero plastica”, il sistema integrato per la raccolta delle plastiche in mare e nello specchio d’acqua del porto di Anzio. Il progetto, vincitore di un bando indetto dalla Regione Lazio sulla “Blue Economy” e finanziato con circa 98mila euro, prevede l’impiego del drone marino per raccogliere plastica e idrocarburi dalla superficie marina e la costruzione di un’isola ecologica “intelligente”.
L’assessore alle Politiche Ambientali del Comune di Anzio, Luca Brignone, ha raccontato a TeleAmbiente le fasi e gli obiettivi dell’iniziativa ambientale.
“Il progetto partirà entro un anno, ma faremo di tutto per iniziare da quest’estate. Il progetto prevede un’isola ecologica intelligente al porto di Anzio che raccoglierà la plastica raccolta in mare dai pescatori. Inoltre, sempre nell’ambito del progetto, verrà acquistato un drone che riconosce gli oggetti e che funziona in modo molto simile all’aspirapolvere domestica. Il piccolo catamarano sarà pilotato a distanza e raccoglierà le microplastiche che si vanno a depositare sullo specchio d’acqua e anche gli oli, per poi riportarli all’isola ecologica”, ha spiegato Brignone.
Un progetto in sinergia tra il Comune, l’Università la Sapienza di Roma e il team di geografia del mare “Memotef” che coinvolgerà anche i pescatori locali.
“I pescatori saranno i protagonisti di questo progetto perché la plastica che loro raccolgono in mare andrà nell’isola ecologica e faranno da raccordo con tutti gli operatori portuali e i pescatori del porto di Anzio. Il team di geografia del mare ci supporterà soprattutto nella sensibilizzazione socio-culturale, attraverso workshop ed eventi. Il progetto, infine, verrà condiviso nelle conferenze di carattere internazionale alle quali partecipa l’Università La Sapienza. Un’occasione importante per fare rete e per dare una veste scientifica, divulgativa e di sensibilizzazione più ampia a questo progetto che riguarda il rapporto tra la comunità locale e gli ecosistemi marini”, ha concluso l’assessore.
Un progetto che, per il momento, è limitato alla salvaguardia e alla pulizia delle acque superficiali del porto ma che punta ad allargare il suo raggio d’azione nel tempo. Tra gli obiettivi, poi, non c’è solo la pulizia delle acque ma anche la sensibilizzazione della comunità locale sull’importanza di proteggere il mare. Un ecosistema fragile, quello marino, sempre più minacciato dall’inquinamento da plastica.
Microplastiche in mare, aumentano sempre di più
Negli ultimi sette anni, The Ocean Cleanup ha monitorato la Great Pacific Garbage Patch (GPGP), la gigantesca isola di plastica che si è formata nell’Oceano Pacifico nota anche come “Plastic Vortex”.
Situato tra la California e le Hawaii, l’accumulo di rifiuti galleggiante si è formato negli anni ’80 per effetto delle correnti oceaniche che hanno trasportato in quel punto i rifiuti di plastica dispersi in mare. Secondo le stime, la GPGP oggi ricopre una superficie di 700.000 km quadrati. Attraverso reti a strascico, immagini aeree e il sistema di bonifica messo a punto dalla non-profit, il team di The Ocean Cleanup è riuscito a raccogliere un set di dati che ha mostrato un trend allarmante: la rapida crescita delle microplastiche nella GPGP.
Secondo le informazioni raccolte negli ultimi sette anni, la concentrazione di frammenti di plastica inferiori ai 5mm è salita alle stelle, passando da 2,9 kg per km quadrato nel 2015 a 14,2 kg per km quadrato nel 2022. Questo aumento superiore di quasi cinque volte evidenzia quanto la situazione dell’inquinamento da plastica sia preoccupante. Infatti, il volume dei detriti di plastica nell’area analizzata supera quello degli organismi viventi che la abitano.
Inquinamento da microplastiche, quali conseguenze per l’ambiente e per l’uomo
L’inquinamento da microplastiche ha invaso aria, acqua, suolo, fino a diventare parte integrante dell’ambiente. Ciò comporta gravi danni agli ecosistemi e agli organismi viventi che li abitano, dai pesci fino agli esseri umani. Gli scienziati hanno trovato microplastiche nel sangue, nel cuore, nella placenta, nel cervello.
Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue “Future Brief”, un adulto ingerisce o inala dalle 39.000 alle 52.000 particelle di microplastica all’anno. Una quantità pari a 5 gr di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito.
La conferma che stiamo mangiando sempre più plastica (e quindi ftalati) arriva anche da una ricerca che spiega come questo materiale sia ormai presente tanto nelle verdure quando in cibi da fast food come gli hamburger.
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