Un nuovo passo nella battaglia di Trump contro le politiche ambientali adottate negli Stati Uniti. Oltre mille ricercatori dell’agenzia federale di protezione ambientale sono a rischio licenziamento o ricollocamento in mansioni più gradite al presidente statunitense e al suo fedelissimo Lee Zeldin.
Un nuovo passo, ancora più incisivo, da parte di Donald Trump nella sua personale battaglia contro la scienza e contro l’azione climatica e ambientale. Il presidente degli Stati Uniti, infatti, non vuole limitarsi a definanziare il programma climatico introdotto dall’amministrazione Biden, il Greenhouse Gas Reduction Fund. Dopo aver nominato il suo fedelissimo Lee Zeldin alla guida dell’Environmental Protection Agency, infatti, Trump sarebbe pronto a smantellare il reparto di ricerca dell’agenzia federale di protezione ambientale.
A parlare di questo caso specifico è Il Fatto Quotidiano. Donald Trump e Lee Zeldin puntano infatti a chiudere l’Office of Research and Development dell’EPA, con 1.155 scienzati tra chimici, biologi e climatologi, a rischio licenziamento o ricollocamento. Il tutto, stando a fonti vicine alla Casa Bianca, verrebbe giustificato nell’ottica di tagli al personale federale e nell’obiettivo di Zeldin di ridurre del 65% il budget a disposizione dell’EPA. Uno scenario preoccupante, in primis perché lo smantellamento dell’ufficio di ricerca di fatto renderà più complicate attività come il monitoraggio della qualità dell’aria, la bonifica di siti industriali tossici o i miglioramenti sull’acqua pulita e le acque reflue. Ma anche perché alcuni dei membri dello staff dell’Office of Research and Development verrebbero ricollocati in altre divisioni dell’EPA “per fornire una maggiore supervisione e allinearsi alla priorità dell’amministrazione“.
A lanciare l’allarme su questo piano è Zoe Lofgren, esponente del comitato scientifico e di simpatie democratiche mai nascoste. “Senza l’ufficio per la ricerca e lo sviluppo, l’EPA non sarà in grado di rispettare l’obbligo legale di utilizzare la migliore scienza disponibile quando elabora regolamenti e considera le politiche da attuare. Quell’ufficio è stato creato per statuto dal Congresso e smantellarlo sarebbe illegale” – il monito di Lofgren – “Ogni decisione dell’EPA deve essere finalizzata alla protezione della salute umana e dell’ambiente, e questo non può avvenire se si sventra la scienza. La prima amministrazione Trump aveva già indebolito la ricerca scientifica dell’EPA per allenatre i regolamenti contro le industrie inquinanti. Ora questo è il loro tentativo di ucciderla per sempre“.
Dal canto suo, Lee Zeldin, utilizzando gli stessi termini di Donald Trump, continua a difendere le proprie scelte nei vari interventi che periodicamente scrive sul Wall Street Journal. Invece di ‘Green New Deal’, infatti, l’amministratore dell’EPA, proprio come il presidente statunitense, parla di ‘Green New Scam’ (truffa) e ne annuncia la fine. “L’EPA riconosce che la protezione ambientale e la prosperità economica non sono obiettivi che si escludono a vicenda. Sotto la guida del presidente Trump, stiamo rinnovando il nostro impegno nei valori americani fondamentali di innovazione, crescita, eccezionalità e opportunità. Abbiamo già annunciato 31 azioni storiche, continueremo a proteggere la salute umana e l’ambiente, liberando al tempo stesso il pieno potenziale del nostro Paese” – le parole di Zeldin – “Questo significa riconsiderare le normative che hanno limitato ogni settore dell’economia, come l’illegale Clean Power Plan 2.0, gli standard Mercury and Air Toxics e i livelli di particolato 2.5. Sotto la guida del presidente Trump, l’Agenzia ha anche posto fine all’obbligo di veicoli elettrici che minacciava di distruggere l’industria automobolistica americana e di far aumentare il costo delle auto. Invece di costringere gli americani ad acquistare veicoli costosi che non vogliono né possono mantenere alimentati, stiamo ripristinando la scelta per i consumatori e riportando a casa i posti di lavoro nel settore automobilistico, in linea con la nostra iniziativa Great American Comeback“.
