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Il Ruanda rompe con il Belgio: “Sta dalla parte del Congo”. Unicef: “In fuga 500 mila bambini”


ROMA – Il governo del Ruanda ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche col Belgio, l’ex potenza coloniale, accusandolo di aver “preso le parti della Repubblica democratica del Congo”. Quest’ultimo Paese accusa infatti Kigali di sostenere il Movimento 23 Marzo (M23), un gruppo armato che da fine gennaio sta combattendo per prendere il controllo delle province orientali del Kivu. Le Nazioni Unite sostengono inoltre che il Ruanda abbia un coinvolgimento diretto, avendo contato oltre 4mila militari ruandesi sul suolo congolese.

LA DECISIONE ALLA VIGILIA DEL TAVOLO NEGOZIALE

Ora il Ruanda rompe i rapporti con Bruxelles, che starebbe diffondendo “menzogne e manipolazioni, per creare un’opinione pubblica ostile” nei suoi riguardi, anche attraverso l’Unione europea. Bruxelles ha reagito attraverso le parole del ministro degli Esteri Maxime Prévot, ha definito “sproporzionata” la decisione di chiudere la propria ambasciata nel Paese europeo e dichiarare “persona non grata” i diplomatici del Belgio a Kigali. “Ciò dimostra che quando siamo in disaccordo, il Ruanda preferisce rifiutare il dialogo”.La decisione giunge alla vigilia di un tavolo negoziale che si apre domani a Luanda tra i ribelli dell’M23 e il governo congolese, su iniziativa dell’Angola. Tuttavia non è ancora chiaro se il Congo parteciperà.

500 MILA MINORI IN FUGA: “BAMBINI PRESI DI MIRA, CRISI DI PROTEZIONE SENZA PRECEDENTI”

Sul piano umanitario, si contano oltre 850mila persone in fuga soltanto dalla provincia Sud Kivu, come riporta l’Unicef, che avverte: “Circa la metà sono minori”. In una nota diffusa nel fine settimana, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia e l’adolescenza avverte che, a causa della violenza degli attacchi e degli scontri tra esercito e ribelli, migliaia di famiglie sono dovute fuggire da città e villaggi in fretta e senza poter pianificare nulla. Ora, la maggior parte “vive in condizioni precarie, rifugiandosi in scuole, chiese o all’aperto, con accesso limitato ad acqua pulita e servizi igienici, assistenza sanitaria e istruzione”.In questo contesto, l’Unicef ha rilevato “un forte aumento delle gravi violazioni contro i bambini. I casi verificati sono aumentati vertiginosamente da gennaio 2025, segnando un aumento di circa il 150% rispetto a dicembre 2024. Queste violazioni includono violenza sessuale, uccisioni, mutilazioni e il reclutamento di bambini da parte di gruppi armati”.”Ho incontrato bambini non accompagnati che cercavano rifugio presso le Cliniche universitarie, bambini che hanno perso tutto. La loro angoscia è immensa e ogni giorno senza una risposta umanitaria più forte peggiora la loro sofferenza”, avverte Jean François Basse, rappresentante ad interim dell’Unicef nella Repubblica democratica del Congo. “Stiamo affrontando una crisi di protezione senza precedenti. I bambini sono presi di mira. Vengono uccisi, reclutati, strappati alle loro famiglie ed esposti a orribili violenze sessuali e fisiche”.I combattimenti hanno anche limitato significativamente le operazioni umanitarie. La chiusura dell’aeroporto di Kavumu, situato a 25 chilometri a nord di Bukavu, un punto di ingresso vitale per la consegna di forniture essenziali, e la chiusura delle banche hanno interrotto le operazioni sul campo e ritardato pagamenti e distribuzioni.Il settore sanitario è sopraffatto, con ospedali sovraffollati e carenza di medicinali e attrezzature. Più di 15 strutture sanitarie sono state parzialmente distrutte, mentre si stanno diffondendo epidemie di colera, morbillo e mpox. Da gennaio 2025 sono stati segnalati 377 casi di colera, con un preoccupante picco di 146 nuove infezioni a fine febbraio, che ha colpito in particolare i siti di sfollati e le zone sanitarie di Minova e Uvira.

Anche l’istruzione è stata colpita, con la chiusura di oltre 1.000 scuole nella provincia, interrompendo l’istruzione di oltre 300.000 studenti. Nella sola Bukavu, 19 scuole si sono trasformate in rifugi di fortuna per famiglie sfollate, evidenziando l’urgente necessità di soluzioni alternative per supportare sia l’istruzione che le esigenze umanitarie.
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