Era la paura peggiore dei produttori del made in Italy e puntualmente si è avverata, l’Italian Sounding ovvero i prodotti enogastronomici che adottato dei nomi che sembrano italiani per ingannare sulla propria provenienza, sta già registrando un boom negli Stati Uniti. Se ai dazi del 25% già imposti dovesse aggiungersi l’ulteriore tariffa del 200% minacciata da Donald Trump, il destino del nostro export sarebbe segnato: secondo una stima della Consulta vitivinicola della Coldiretti, tra il 70/80% del vino italiano potrebbe sparire dalle tavole statunitensi.
I dazi Usa sui prodotti dei Paesi dell’Unione europea sono appena stati imposti e già si possono calcolare in miliardi i danni causati al made in Italy dal finto made in Italy. Poiché i veri prodotti italiani costano di più diventa particolarmente allettante per i consumatori statunitensi acquistare bevande e cibi che sembrano italiani (ma non lo sono).
La diffusione in Usa di una nuova variante di vino frizzante che richiama il nostro Prosecco mette a rischio il record delle vendite fatto segnare dal vino italiano più esportato al mondo, con un valore che nei soli States ha raggiunto quasi mezzo miliardo di euro
— Coldiretti (@coldiretti) March 31, 2025
Coldiretti stima in mezzo miliardo di euro il danno all’export del prosecco causato dal solo “calsecco” un vino frizzante che sfrutta un nome simile all’originale e che è stato diffuso negli Stati Uniti per riempire il vuoto creato dai dazi. Coldiretti denuncia che si tratta di “uno spumante con tanto di marchio registrato prodotto in California da Rack&Riddle, azienda leader del settore che lo presenta sul suo sito come realizzato secondo la tradizione veneziana”.
Si tratta dell’ennesimo caso di “italian sounding” che colpisce il Prosecco, che è anche il vino italiano più imitato. Per Coldiretti lo dimostra la presenza sugli scaffali dei supermercati di tutto il mondo di Meer-secco, Kressecco, Semisecco, Consecco e Perisecco tedeschi, senza dimenticare il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova. In Brasile nella zona del Rio Grande diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione prosecco nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur. Oltra al caso del Prosek croato. Complessivamente il mercato delle imitazioni del vino italiano nel mondo vale oltre un miliardo di euro.
“Proprio gli americani sono in testa alla classifica dei maggiori taroccatori con una produzione di italian sounding che – conclude Coldiretti – ha superato i 40 miliardi in valore, dal vino ai formaggi, dai salumi alla passata di pomodoro.”
La “guerra dei dazi” è stata scatenata dagli Stati Uniti per ragioni economiche. L’amministrazione statunitense mira a costringere il Vecchio Continente a spendere di più per la propria sicurezza, vedi il disimpegno Usa all’interno della NATO e a rendere più equa la bilancia commerciale tra Ue e Usa. L’Unione, che al momento gode di un surplus di export negli Stati Uniti, per Donald Trump deve acquistare più beni made in Usa. Sullo sfondo della guerra doganale c’è il debito pubblico statunitense di 36mila miliardi di dollari. Una cifra mostruosa che rischia di far fallire il Paese. Trump ne è cosciente e considera l’Unione europea un pericolo al pari della Cina. Il fatto che la prima sia formalmente alleata degli Usa e la seconda no, pare fare poca differenza per il presidente che ribadisce in ogni intervista come l’Unione si sia approfittata degli Stati Uniti e che alcuni amici sono peggio dei nemici. L’amministrazione vuole spingere più aziende possibile a investire negli Stati Uniti anche rendendo più costoso l’import dei prodotti realizzati altrove.
A fare le spese di questa congiuntura globale, tra i prodotti italiani, è soprattutto il prosecco. Dopo una corsa ad accaparrarsi le ultime bottiglie disponibili ad un costo normale, il settore ha registrato il blocco degli acquisti dagli Usa. Troppo rischioso inviare delle bottiglie dall’altra parte dell’Atlantico per poi scoprire che gli importatori statunitensi le devono pagare fino al 200% in più. E così sul fronte delle bevande alcoliche l’Unione europea tenta di apre nuovi mercati. In questo senso va letta l’iniziativa di rebranding ovvero cambio del nome dei vini senza o con poco alcol i NoLo.
In particolare secondo la proposta i vini si chiameranno alcol free (qualora il contenuto di alcol sia inferiore allo 0,05%) e 0,0 se non superano lo 0,05 % di volume. Potranno essere definiti alcol Light i vini con volume alcolico contenuto tra lo 0,6 e il 3,0%. Queste denominazioni sono già in uso nel territorio dell’Unione ma vengono applicati senza criteri fissi adesso proposti.
La Commissione europea continua a voler promuovere il settore vitivinicolo assediato dalle conseguenze della crisi climatica e dai dazi statunitensi e questa proposta va in questo senso.
La promozione dei vini dealcolati attraverso un “rebranding” parte dal presupposto che questi prodotti hanno grandi prospettive di crescita soprattutto nei mercati di Paesi con popolazioni musulmane che per ragioni religiose non consumano prodotti alcolici. Questi nuovi prodotti sono, al contrario dei vini tradizionali, in grado di penetrare i mercati nord africani e mediorientali e per questo vengono adesso sostenuti dall’Unione.
Il settore NoLo (dall’inglese “no alcohol” e “low alcohol”) vale più di 13 miliardi di dollari all’anno ed è in crescita.
D’altronde i produttori sono stati chiari sin dall’inizio della crisi; se viene meno il mercato statunitense a causa dei dazi o si trovano nuovi mercati oppure il settore rischia il collasso.
L’articolo Calsecco, l’imitazione Usa del prosecco che ha già fatto perdere 1/2 miliardo al Made in Italy proviene da Notizie da TeleAmbiente TV News.