LATINA – “La vicenda di Satnam Singh, abbandonato davanti casa sua con il braccio tranciato in una cassetta di plastica dal datore di lavoro dopo aver subito un incidente nei campi dov’era sfruttato, è la rappresentazione più cruenta e tragica di ciò che avviene nei campi italiani. Il suo non è un caso isolato ma il risultato di un sistema del lavoro agricolo che spesso sfrutta e a volte uccide, in cui i lavoratori sono deumanizzati e considerati alla stregua di attrezzi. In questo contesto, la prevenzione e i controlli delle istituzioni continuano ad essere drammaticamente insufficienti e lo Stato fallisce così la sua lotta al caporalato e allo sfruttamento”. Lo dichiara Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil nazionale, durante il presidio organizzato stamani dal sindacato davanti al tribunale di Latina, in occasione della prima udienza del processo contro Antonello Lovato, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale.
“Nei giorni scorsi la ministra Calderone ha detto che i sindacati fanno ‘propaganda’ sul tema e ha sbandierato un presunto 60% in meno di vittime di caporalato nel 2024- prosegue Mininni- In attesa di conoscere il modo in cui sarebbero stati ricavati questi dati, sappiamo con certezza che gli irregolari nell’agricoltura italiana sono 200mila, mentre i reati e gli illeciti amministrativi nell’agroalimentare sono cresciuti del 9,1%. Sono numeri che dipingono uno scenario drammatico. Nel frattempo, i circa 200 milioni del Pnrr che erano destinati a superare i ghetti dove troppo spesso sono costretti a vivere i lavoratori delle campagne ancora non sono stati spesi e anzi il governo starebbe pensando di tagliarli e indirizzarli altrove. È inaccettabile e faremo di tutto per evitarlo”.
“Ci siamo costituiti parte civile perchè pensiamo che sia importante fare giustizia, e soprattutto che si metta in movimento tutto ciò che è necessario affinchè si cambi il modello di fare impresa, in modo tale che episodi di questa natura non possano più avvenire”. Lo dice il segretario generale della Cgil Maurizio Landini davanti il tribunale di Latina.
“Questo vuol dire- spiega- applicare seriamente le leggi che ci sono, sul territorio tutti facciano la loro parte. Pensiamo che questo non sia un caso isolato, ed è un errore pensare che si risolva il problema con questo processo. I dati che continuiamo a verificare sulla salute e la sicurezza sono negativi e anche quelli che riguardano caporalato, lavoro nero e sfruttamento non stiamo vedendo l’inversione di tendenza che sarebbe necessaria”.
“Chiediamo giustizia per Satnam Singh e che venga fermato una volta per tutte il caporalato e lo sfruttamento del lavoro che contrastano in modo forte con i nostri valori costituzionali”, dice l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona), che si è costituito parte civile. Bonanni annuncia la mobilitazione dell’Ona per “contribuire a sradicare le forme di caporalato e sfruttamento del lavoro che da anni si verificano nella pianura pontina, in una situazione di assoluta impotenza delle istituzioni e di inefficacia della loro azione che ha determinato la morte di Singh- prosegue- sicuramente evitabile ove fossero stati attuati gli strumenti legali di interdizione del lavoro nero, e soprattutto della violazione delle norme antinfortunistiche”.
Il caso di Satnam Singh, intanto, non è isolato. Spiega ancora il presidente di Ona: “In provincia di Latina si sono verificati moltissimi casi di trasgressione che hanno determinato, tra l’altro, esposizioni ad amianto non cautelate e un’alta incidenza di patologie asbesto correlate e in generale di malattie professionali e infortuni sul lavoro, contro cui l’Associazione è scesa più volte in piazza nella città di Latina denunciando l’incapacità delle istituzioni a interdire sia il caporalato sia lo sfruttamento lasciando abbandonati e soli i lavoratori alla mercè dei loro sfruttatori”.
La morte di Singh, causata da omissione di soccorso dopo un gravissimo infortunio sul lavoro ha “profili raccapriccianti e chiede che venga emessa una sentenza esemplare nei confronti dei responsabili”, sottolinea Bonanni, che ricorda: “L’uomo morì per lo shock emorragico dopo che, secondo il capo di imputazione, sarebbe stato abbandonato agonizzante senza ricevere tempestivi soccorsi”.Secondo il capo di imputazione, aggiunge ancora Bonanni, Antonello Lovato, figlio di Renzo, datore di lavoro di Singh, lo avrebbe “caricato mutilato nel suo furgone e l’avrebbe poi abbandonarlo agonizzante nei pressi della sua abitazione insieme ad una cassetta contenente l’arto mozzato e si sarebbe dato alla fine alla fuga. Un comportamento inaccettabile in un Paese civile”, conclude.
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