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Francesca Mannocchi e la sclerosi multipla: “Col sistema sanitario nazionale la prima risonanza tra 4 mesi”


ROMA – “Ogni sei mesi devo fare la mia terapia per la sclerosi multipla. Ogni sei mesi devo controllare se la malattia è ferma oppure no. E ogni volta mi scontro con l’impossibilità, da cittadina, di ottenere ciò che mi spetta come diritto”.

Comincia così la denuncia pubblica della giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi, che con un post su Instagram ha raccontato – in prima persona – la difficoltà di accedere al Servizio Sanitario Nazionale per una risonanza magnetica necessaria al monitoraggio della sua malattia.

La testimonianza ha rapidamente suscitato solidarietà e indignazione, accendendo ancora una volta il dibattito sulle condizioni critiche della sanità pubblica italiana.

LA VICENDA PERSONALE

Dopo giorni di tentativi, racconta Mannocchi, è riuscita a parlare con il CUP (Centro Unico di Prenotazione) della sua regione. La risposta? Prima disponibilità per una risonanza magnetica a luglio 2025, in un’altra provincia, a 90 km di distanza da casa. Nelle strutture dove si era curata in passato, nessuna data disponibile né indicazioni su eventuali tempi d’attesa.

A quel punto, la scelta obbligata: rivolgersi al privato.

“Ho chiamato la clinica dove ho fatto la prima risonanza. Ho chiesto: ‘Se prenoto privatamente, quanto costa e quando c’è posto?’ La risposta è stata: 680 euro, dopodomani. E quindi ho preso appuntamento. Perché ne ho bisogno, perché è urgente, perché ho la fortuna di potermelo permettere”, scrive Mannocchi.

“COSI’ SI SMANTELLA LA DEMOCRAZIA”

Ma il vero cuore del messaggio va oltre il disagio individuale. È una denuncia politica, civile, costituzionale.

“È così che si demoliscono le democrazie: dando l’illusione che i diritti siano protetti per sempre, mentre vengono erosi giorno dopo giorno da una politica che non è all’altezza del presente.”

A sostegno delle sue parole, Mannocchi richiama la memoria di Tina Anselmi, madre del Servizio Sanitario Nazionale, e le sue parole del 2006:

“La democrazia è un bene delicato, fragile e deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni precedentemente concimati attraverso la responsabilità di un popolo.”

E cita anche l’articolo 32 della Costituzione Italiana, che garantisce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, oltre a cure gratuite agli indigenti.

GLI ATTESTATI DI VICINANZA

Il post ha generato centinaia di commenti, molti dei quali condividono esperienze simili. “È così che si demoliscono le democrazie, hai pienamente ragione. La sanità è il nostro più grande fallimento”, scrive un’utente. “Sono una paziente oncologica e per una sospetta recidiva devo aspettare più di un mese per una risonanza”, racconta un’altra.

Anche volti noti, come Franscesca Fagnani e Serena Dandini, hanno espresso vicinanza e indignazione. “Il calendario delle (non) disponibilità delle visite è mortificante, indegno. Ed è così in tutta Italia ormai”, si legge tra i commenti.

IL SISTEMA SANITARIO

Quella di Francesca Mannocchi non è solo una storia personale: è una fotografia nitida delle fragilità del sistema sanitario nazionale, messo in crisi da liste d’attesa insostenibili, carenza di personale, sottofinanziamento cronico e crescente ricorso al privato, spesso obbligato più che volontario.

Il rischio, come denuncia Mannocchi, è che la sanità da diritto universale si trasformi lentamente in privilegio per pochi, accessibile solo a chi può permetterselo economicamente.
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