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Bonus edilizi, nuove truffe smascherate dalla Guardia di Finanza

L’ultimo blitz delle Fiamme Gialle in provincia di Varese, ma si tratta di un filone relativo ad un’indagine che si è sviluppata principalmente in Veneto, con sequestri preventivi già effettuati nei giorni scorsi. In Puglia, in tre diverse province, è invece stata scoperta una maxi-truffa che ha visto la partecipazione di ben 33 persone, ora indagate. 

Nuove truffe sui bonus edilizi smascherate dalla Guardia di Finanza che, da Nord a Sud, continua a indagare su tutti i possibili illeciti dietro le agevolazioni fiscali per gli interventi di efficientamento energetico e di ristrutturazione degli edifici.

L’ultimo blitz della Guardia di Finanza è avvenuto a Varese, con un sequestro preventivo richiesto dalla Procura di Vicenza nei confronti di una società veneta già finita nel mirino dell’Autorità Giudiziaria pochi giorni fa (varie truffe relative al Bonus facciate, scoperte in tre diverse province del Veneto, a cui aveva fatto seguito il sequestro preventivo di oltre 4,6 milioni di euro tra beni, crediti di imposta e denaro liquido). Il fascicolo è stato trasferito per competenza territoriale alla Procura di Vicenza, ma i primi a indagare erano stati i finanzieri di Varese coordinati dai pm di Busto Arsizio. Tutto era nato dalla scoperta di due imprese schermo, che venivano utilizzate per immagazzinare fraudolentemente i crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi generati ‘in provetta’, cioè tramite la creazione di documentazione fiscale artificiosamente precostituita.

Le due imprese finite nel mirino dell’Autorità Giudiziaria avrebbero accumulato crediti di imposta per oltre due milioni di euro, frutto di opere edilizie i cui committenti, 19 privati cittadini, erano del tutto ignari di aver firmato contratti di esecuzione dei lavori. In alcuni casi, addirittura, contrariamente a quanto asserito nelle varie documentazioni fornite all’Agenzia delle Entrate, gli ignari committenti non erano neanche proprietari degli immobili oggetto di quei contratti.

Quei crediti di imposta fittizi, insieme alla relativa documentazione fiscale, erano stati caricati nei cassetti fiscali delle due società, che poi grazie alle norme previste dal cosiddetto Decreto Rilancio li avevano compensati in proprio o ceduti a terzi, a titolo oneroso. Il lavoro degli inquirenti, che hanno coordinato la Guardia di Finanza, ha però consentito di individuare e intercettare, nel cassetto fiscale di una delle due aziende, quei falsi crediti fiscali che ammontavano a oltre 720 mila euro. Per questo motivo, i quattro amministratori delle due società succedutisi nel tempo sono stati denunciati, a piede libero, per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Il blitz di Vicenza e Varese, avvenuto dopo lunghe e complesse indagini che hanno coinvolto due diverse Procure della Repubblica, è avvenuto negli stessi giorni in cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, su richiesta della Procura, ha emesso un decreto di sequestro preventivo di denaro e altri beni per un valore superiore ai cinque milioni di euro. Sequestro che è stato effettuato dai finanzieri di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia, e che parallelamente ha visto l’iscrizione nel registro degli indagati di ben 33 persone, accusate di truffa aggravata in concorso per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Nello specifico, la maxi-truffa scoperta in Puglia riguardava l’illecito utilizzo dei crediti fiscali previsti dal Bonus facciate, dall’Ecobonus e dal Bonus ristrutturazione, che consentivano detrazioni fiscali delle spese sostenute fino al 90% o la monetizzazione del credito di imposta. Lavori edilizi su immobili inesistenti, o lavori mai effettuati o svolti solo in parte, avrebbero consentito di generare falsi crediti fiscali per oltre otto milioni di euro. Dei 33 indagati, 25 li avrebbero ceduti ad un ignaro istituto finanziario autorizzato, incassando oltre cinque milioni di euro, lo stesso importo del sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Trani. In altri otto casi, invece, l’istituto finanziario non aveva accettato la cessione del credito.

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