Intanto, però, c’è da registrare già un primo fatto: il definanziamento dei 20 miliardi di fondi per il clima che Trump e Zeldin vorrebbero attuare è stato temporaneamente bloccato da una giudice federale. Tanya Chutkan in una sentenza di pochi giorni fa ha impedito all’EPA di reclamare i soldi che aveva depositato presso Citibank per i gruppi Climate United, Coalition for Green Capital e Power Forward Communities, anche se quei fondi restano congelati e non potranno essere attinti dai progetti di finanza climatica prima di una nuova decisione da parte di altri organi giudiziari. “L’EPA non ha fornito alcuna giustificazione legale per la risoluzione dei contratti e l’amministrazione Trump ha solo vagamente delineato le accuse di sprechi e potenziali conflitti di interesse verso il programma di sovvenzioni“, si legge nella sentenza della giudice che, ovviamente, ha mandato su tutte le furie Lee Zeldin.
A sostegno di Zeldin e di Trump c’è, neanche a dirlo, un editoriale del Wall Street Journal. Proprio la prestigiosa testata, di proprietà della famiglia Murdoch e storicamente improntata su posizioni liberiste in campo economico e conservatrici in campo politico, su cui Lee Zeldin scrive spesso. “Immaginate se i repubblicani concedessero all’amministrazione Trump decine di miliardi di dollari da distribuire ai gruppi di destra e alle aziende più vicine. È ciò che hanno fatto i democratici con l’Inflation Reduction Act. Lo sforzo del team di Trump per smantellare questo racket della spesa ha portato a una causa legale che potrebbe essere chiarificatrice” – si legge nell’editoriale – “Lee Zeldin ha recentemente annullato le sovvenzioni che Biden aveva elargito ai gruppi di sinistra dal Greenhouse Gas Reduction Fund. I democratici hanno creato questa banca verde quasi privata per evitare la supervisione governativa della spesa. Zeldin ha ragione quando sostiene che il congelamento è necessario a causa di sostanziali preoccupazioni riguardanti l’integrità del programma, il processo di assegnazione, la frode programmatica, gli sprechi e gli abusi e il disallineamento con le priorità dell’Agenzia e ha ragione quando dice che il programma è pieno di conflitti politici“.
In attesa di conoscere i prossimi risvolti giuridici sui piani di Trump e Zeldin nei confronti dell’EPA e delle varie divisioni dell’agenzia federale di protezione ambientale, dopo appena due mesi di presidenza continuano a susseguirsi i passi indietro, di natura ideologica ed economica, degli Stati Uniti sul fronte ambientale. Il primo fu il ritiro dagli Accordi di Parigi sul clima, come già avvenuto nel primo mandato di Trump come presidente. Quelli successivi, anche se meno impattanti nel contesto globale, non sono stati meno significativi. Si pensi, ad esempio, all’eliminazione di ogni riferimento alla crisi climatica dai vari siti governativi federali, dagli enti di protezione ambientale come l’EPA fino al Dipartimento dell’Agricoltura. O ancora: il ritiro degli Stati Uniti da ogni impegno relativo al Fondo verde per il clima dell’Onu, istituito per aiutare i Paesi più vulnerabili sia dal punto di vista economico che climatico. Un disimpegno climatico, quello di Trump, che ovviamente ha finito per coinvolgere direttamente anche alcuni tra i più grandi istituti bancari statunitensi, che hanno abbandonato rapidamente l’alleanza per il clima il cui obiettivo era quello di ridurre i finanziamenti alle industrie più inquinanti.
Come se non bastasse, Donald Trump ha deciso anche di mettere al bando le cannucce di carta e di tornare a quelle monouso in plastica, che però hanno un impatto sugli ecosistemi e sulla biodiversità assolutamente drammatico. O ancora: appena insediatosi, il presidente statunitense aveva annunciato, decretando lo stato d’emergenza energetica nazionale, politiche incentivanti dei vari combustibili fossili, con lo slogan, diventato subito celebre e significativo, “Drill, baby, drill“. Non soprende, quindi, che dopo poche settimane alla Casa Bianca Trump abbia già rilanciato il progetto dell’oleodotto Keystone XL, che l’amministrazione Biden aveva bloccato. Infine, nell’ottica di una vera e propria guerra commerciale con gli altri Paesi, e nello specifico con il Canada, per ridurre l’importazione di legname dai vicini del Nord, Trump aveva disposto le autorizzazioni per tagliare diverse foreste su tutto il territorio nazionale.
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