Lee Zeldin, fedelissimo del presidente statunitense, dopo aver assunto la guida dell’EPA ha annunciato di voler abolire diverse normative ambientali, che non riguardano solo la mitigazione del cambiamento climatico ma anche l’inquinamento e i suoi effetti sulla salute. L’ultima mossa è quella di definanziare il fondo da 20 miliardi di dollari previsto per ridurre le emissioni prodotte dai combustibili fossili e incentivare le rinnovabili.
Donald Trump si smarca ancora dagli impegni presi dagli Stati Uniti sul fronte della lotta alla crisi climatica. Alla luce delle intenzioni del presidente statunitense, non è di certo una sorpresa, ma dopo i vari passi indietro, a cominciare dall’uscita dagli Accordi di Parigi sul clima, l’amministrazione Trump ha deciso di definanziare anche alcuni progetti di riduzione dei gas serra che erano stati introdotti durante il mandato di Joe Biden.
A darne notizia è il New York Times. Donald Trump ha voluto interrompere i finanziamenti, per un importo pari a circa 20 miliardi di dollari, relativi al Greenhouse Gas Reduction Fund, introdotto dall’amministrazione Biden e approvato dal Congresso durante il mandato dell’ex presidente democratico. Quel fondo era stato istituito per finanziare progetti di riduzione dell’inquinamento e delle emissioni di gas climalteranti, come gli incentivi alle fonti di energia rinnovabili, ma anche ai trasporti sostenibili nelle comunità più svantaggiate.
L’istituzione del Greenhouse Gas Reduction Fund si basava su uno studio, commissionato dal governo degli Stati Uniti nel 2009, che evidenziava il collegamento tra i gas serra e la crisi climatica, indicando l’esistenza di una concreta minaccia anche per la salute pubblica. Decisiva, per l’ennesima marcia indietro di Donald Trump sul clima, è stata la nomina di Lee Zeldin, fedelissimo del presidente, proprio alla guida dell’Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia federale di protezione ambientale. Sin da prima del suo insediamento, Zeldin più volte aveva pubblicamente annunciato di voler recuperare quei 20 miliardi di dollari, spiegando che quel programma non fosse prioritario e costituisse un possibile rischio di frodi, sprechi e abusi (anche se non ha mai fornito particolari dettagi o cifre relative ai progetti specifici). Intanto, il Greenhouse Gas Reduction Fund è finito nel mirino del Dipartimento di Giustizia statunitense e dell’FBI, che stanno indagando sui progetti per cui erano stati stanziati i fondi. Di fatto, la dotazione finanziaria di quel fondo è già stata congelata, ma l’obiettivo finale di Zeldin è quella di rimuoverla definitivamente.
Oltre al definanziamento del Greenhouse Gas Reduction Fund, l’EPA sotto la guida di Lee Zeldin sta anche abrogando diverse normative di natura ambientale, che rischiano di rappresentare grandi passi indietro nella lotta alla crisi climatica. Un esempio chiarissimo riguarda l’inquinamento prodotto dalle centrali a carbone, che godranno di una vera e propria ‘deregulation’ dopo che Trump aveva dichiarato l’emergenza energetica negli Stati Uniti. Secondo Zeldin, è necessario rimuovere alcune normative ambientali introdotte dall’amministrazione Biden perché, tra costi e “tasse nascoste“, avrebbe causato più danni a famiglie e imprese che benefici per l’ambiente.
“Stiamo assestando un duro colpo al cuore della religione del cambiamento climatico, accompagnando l’America verso la sua età dell’oro. Siamo pronti a eliminare tutte quelle azioni che costano trilioni di dollari, tra costi normativi e tasse nascoste, alle famiglie americane” – ha spiegato Lee Zeldin in un editoriale dai toni trionfalistici sul Wall Street Journal – “Le nostre azioni ravviveranno la manifattura e diffonderanno benefici economici alle comunità. Il dominio energetico è al centro della rinascita dell’America, siamo al lavoro per rimuovere 31 normative ambientali che hanno causato più danni che benefici“.
Le normative ambientali a cui ha fatto riferimento Lee Zeldin includono i trasporti, le centrali elettriche e altre fonti di inquinamento. Risulta quasi superfluo osservare che la decisione dell’EPA a guida Zeldin ha trovato l’opposizione di ambientalisti e scienziati climatici. “L’EPA vuole rovesciare le evidenze scientifiche dello studio che nel 2009 aveva portato l’emergenza climatica ad assumere connotati istituzionali, ma sarà difficile, se non impossibile, sviluppare basi documentali di tenore opposto“, ha spiegato David Doniger, esperto climatico del movimento ambientalista Natural Resources Defences Council.
Le preoccupazioni dei movimenti ambientalisti e del mondo scientifico statunitensi, tuttavia, non riguardano solo la lotta alla crisi climatica nello specifico. Tra le varie normative ambientali che l’EPA vorrebbe abrogare, infatti, ci sono anche quelle che a livello industriale limitavano le emissioni di smog, mercurio e altre tossine nell’aria. Nel mirino dell’EPA a guida Zeldin, poi, ci sono anche le leggi federali di protezione dei fiumi e delle zone umide. Una serie di azioni che di certo non si completeranno nel breve termine, anche considerando i lunghi tempi dei processi legislativi necessari, ma che comunque preoccupano cittadini e associazioni.
“Se l’EPA riuscirà a portare a termine quanto dichiarato da Zeldin, assisteremo al maggior aumento dell’inquinamento negli Stati Uniti da decenni a questa parte. È un attacco illecito alla salute pubblica dei cittadini americani“, la dura condanna di Amanda Leland, direttrice esecutiva dell’Environmental Defense Fund.
Dal canto suo, Lee Zeldin si è difeso così: “Non vogliamo abbandonare la protezione ambientale, ma la vogliamo raggiungere tramite l’innovazione e non con lo strangolamento della nostra economia. Certe normative hanno strozzato la produzione di petrolio e gas, colpendo ingiustamente anche le centrali a carbone. Noi le vogliamo rivedere ma garantendo che l’energia degli Stati Uniti resti pulita, sicura e conveniente“.
Come se non bastasse, l’EPA di recente, sulla falsariga di tante altre agenzie federali, ha anche abolito alcuni programmi incentrati sulla diversità, sull’inclusione e sull’equità. E a breve, potrebbe chiudere alcune divisioni che finora si erano concentrate sulla giustizia ambientale, con progetti di miglioramento delle condizioni di vita nelle aree più disagiate delle città statunitensi, afflitte dall’inquinamento industriale, con un reddito medio basso e abitate maggiormente da cittadini di etnia ispanica o afroamericana.
Le azioni (e le intenzioni) di Lee Zeldin hanno attirato forti critiche anche dal mondo accademico. Michael Mann, scienziato climatico dell’Università della Pennsylvania, non ha usato mezzi termini: “Questa è semplicemente l’ennesima dimostrazione del negazionismo climatico dei repubblicani. Non possono più negare che il cambiamento climatico sia reale, perché ormai avviene sotto gli occhi di tutti, quindi fingono che non sia una minaccia, nonostante le evidenze scientifiche dicano da tempo che è la più grave che stiamo affrontando“.
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