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L’antidoto contro la disinformazione elettorale? “La democrazia Data-Driven”


ROMA – Il ruolo dei dati nella lotta alla disinformazione elettorale, l’impatto delle fake news sulla partecipazione democratica, la diffusione di narrazioni manipolatorie attraverso i social media, polarizzazione politica e opinione pubblica. Questi i temi al centro del confronto organizzato dalla Facoltà di Scienze politiche, Sociologia, Comunicazione della Sapienza di Roma in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Società italiana di statistica, Fondazione Roma Sapienza e Istat che si è svolto nei giorni scorsi. Sulla disinformazione, diventata una delle principali sfide del nostro tempo, abbiamo intervistato Pierpaolo D’Urso, Preside della Facoltà di Scienze politiche.

Professore, quali gli effetti più pericolosi?

“La disinformazione mina la qualità della democrazia in modo profondo e sistemico. Non si tratta solo della diffusione di notizie false- risponde D’Urso- ma di una strategia che altera la percezione della realtà, influenzando il dibattito pubblico e le scelte politiche. Il problema più grave è l’erosione della fiducia: quando i cittadini sono costantemente esposti a informazioni distorte o manipolate, la loro percezione delle istituzioni democratiche cambia radicalmente, generando cinismo e disillusione. Questo clima favorisce la delegittimazione delle istituzioni, l’ascesa di narrazioni complottiste e l’indebolimento del dibattito razionale, elementi che rendono la società più vulnerabile a derive autoritarie e populiste”.

In che modo la disinformazione influenza la democrazia e i processi elettorali?

“Gli effetti sono molteplici e preoccupanti. In primo luogo- spiega il Preside D’Urso- colpisce il pluralismo e la trasparenza del processo elettorale, diffondendo false narrazioni che alterano la percezione degli elettori su candidati, programmi politici e persino sulle modalità di voto. Inoltre, i social media creano bolle informative in cui gli elettori sono esposti solo a contenuti che rafforzano le loro convinzioni, rendendo più difficile il confronto tra opinioni diverse e aumentando la polarizzazione politica. Se non contrastato adeguatamente, il fenomeno rischia di trasformare le elezioni in un’arena dominata dalla manipolazione, anziché dal libero esercizio del voto informato”.

Per quanto riguarda gli strumenti e le strategie possono essere utilizzati per rendere il processo decisionale democratico più solido e meno vulnerabile alla manipolazione informativa il Preside di Scienze Politiche dell’Università di Roma ha una soluzione?

“Una che propongo, tra le più innovative, è l’adozione di un modello di governance basato sui dati, che possiamo definire Democrazia Data-Driven. In questo approccio, la conoscenza oggettiva, costruita attraverso l’analisi rigorosa dei dati, diventa il pilastro del processo decisionale pubblico. L’obiettivo non è sostituire la politica con la tecnocrazia, ma fornire strumenti per migliorare la qualità delle scelte politiche, rendendole più trasparenti, efficaci e basate su evidenze verificabili. Tuttavia, questo modello non può prescindere da un elemento fondamentale: la partecipazione consapevole dei cittadini. La democrazia dei dati deve essere accompagnata da un forte investimento in alfabetizzazione digitale e statistica, affinché tutti possano interpretare correttamente le informazioni e partecipare in modo informato al processo democratico.

Qual è il legame tra disinformazione e i processi elettorali?

“Negli ultimi anni- risponde D’Urso- abbiamo assistito a campagne di disinformazione mirate a screditare candidati, diffondere notizie false sulle modalità di voto e creare un clima di sfiducia tra gli elettori. Le fake news elettorali non si limitano a manipolare l’opinione pubblica, ma spesso sono utilizzate per ridurre la partecipazione al voto, scoraggiando alcuni segmenti della popolazione o creando confusione sulle procedure elettorali. Uno degli effetti più pericolosi della disinformazione è la polarizzazione estrema dell’elettorato: le narrazioni distorte rafforzano le convinzioni preesistenti, rendendo più difficile il confronto tra idee diverse e alimentando divisioni profonde all’interno della società”.

Quali dati vanno monitorati per comprendere meglio le dinamiche elettorali?

“Tra i principali ci sono i flussi di voto, le variazioni della partecipazione elettorale e il comportamento degli indecisi, che spesso risultano i più esposti alla disinformazione. Fondamentale è anche lo studio dell’impatto delle campagne mediatiche, sia online che offline: attraverso la sentiment analysis possiamo valutare in che modo i messaggi politici influenzano l’opinione pubblica”.

In che modo la disinformazione influisce sull’astensionismo?

“La disinformazione ha un effetto devastante sulla partecipazione democratica- afferma il Preside D’Urso- mettendo in crisi la fiducia nelle istituzioni, nel processo elettorale e nei media. Diffonde il sentimento che ‘tanto nulla cambia’ o che ‘sono tutti uguali’, spingendo molti cittadini a non recarsi alle urne e a sentirsi estranei al sistema democratico. Questo fenomeno è particolarmente pericoloso perché l’astensionismo non è solo un sintomo della crisi della democrazia, ma ne diventa anche un acceleratore: più cresce il numero di elettori che si allontanano dalla politica, più aumenta il rischio che le istituzioni perdano legittimità, aprendo la strada a populismi e derive autoritarie”. 
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