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Migranti, nel Cpr Ponte Galeria “situazione peggiore che nelle carceri”


ROMA – Decine di uomini che vagano in enormi gabbie, palesemente sedati da psicofarmaci, con evidenti difficoltà a parlare: è la quotidianità nel Centro per il Rimpatrio di Ponte Galeria, a Roma sud. Ed è quello a cui hanno assistito i rappresentanti della Commissione capitolina Politiche Sociali e della Salute che raccontano quella visita nel corso dell’audizione della Asl Roma 3.

Le condizioni sanitarie e di vita degli ospiti del Cpr di Ponte Galeria è stato al centro dell’audizione della Asl Roma 3 da parte della Commissione capitolina Politiche Sociali e della Salute. Situato a Roma sud, il Cpr si trova in via Cesare Chiodi, nei pressi della Fiera di Roma e dell’aeroporto internazionale di Fiumicino.”Abbiamo visitato il Cpr di Ponte Galeria e siamo rimaste abbastanza mortificate dalla situazione che abbiamo trovato al suo interno- ha denunciato in apertura la consigliera Tiziana Biolghini, vicepresidente vicario della Commissione capitolina Politiche Sociali e della Salute- con decine di uomini che vagavano in queste enormi gabbie, palesemente sedati da psicofarmaci, con evidenti difficoltà a parlare proprio a causa della sedazione”.”Ci ha molto colpito il fatto che vi siano spazi inutilizzati: forse- ha proseguito- invece che vagare ore e ore, in un movimento perpetuo, sarebbe meglio utilizzare gli spazi per l’attività sportiva e lo spazio mensa, dove in passato venivano organizzati anche alcuni laboratori. Riutilizzare questi spazi favorirebbe la socializzazione e aumenterebbe la sicurezza, poiché non vi sarebbe più l’attuale abbrutimento psicofisico che caratterizza gli ospiti del Cpr”.

“Dalla Commissione di oggi- ha spiegato all’agenzia Dire la presidente della Commissione capitolina Politiche Sociali e della Salute, Nella Converti- si evince ancora una volta che i Cpr non solo sono luoghi totalmente inadatti alla funzione che dovrebbero svolgere, ma sono luoghi di privazione dei diritti fondamentali. Persone con fragilità importanti, una volta dichiarate non idonee ad essere trattenute, vengono praticamente abbandonate per strada, senza che vi sia una reale presa in carico e senza che l’amministrazione capitolina riesca ad intercettarle per tempo. Sono quelle stesse persone vulnerabili che vivono nelle nostre strade”.

“I CPR VANNO CHIUSI”

“Il confronto con la Asl Roma 3 è stato utile e interessante. Consapevoli che i Cpr vadano chiusi- ha evidenziato Converti- nel frattempo stiamo vigilando e lavorando affinché vengano potenziati i servizi. Le condizioni all’interno del Cpr di Ponte Galeria sono ancora più severe rispetto a quelle previste per gli istituti penitenziari, ad esempio non è previsto alcuno spazio di socialità. Nonostante queste persone non abbiano commesso alcun reato, ma un illecito, sono trattenute con privazione totale della loro libertà e non possono godere di diritti fondamentali”.”La Commissione- ha inoltre affermato- continuerà la sua azione di sorveglianza, anche in collaborazione con la Asl per migliorare le condizioni di vita all’interno di quel luogo e, soprattutto, capire come prendere in carico le persone che fuoriescono. Ribadiamo che l’obiettivo politico è arrivare alla chiusura di questi luoghi che violano i diritti umani e nel frattempo sostenere le persone ivi trattenute”.

