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Pernat: “Quando è morto Simoncelli ho dormito nella sua camera. Valentino si sentiva in colpa”


ROMA – Quando Marco Simoncelli è morto in Malesia Carlo Pernat ha dormito nella sua camera. Dopo 46 anni in MotoGp Pernat è un pilastro delle corse. E’ stato lo storico manager di Valentino Rossi. E racconta al Corriere della Sera: “In Aprilia nessuno voleva Valentino, ci misi giorni a convincerli. Mi chiamò suo padre Graziano, andai a Misano per vederlo correre. Per come guidava, capii subito che o era un pazzo o era un campione. Mi innamorai di lui anche per la sua simpatia e gli offrii un contratto di tre anni per quasi 300 milioni di lire”.E poi Biaggi: “Max era quello che aveva portato il motociclismo fuori dai circuiti, in tv. Quei due iniziarono a litigare presto, in un ristorante a Suzuka, ma era nell’aria. Valentino riuscì a battere Biaggi perché gli trapanò il cervello, come fece con tutti i suoi avversari, capiva i loro punti deboli e picchiava su quelli. Devo tanto a Rossi, avevo mandato via Biaggi e se Valentino non avesse vinto il titolo in 125 forse sarei stato licenziato dall’Aprilia. Lo devo ringraziare, anche se poi gli dissi un no”.

E la tragedia di Simoncelli “Con Marco stavo bene, era un ragazzo vero, anche ingenuo se vogliamo. Mi ricordo che, quando eravamo a pranzo, se vedeva dei tifosi ad aspettarlo rinunciava a mangiare per andare a firmare gli autografi. Dopo essere tornati dalla Malesia, ero spesso a casa dei suoi genitori, dormivo nella camera di Marco, al primo piano. Nei primi giorni ho assistito a scene incredibili, arrivarono un pezzo della pista dell’aeroporto di Caselle con la scritta “Sic”, una coppia dalla Spagna solo per stringere la mano al papà e poi lettere dei bambini, tantissime e bellissime. A un certo punto, Paolo dovette mettere un cancello per quanta gente c’era”.”Succedevano cose strane. Spensi il telefonino dopo l’incidente e, quando lo riaccesi due giorni dopo, il primo messaggio che mi apparve era di Marco, c’era scritto: “Ci vediamo dopo”. Un segno: mi venne in mente l’idea della Fondazione. In quel momento volevo smettere con le corse, ma io e Paolo ci salvammo convincendoci l’uno con l’altro. Sua moglie Rossella ci diede la forza”.”Il primo che arrivò a casa e abbracciò Paolo fu Andrea Dovizioso, che era sempre stato rivale di Marco. Valentino, invece, non venne per due mesi, si sentiva in colpa. Non è stato più lo stesso e secondo me ha ancora Marco nella sua testa. È grazie alla loro amicizia se esiste la sua Academy, quella da cui sono usciti piloti come Bagnaia”.
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