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In Italia la leishmaniosi è ormai endemica


ROMA – La leishmaniosi non ha più confini, né nazionali né regionali. La malattia, conosciuta e temuta dai proprietari di cani, è ormai endemica in tutta Italia e lo scenario epidemiologico è in evoluzione anche in Europa. Nel nostro Paese nessuna Regione si salva: sono in forte aumento la diffusione e la distribuzione sia del Leishmania infantum, il parassita causale dell’infezione, che del flebotomo, meglio conosciuto come pappatacio, l’insetto vettore che trasmette la forma infettante al cane e all’uomo.

La prevalenza nei cani varia da 1,7% al 48,4%, secondo i dati aggiornati dell’Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute, ma in alcune Regioni del centrosud e insulari un cane su due sarebbe esposto al parassita, con una sieroprevalenza che supera in alcuni casi il 50%, e una incidenza annuale dal 9,5% fino al 13,1% in aree endemiche come la Puglia.Nuovi focolai di infezione vengono registrati anche nelle Regioni più settentrionali (Liguria, Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige) addirittura fino a Bolzano; dal 2019 la leishmania canina (LCan) è stata segnalata endemica in 57 nuovi Comuni del nord Italia (30 in Piemonte, 21 in Lombardia, 4 in Veneto, 2 in Friuli-Venezia Giulia) con 27 focolai di infezione registrati negli ultimi 10 anni.

Come zoonosi trasmissibile la Leishmaniosi, oltre alle implicazioni di clinica veterinaria, ha anche ricadute sulla sanità pubblica ed è in questa prospettiva che esperti di fama nazionale e internazionale, provenienti dal mondo della ricerca, dalle istituzioni sanitarie e dalla medicina umana e veterinaria hanno partecipato a ‘STOP alla leishmania in 3ACT’, un evento multidisciplinare promosso da Boehringer Ingelheim, organizzato da EV Soc. Cons. e con il patrocinio di ANMVI, tenutosi nei giorni scorsi a Rezzato (BS), per aggiornare e informare gli operatori sanitari sull’importanza strategica della prevenzione di questa malattia. L’attuale allarmante scenario epidemiologico con particolare riferimento al Nord Italia, i protocolli di prevenzione da adottare nella pratica clinica per il cane e nel territorio per il monitoraggio e controllo della popolazione dei flebotomi, la centralità del medico veterinario, figura ‘ponte’ tra salute animale, salute umana e ambientale in un’ottica di One Health i temi principali su cui si sono confrontati gli esperti. Le strategie per sconfiggere la Leishmaniosi si inscrivono nel paradigma dell’approccio One Health, in particolare per l’azione di controllo che si può mettere in campo attraverso il trattamento preventivo dei cani.

“La leishmaniosi, considerata in passato malattia negletta perché confinata in Paesi a medio e basso reddito, diffusa tipicamente nelle aree sul bacino del Mediterraneo, tra cui l’Italia, fino agli anni Novanta era endemicamente presente in larga misura al centro-sud e nelle isole- ha dichiarato Gioia Buongiorno, ricercatrice del Dipartimento Malattie Infettive Istituto Superiore di Sanità (ISS)- da alcuni anni però l’epidemiologia sta rapidamente cambiando, superando i confini meridionali per espandersi anche nei territori settentrionali. A influenzare negativamente la diffusione del vettore, i cambiamenti climatici con l’aumento delle temperature, gli allevamenti e le colture intensivi, gli animali di importazione, tutti fattori che favoriscono lo sviluppo delle larve dei flebotomi tutto l’anno e l’adattamento del flebotomo anche in fase di quiescenza invernale”.Lo scenario, ha evidenziato ancora l’esperta, desta dunque preoccupazione, anche perché “i casi di leishmaniosi animale e umana, soggetti a notifica obbligatoria, sono largamente sotto-notificati. L’Istituto Superiore di Sanità è molto sensibile e attento all’approccio One Health e insieme al Ministero della Salute ha attivato numerosi progetti di sorveglianza attiva del territorio”.(DIRE) Roma, 7 apr. – L’approccio One & More Health, promosso durante il convegno, poggia su tre cardini: informare/educare veterinari e pet owner sull’infezione, sul flebotomo che la trasmette, sui rischi per la salute animale e umana; condividere le strategie migliori nella pratica clinica e nella sanità pubblica per ridurre il rischio di leishmaniosi attraverso un monitoraggio diagnostico e clinico degli animali e la sorveglianza del territorio; prevenire con l’impiego di prodotti insetticidi e repellenti che proteggono i cani, diminuendo il rischio di punture del flebotomo.

