ROMA – Quattro miliardi e 200 milioni di dollari. Sottratti ogni anno ai Paesi dell’Africa da ricostruzioni giornalistiche stereotipate e distorte, che si concentrano troppo spesso solo sugli aspetti negativi e problematici, in particolare nei periodi elettorali. Brogli veri e presunti, violenze temute e reali, che nove volte su dieci finiscono nei titoli. Non sempre in modo giustificato, soprattutto se si fa un confronto con quanto accade nel racconto mediatico di altri Paesi e realtà, dall’Europa al Sud-est asiatico. A calcolare le conseguenze economiche di queste notizie a senso unico, anzitutto sul piano di pagamenti di interessi sul debito maggiorati e di rendimenti obbligazionari più elevati, è uno studio firmato “Africa No Filter”: come dire l’Africa senza paraocchi, un progetto ideato da Moky Makura, 49 anni, ex conduttrice tv e manager originaria della Nigeria, al lavoro con giornaliste, autrici e attiviste connesse a Johannesburg, Kampala, Lagos o Harare. La ricerca si intitola ‘Il costo per l’Africa degli stereotipi mediatici’. Ascoltiamo Abimbola Ogundairo, una delle esperte autrici dello studio.
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