Ogni settimana Bastián Barria, co-fondatore di Desierto Vestido, si reca nel deserto e recupera quanti più capi possibili tra quelli ancora in perfette condizioni.
La moda che “consumiamo” oggi ha dei ritmi velocissimi, decisamente non sostenibili per il pianeta. A testimonianza di questo, basta guardare le immagini che arrivano dal deserto di Atacama, in Cile, una vera e propria discarica di abiti a cielo aperto.
Si stima che circa 39mila tonnellate di abiti vengano scaricate ogni anno nella regione, secondo quanto riportato da Fashion Revolution Brazil. Il paese sudamericano è diventato il polo internazionale dove confluiscono l’abbigliamento invenduto, gli scarti di produzione e i vestiti di seconda mano prodotti in Cina e Bangladesh.
Bastián Barria, ingegner cileno e co-fondatore di Desierto Vestido, organizzazione dedicata alla sensibilizzazione sui rifiuti tessili, ogni settimana si reca nel deserto e recupera quanti più capi possibili tra quelli ancora in perfette condizioni.
Sarah Johnson, giornalista del Guardian, ha raccontato la sua storia e di come lo scorso 17 marzo Barria abbia messo in vendita 300 capi, di cui molti firmati Nike, Adidas e Calvin Klein.
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Gli indumenti sono stati messi in vendita online gratis, i clienti hanno dovuto pagare solo le spese di spedizione. Il primo lotto è andato esaurito in cinque ore, acquistato da clienti provenienti da paesi come Brasile, Cina, Francia, Stati Uniti e Regno Unito. Il prossimo carico di vestiti è previsto per aprile.
Il progetto si chiama Re-Commerce Atacama e lo scorso anno aveva organizzato una sfilata proprio in mezzo alla discarica di vestiti, su una passarella di sabbia, indossando abiti realizzati con i rifiuti circostanti, con l’obiettivo di sensibilizzare sulle conseguenze del fast fashion.
L’operazione Re-commerce Atacama prevede un attento processo di selezione e restauro dei capi per garantire che siano in buone condizioni per la rivendita. I vestiti recuperati dal deserto di Atacama vengono puliti e disinfettati, pronti per essere messi sul sito Re-commerce Atacama.
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“Vogliamo che le persone si sentano coinvolte e siano agenti del cambiamento, non da una posizione passiva di visualizzazione dei contenuti, ma acquistando qualcosa, mostrando alle persone e raccontando la nostra storia su ciò che sta accadendo qui nel deserto”, afferma Barria. “Mi sono sempre chiesto perché indumenti in perfette condizioni venissero scartati nel deserto quando ci sono molte persone a cui piacerebbe indossarli. È davvero triste”.
Determinata a fare qualcosa per la crisi, l’organizzazione di Barria ha collaborato con gli attivisti della moda Fashion Revolution Brazil, l’agenzia pubblicitaria brasiliana Artplan e la piattaforma di e-commerce Vtex, per raccontare al mondo la situazione.
Fernanda Simon, direttrice di Fashion Revolution Brazil, vede il progetto come “un atto di attivismo che rivela cosa c’è dietro la moda e dimostra che possiamo fare le cose in modo diverso”.
E aggiunge: “Più che rimuovere i vestiti dal deserto, volevamo ispirare soluzioni, ripensare il modello di moda e dimostrare che dobbiamo parlare di circolarità”.
Deserto di Atacama e il costo ambientale della fast fashion
Il Cile è da tempo una destinazione per vestiti di seconda mano e invenduti, la maggior parte dei quali realizzati in Cina o Bangladesh e che passano per Europa, Asia o Stati Uniti prima di arrivare nel paese. Nel 2022 sono arrivate più di 131.000 tonnellate di vestiti, la maggior parte nella città di Iquique, nel Cile settentrionale, sede di uno dei più importanti porti duty-free del Sud America.
Il deserto di Atacama in Cile è inquinato da enormi rifiuti provenienti dall’industria globale della fast fashion. Una parte viene rivenduta, ma fonti nella regione affermano che, fino al 70%, finisce nelle discariche del deserto ogni anno. In Cile è vietato scaricare rifiuti tessili in discariche legali perché genera instabilità del suolo. Il deserto è una delle mete turistiche più popolari del paese, ma per chi vive vicino alle discariche è diventato un luogo di devastazione. Le immagini di una montagna di vestiti scattate dallo spazio sono diventate virali nel 2023.
Negli ultimi anni, le persone hanno fatto ricorso alla combustione dei rifiuti nel tentativo di nasconderne l’entità. Le conseguenti nuvole di fumo tossiche sono diventate un problema ambientale e sanitario per le comunità circostanti.
Ogni anno vengono creati circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili e ogni secondo, l’equivalente di un camion carico di vestiti finisce in una discarica da qualche parte nel mondo.
Questo fenomeno è una conseguenza dell’aumento del consumo di vestiti e del modello di produzione frenetico dell’industria della moda. “Il modo in cui produciamo la moda è sbagliato. Produciamo sempre di più e la velocità di produzione sta diventando sempre più veloce. Non c’è trasparenza su come vengono realizzati questi vestiti”, afferma Fernanda Simon di Fashion Revolution Brazil.
Se non lo vendi, mettilo su “Deserto di Atacama”, Cile.#FastFashion: outlet a cielo aperto.
h24, anche giorni festivi.Ampia scelta.
39.000 tonnellate di vestiti, poco usati o addirittura nuovi.Martin Bernetti© pic.twitter.com/fAraegcO8z
— Terra (@Terra_Pianeta) November 26, 2021
Mentre 20 anni fa, la maggior parte dei marchi avrebbe rilasciato quattro collezioni di vestiti all’anno, afferma, ora con l’ascesa della moda veloce e ultra-veloce, possono esserci fino a 52 collezioni all’anno. Le scorte invendute e i vestiti di seconda mano indesiderati, la maggior parte dei quali provengono dai mercati degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’Asia, vengono scaricati nei paesi del sud del mondo. Un altro posto in cui questo problema è particolarmente visibile è Accra, la capitale del Ghana, dove ragnatele di vestiti costeggiano la costa.
Ma perché le aziende distruggono gli abiti invenduti? Non parliamo solo di brand di fast fashion ma anche di noti brand dell’industria del lusso. Ve lo raccontiamo in questo magazine di TeleAmbiente.
L’articolo Re-commerce Atacama, la piattaforma che vende gratis gli abiti abbandonati tra i rifiuti del deserto proviene da Notizie da TeleAmbiente TV News.