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Influenza aviaria: verso la nuova pandemia?

Ospite del Magazine di Teleambiente dedicato all’influenza aviaria è il ricercatore di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare dell’Università Campus Biomedico di Roma.

Sto per firmare un provvedimento sintetizzabile con l’espressione “Io resto a casa”. Non ci sarà più una “zona rossa”. Non ci saranno più nemmeno la “zona 1” e la “zona 2”. Ci sarà, invece, l’Italia come “zona protetta”. Saranno da evitare lungo l’intero territorio nazionale gli spostamenti, possibili, invece, per comprovate ragioni di lavoro, di necessità o di salute“. Così, il 9 marzo 2020, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. L’Italia entra in lockdown a causa del Coronavirus. Ancora nitide, a distanza di cinque anni, le immagini di quelle settimane drammatiche con gli assalti ai treni, le file chilometriche fuori dai supermercati e le mascherine da portare sul viso. E poi l’arrivo dello smart working, la chiusura delle scuole con le lezioni davanti ai computer e i concerti sostituiti dai canti sul balcone.

L’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara la pandemia di Covid-19. Attraverso il vaccino, i continenti del Globo sconfiggono, giorno dopo giorno, quel virus tanto piccolo quanto letale. L’emergenza sanitaria finita il 5 maggio 2023, però, non cancella i tanti, troppi, morti. Intanto, nell’ombra, un altro virus inizia a diffondersi tra gli uccelli: l’influenza aviaria sarà la prossima pandemia? A rispondere a questa domanda nel Magazine di Teleambiente è il ricercatore di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare dell’Università Campus Biomedico di Roma, Francesco Branda.

Influenza aviaria, l’intervista a Francesco Branda

Che cosa è l’influenza aviaria?

L’influenza aviaria conosciuta anche come influenza degli uccelli è una malattia causata da virus influenzali di tipo A. Tali agenti patogeni possono infettare non solo i volatili, ma anche i mammiferi, inclusi gli esseri umani, seppur raramente. Il virus dell’influenza aviaria, possedendo un alto tasso di mutazione, tende a dare vita a numerosi ceppi. Il più famoso è H5N1 identificato per la prima volta in Scozia, nel 1959, e diventato famoso in Cina, nel 1997, dopo la morte di sei persone. Un vero e proprio caso storico, il primo, della trasmissione dell’influenza aviaria dagli uccelli agli esseri umani. Bene sottolineare che, però, si tratta di rare infezioni causate dal contatto diretto con animali malati o con ambienti contaminati“.

L’influenza aviaria marcia lenta e silenziosa. Perché negli Stati Uniti d’America il virus H5N1 è passato dagli uccelli ai mammiferi?

In questi mesi, tanti sono stati i lavori scientifici, inclusi quelli del nostro gruppo di ricerca, assieme a Massimo Ciccozzi dell’Università Campus Biomedico di Roma e a Fabio Scarpa dell’Università degli Studi di Sassari, per spiegare la trasmissione dell’influenza aviaria dagli uccelli ai mammiferi negli Stati Uniti d’America. Probabilmente i bovini da latte si sono infettati dopo avere interagito con secrezioni (muco, feci e saliva) di volatili malati. Fondamentale sottolineare che ancora oggi, nel Nuovo Mondo, molte industrie zootecniche stanno utilizzando bacini idrici aperti per abbeverare il bestiame. Proprio per questo l’acqua contaminata dagli uccelli, dopo essere stata bevuta, ha fatto ammalare i mammiferi. Perché è successo nei bovini da latte? Probabilmente le vacche, che sono munte più volte al giorno, dunque sono manipolate con una certa frequenza dagli allevatori, hanno avuto un rischio di contrarre l’infezione più alto rispetto ad altri animali“.

Già milioni gli animali, soprattutto i polli detenuti negli allevamenti intensivi, abbattuti a causa dell’influenza aviaria. La loro uccisione è l’unica strada possibile?

Purtroppo, al momento, l’abbattimento degli animali è la strategia più rapida per contenere i focolai di influenza aviaria, per ridurre la carica virale in un ambiente contaminato e per evitare il salto di specie, cioè il cosiddetto spillover. Sicuramente, oggi più che mai, una misura di prevenzione può essere la riduzione della densità del bestiame negli allevamenti intensivi“.

Esiste un vaccino per l’uomo contro l’influenza aviaria?

Sì, al momento esistono quattro vaccini per l’uomo contro l’influenza aviaria. Immunizzazioni che, nonostante l’approvazione sulla carta, non sono stati sperimentati. Se l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dovesse dichiarare la pandemia del virus H5N1, i vaccini sarebbero pronti per essere commercializzati. Necessario, però, tararli sulle varianti circolanti in un preciso momento storico“.

Quali sono i comportamenti utili per evitare il contagio?

Per evitare il contagio i comportamenti sono sempre gli stessi: non toccare animali a rischio oppure infetti; lavarci spesso le mani e non passarle su occhi, naso e bocca; cucinare prodotti alimentari di origine animale come carne, uova e latte; e collaborare, in caso di viaggi in località particolari, con le Autorità Sanitarie per il monitoraggio della patologia“.

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