La prevenzione della leishmaniosi inizia dal cane e per questo va incentivato il “più possibile” il rapporto tra medici veterinari e pet owner, che devono rivolgersi ai veterinari come riferimento fondamentale per la salute del proprio pet. I proprietari di cani generalmente conoscono la leishmaniosi e la temono, soprattutto quelli che vivono in aree ad alto rischio, ma solo il 47% di coloro che adottano misure di profilassi è consapevole che si tratta di una malattia mortale, se non curata; inoltre, un’alta percentuale di proprietari si affida al ‘fai da te’ nell’acquisto di presidi considerati protettivi, senza il consiglio del veterinario.“Queste evidenze dimostrano la frequente mancanza di consapevolezza sulla gravità della leishmaniosi. I proprietari vanno maggiormente informati ed educati con messaggi semplici e chiari- ha suggerito Domenico Otranto, Professore di Parassitologia e Malattie Parassitarie degli animali presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Bari e Distinguished Professor presso la CityU di Hong Kong in Cina- I cani vanno protetti a partire da marzo fino a ottobre inoltrato con insetticidi sistemici e repellenti a base di piretroidi. Importante è chiedere sempre al veterinario il prodotto più adatto sulla base delle condizioni ambientali, dello stato di salute e di eventuali situazioni di immunosoppressione”.La leishmaniosi, ha fatto sapere ancora l’esperto, è una patologia “complessa dal punto di vista clinico, difficile da gestire e costosa da curare. I costi della prevenzione sono di gran lunga inferiori ai costi della cura che, di solito, va proseguita per tutta la sua vita a seconda della condizione clinica degli animali. La soluzione migliore è rappresentata da un lavoro in collaborazione, secondo una visione One Health, orientato alla prevenzione con un approccio alla salute animale e umana connesse alla sostenibilità ambientale: il veterinario deve partecipare a pieno titolo alle politiche One & More Health, fondamentali per gestire questo tipo di infezioni zoonotiche, nell’ambito della sanità pubblica”.

Sebbene il sistema di difesa immunitario dell’uomo sia molto efficace nel contrastare il parassita protozoario Leishmania infantum, l’infezione può attecchire sia nella forma cutanea, più frequente e curabile, sia nella forma viscerale, assai più seria e pericolosa per la vita dei soggetti colpiti. Fortunatamente, i numeri della leishmaniosi umana in Italia sono ridotti, qualche centinaio di casi l’anno, rispetto alle migliaia di casi di leishmaniosi canina.“Siamo storicamente un Paese endemico per la leishmaniosi umana- ha sottolineato Alessandro Bartoloni, Professore Ordinario di Malattie Infettive e Direttore Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università degli Studi di Firenze- l’Italia in Europa è al primo posto per incidenza di leishmaniosi umana cutanea e al secondo per incidenza di leishmaniosi umana viscerale. La vera novità è che negli ultimi anni si registra un incremento dei casi di leishmaniosi anche nell’uomo, documentato da dati recenti sia in Emilia-Romagna che in Toscana, ma la presenza di casi umani riguarda tutto il territorio con una progressiva diffusione nel Nord-Est e aree che un tempo erano risparmiate ora sono occupate dal vettore, il flebotomo, e dall’infezione negli uomini. Questo fatto ha un impatto significativo sulla salute delle persone, sul numero di ospedalizzazioni e naturalmente sui costi, sanitari e sociali’.

Uno studio realizzato sul territorio al quale ha partecipato il Ministero della Salute, condotto sulla casistica di ospedalizzazioni per leishmaniosi umana negli anni tra il 2011 e 2016, ha segnalato 1.700 casi di leishmaniosi viscerale umana, letale se non trattata subito e in modo adeguato, specie nei soggetti più fragili come la popolazione pediatrica, gli anziani e le persone di ogni età immunodepresse per altre patologie concomitanti.’Un punto critico è la diagnosi- ha spiegato l’esperto- adesso che la leishmaniosi è endemica in tutto il Paese è fondamentale sensibilizzare, informare e rendere consapevoli i medici in modo che possano essere in grado di pensare e ‘sospettare’ una leishmaniosi umana e giungere ad una diagnosi tempestiva. Figura di riferimento il medico di medicina generale che al primo sospetto deve indirizzare il paziente a un reparto di malattie infettive specializzato in queste zoonosi, ma anche il pediatra è importante così come importante è il dialogo tra medici umani e medici veterinari che oggi vedono casi complessi nei bambini, negli anziani e negli animali, talvolta difficili da curare e da gestire”.

Il flebotomo, o pappatacio, è un insetto più piccolo della zanzara comune, peloso, color sabbia (sand fly), con un volo silenzioso e breve; le femmine si nutrono di sangue e pungendo animali e uomini inoculano il parassita Leishmania infantum. L’attività predatoria dei flebotomi si svolge dal crepuscolo e di notte, da marzo fino a ottobre-novembre.“La leishmaniosi è una patologia sistemica a decorso per lo più cronico e a carattere non stagionale, caratterizzata da un periodo di incubazione molto variabile che oscilla da un mese a 5 anni. La causa del rialzo delle temperature determinato dai cambiamenti climatici la leishmaniosi ha superato i confini tradizionali: il flebotomo ha trovato condizioni di adattamento ideali e si è diffuso ovunque- ha spiegato Marco Melosi, Presidente Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI)- ogni veterinario di ogni Regione deve mettere fra le sue diagnosi differenziali anche questa malattia per due ragioni: la serietà della malattia che, se non curata, può essere mortale nel cane e, in secondo luogo, il rischio di trasmissione all’uomo. Il ruolo del veterinario è fondamentale, in quanto proteggendo il cane, protegge anche l’uomo, concetto essenziale della One Health”.Ha infine concluso Emanuele Ferraro, Head of Pets&Equine Boehringer Ingelheim Animal Health: “Siamo fermamente convinti che il ruolo del veterinario sia cruciale in questo contesto e per questo vogliamo fare la nostra parte per costruire un futuro in cui la salute venga vista in modo globale, integrato e sostenibile. La partnership tra privato, associazioni e medici veterinari può generare un importante valore aggiunto in ottica One Health e, con questo momento di confronto, vogliamo darci l’opportunità di applicare questa attenzione all’interconnessione della salute umana e animale nella pratica clinica quotidiana”.
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