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Quanto vale la farmaceutica in Italia? 17 miliardi di fatturato


A cura di Viviana Astazi

MILANO – Espandersi all’estero mantenendo cuore e cervello in Italia, con un fatturato complessivo di quasi 17 miliardi di euro. Sono solo alcuni aspetti che caratterizzano le FAB13, l’insieme delle storiche multinazionali farmaceutiche italiane che contribuiscono alla ricerca e all’innovazione restando un esempio di eccellenza del nostro Paese.

Caratteristiche, queste, emerse dal Rapporto di Fondazione Edison sullo stato dell’industria farmaceutica italiana e sui risultati ottenuti negli ultimi venti anni.

Il documento, presentato a Milano, ha evidenziato come l’unione di Alfasigma, Abiogen Pharma, Angelini Pharma, Chiesi Farmaceutici, Dompé Farmaceutici, I.B.N. Savio, Italfarmaco, Kedrion, Menarini, Molteni, Neopharmed Gentili, Recordati e Zambon stia contribuendo all’export italiano: circa 13 dei quasi 17 miliardi di fatturato complessivo derivano infatti dalle vendite all’estero, mentre il mercato interno risulta più stazionario.

“Questo accade perché nello scenario italiano i prezzi sono controllati dal Sistema Sanitario Nazionale, senza contare l’impatto che negli anni ha avuto l’inflazione”, ha spiegato il Professor Marco Fortis, Vicepresidente di Fondazione Edison che ha illustrato il Rapporto.

“Ecco allora che le aziende hanno puntato molto sull’estero, dimostrando ampiamente di essere in grado di crescere”.

Nonostante gli incrementi provengano da oltre i confini nazionali, è importante sottolineare come le aziende consolidino tutti i loro bilanci in Italia, garantendo un contributo fiscale rilevante per il Paese. La ricchezza così prodotta si traduce in risorse per il finanziamento della sanità pubblica e della ricerca scientifica, su cui nel 2023 le case farmaceutiche hanno investito un miliardo di euro, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente.

Interessanti anche i dati sull’occupazione: con 67 siti produttivi e 43 centri di ricerca in tutto il mondo, si contano oltre 47mila impiegati nel comparto.

Di questi, 15mila lavorano in Italia, in crescita del 3% rispetto al 2022. Si tratta di numeri che confermano l’impegno a tutto tondo delle case farmaceutiche nostrane, che con il loro lavoro e con gli investimenti internazionali fanno sì che l’Italia si posizioni tra i leader globali del settore farmaceutico.Alla presentazione del Rapporto sono state anche ribadite quali sono le priorità da perseguire nel medio e lungo periodo.

“La sfida è duplice”, ha affermato Sergio Dompé, Presidente del Gruppo Biofarmaceutico omonimo, a margine dell’evento. “Come italiani dobbiamo riuscire a mantenere attivo e vitale il Sistema Sanitario Nazionale, che è una risorsa fondamentale per i cittadini. Inoltre, dobbiamo consentire al mondo del lavoro e della ricerca di fare quegli investimenti che qualificano il futuro e lo sviluppo del nostro settore. A questo fine, è necessario migliorare la situazione legislativa, perché così com’è rischia di vedere una riduzione degli investimenti che non ci possiamo permettere”.ì

“Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo potuto toccare con mano qual è il valore e l’importanza di un’industria locale”, ha notato Stefano Mecchia, Coordinatore del Gruppo FAB13. “Anche alla luce di questo, è evidente che l’industria nazionale va tutelata oltre il suo impatto industriale, perché significa sicurezza per il nostro Paese”.

A Dompé e a Mecchia ha fatto eco Alessandro Chiesi, Presidente Chiesi Farmaceutici SpA. “Bisogna consolidare la nostra competitività globale e continuare a generare valore per il Paese: abbiamo bisogno che le istituzioni siano al nostro fianco, perché è fondamentale un impegno forte e congiunto per affrontare le sfide future”.

Ciò che i grandi attori del settore farmaceutico chiedono è dunque una maggiore comunicazione con la politica nazionale e comunitaria, un sistema normativo più chiaro e stabile per favorire gli investimenti e il rafforzamento della tutela brevettuale per proteggere l’innovazione. Grandi sforzi si devono continuare a compiere per sostenere la ricerca sui farmaci orfani e sulle terapie innovative, migliorando la sinergia tra università e imprese per formare e trattenere talenti nel settore scientifico. La strada da percorrere è ancora tanta, ma il successo di questi ultimi venti anni dimostra che è quella giusta.
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