CHI HA PROBLEMI DI SALUTE ‘CERTIFICATI’ VIENE ABBANDONATO IN STRADA: “UNA VOLTA FUORI, NON POSSIAMO CONTROLLARE COSA FA”

“Il certificato di idoneità alla vita in comunità ristretta- ha informato Doriana Leotta, referente sanitario aziendale per la Asl Roma 3 del Cpr- viene rilasciato in assenza di patologie contagiose, di positività all’Hiv, di soggetto di minore età o sospetta minore età, di gravidanza o di sospetta gravidanza. In quest’ultimo caso la persona interessata viene accompagnata dalle Forze dell’Ordine al Pronto soccorso ginecologico del Grassi per accertare che la dichiarazione corrisponda alla realtà”.Leotta ha poi reso noto che “tutte le patologie che a seguito della visita risultano scompensate, come ad esempio il diabete, una cardiopatia, un’ipertensione non controllata precludono l’ingresso e il trattenimento al Cpr: queste persone, dunque, ritornano sul territorio, non hanno la possibilità di essere trattenute per l’eventuale rimpatrio dopo gli accertamenti di Forze dell’Ordine e Prefettura”.Ma prima di essere rimesse sul territorio, queste persone vengono curate? “No- ha risposto Leotta- le visite vengono svolte per il trattenimento che deve essere effettuato entro 48 ore da quando le Forze dell’Ordine hanno fermato la persona sul territorio, priva di documenti e del permesso di soggiorno. Queste 48 ore vengono utilizzate soprattutto dalla Questura, che esegue gli accertamenti del caso, e dal giudice, che decreta che la persona deve essere trattenuta in uno dei Cpr del territorio italiano”.Dunque, una persona con una cardiopatia viene lasciata in mezzo alla strada? “Proprio perchè i tempi per stabilire l’idoneità sono quelli di una visita che non presuppone indagini ematiche ed elettrocardiogramma- ha replicato la referente sanitaria aziendale per la Asl Roma 3 del Cpr- se queste persone presentano un problema che possa essere ritenuto pericoloso per la propria vita, le stesse vengono inviate al Pronto soccorso del più vicino ospedale per fare indagini più approfondite. In ambulatorio noi non abbiamo nè mezzi diagnostici, nè mediatori culturali”.Doriana Leotta ha poi tenuto a precisare che “la tipologia delle persone che si trovano all’interno del Centro per il Rimpatrio di Ponte Galeria è mutata, soprattutto negli ultimi anni. Una volta il Cpr era solo femminile e la maggior parte delle donne presenti era vittima di tratta. Venivano immediatamente contattati i centri antiviolenza e la donna veniva spostata. Inoltre si tratta di persone che vivono sul territorio anche da 20-30 anni, lavorando in nero o privi di permesso di soggiorno perché licenziati. Sono persone che, nella maggior parte dei casi, conoscono perfettamente l’italiano, anche se a volte dichiarano di non capire”.

La Asl Roma 3, comunque, non ha un controllo diretto sulla persona che viene decretata non più idonea a rimanere nel Cpr. “La persona esce dal Cpr con la documentazione di tutte le indagini sanitarie svolte. Viene invitata ad andare più vicino Dipartimento di salute mentale- ha reso noto Leotta- ma, essendo libera, una volta su territorio può ritornare anche da dove è partita, dall’altra parte di Roma. Non abbiamo un incarico, un mandato della parte sociale di questa persona, non possiamo controllare cosa faccia”.

Dalla Commissione capitolina Politiche Sociali e della Salute arriva infine una mano tesa alla Asl Roma 3, affinché sia effettivamente garantito il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone trattenute. “Sarebbe opportuno comunicare con noi- ha concluso la presidente Converti- soprattutto per quanto riguarda i soggetti più vulnerabili, che non sempre sono pronti a seguire le indicazioni che ricevono. Forse una comunicazione preventiva prima del loro rilascio ci permetterebbe di intercettarli, prenderli in carico e accompagnarli in un percorso. Come Roma Capitale e come amministrazione capitolina vogliamo dimostrare la volontà di capire, proprio insieme alla Asl Roma 3, i modi per sapere chi siano queste persone, in quali condizioni escono da quella struttura e cosa possiamo fare noi per loro”.

(fonte foto Fb, profilo di Stefano Anastasia Giagni, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà per la Regione Lazio dal 2016, Fondatore (1991) e presidente onorario di Antigone)
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