BOLOGNA – La Procura generale di Bologna ha chiesto l’ergastolo per il padre, la madre, lo zio e i due cugini di Saman Abbas, la ragazza di 18 anni di origine pakistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 nelle campagne di Novellara. La Procura generale ha chiesto anche il riconoscimento di tutte le aggravanti, la premeditazione e i futili motivi e il legame familiare.
In primo grado la Corte di assise di Reggio Emilia aveva condannato all’ergastolo i due genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, assolvendoli dalla soppressione di cadavere, a 14 anni lo zio Danish Hasnain. Erano invece stati assolti i due cugini, Nomanhulaq Nomnhulaq e Ikram Ijaz.
ERGASTOLO PER TUTTI GLI IMPUTATI
Nel chiedere la condanna dei genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, dello zio Danish Hasnain e dei cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, Marzocchi ha anche chiesto ai giudici di restituire al fratello della 18enne pachistana uccisa a Novellara, nel reggiano, tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021 “la sua posizione di giovanissima vittima” e di “descrivere” invece i genitori “come freddi pianificatori” dell’omicidio della figlia.
Nel procedimento, oltre ai genitori, condannati all’ergastolo in primo grado, sono imputati lo zio di Saman, Danish Hasnain, condannato in primo grado a 14 anni, e i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, che in primo grado sono stati assolti. Tre degli imputati sono oggi presenti nell’aula della Corte d’Assise d’appello, mentre Nazia Shaheen e Ikram Ijaz hanno rinunciato a comparire.
PG: “VISSE I SUOI ULTIMI GIORNI ALL’INTERNO DI UNA RECITA”
“In questo processo è emerso in tutta la sua gravità quanto è successo a Saman”, i cui ultimi giorni furono “vissuti all’interno di una recita”, in una “finzione di serenità e affetto che nascondeva il programma di ucciderla”. A dirlo, avviandosi a concludere la propria requisitoria, al termine della quale ha chiesto la condanna all’ergastolo di tutti e cinque gli imputati, è stata la sostituta pg di Bologna Silvia Marzocchi, che ha chiesto ai giudici della Corte d’Assise d’appello una sentenza che “tolga a Saman il ruolo di ragazza ribelle e trasgressiva, autrice di azioni sconsiderate, e le restituisca il ruolo di vittima di un’azione inumana e barbara, compiuta in esecuzione della sua condanna a morte da parte di tutti i suoi familiari”.
PG: “AVESSE POTUTO VIVERE COME VOLEVA NON AVREBBE LASCIATO FAMIGLIA”
“È evidente- basta guardare il video in cui scherza con la madre in cortile- che Saman non avrebbe rinunciato alla famiglia, non avrebbe lasciato i suoi genitori e il fratello se le avessero consentito di vivere secondo i suoi legittimi desideri”, ha detto nelle conclusioni della sua requisitoria la sostituta pg bolognese Silvia Marzocchi, secondo cui nel processo sull’omicidio della 18enne pachistana uccisa a Novellara, nel reggiano, tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021 “non è emerso in tutta la sua gravità ciò che è accaduto a Saman Abbas, la cui breve vita ha conosciuto troppi tradimenti e sfortune”.
Nel suo intervento -al termine del quale ha chiesto la condanna all’ergastolo non solo dei genitori di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, ma anche dello zio Danish Hasnain e dei cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz- Marzocchi ha ricordato “il fatto, notorio, che Saman non potesse andare a scuola e avere una vita sociale” e che “il suo primo tentativo di costruirsi una vita distante dalla famiglia fallì con la delusione patita in Belgio, dal quale fu costretta a tornare chiedendo aiuto al padre”. In seguito, ha proseguito la rappresentante della pubblica accusa, la giovane “si affidò a Saqib (il fidanzato, ndr), che compromise il suo percorso comunitario, che la mandò a casa a recuperare i documenti, che le disse che da casa sarebbe uscita solo con la sua volontà e che non si preoccupò quando non ebbe notizie di lei”.
E se Saman “ha amplificato alcune situazioni di oppressione e di vessazione”, secondo Marzocchi “lo ha fatto per difendersi anche da Saqib, che si stava rivelando a sua volta impositivo, oppressivo, incapace di capire le sue difficoltà” e che “aspettava comodamente che lei facesse tutto ed uscisse di casa per raggiungerlo, mettendo in pericolo la sua incolumità e la sua vita”. Terminata la requisitoria, l’udienza sta ora proseguendo con le arringhe dei legali di parte civile.
PG: “FRATELLO DICE VERITÀ, NON SI È MAI CONTRADDETTO”
Il fratello di Saman Abbas “dice la verità, sulle questioni fondamentali non si è mai contraddetto e non aveva alcun interesse a deporre contro i suoi familiari”, ha detto la sostituta pg di Bologna Silvia Marzocchi, che ribadisce quindi di ritenere attendibile la testimonianza del ragazzo, diversamente da quanto affermato dai giudici di primo grado. Secondo Marzocchi, “l’esclusione della premeditazione ha attribuito al fratello di Saman un ruolo che non merita, cioè l’autore dell’innesco della lite da cui si sviluppa l’intento omicidiario”. Un’interpretazione respinta dalla sostituta pg, che afferma che “a noi non pare possibile che il fratello abbia avuto un ruolo consapevole in questa vicenda”. Marzocchi riserva parole dure ai genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, che a suo dire hanno “sacrificato” il giovane, e aggiunge che in seguito “tutti lo hanno perseguitato” e gli hanno chiesto di “coprire le responsabilità”. Al giovane, prosegue, è stato chiesto di immolarsi”, e lui “prima ha cercato di sottrarsi, poi ha deciso di raccontare quello che sapeva”. E le sue dichiarazioni “collimano” con gli elementi emersi nel processo, osserva Marzocchi, precisando che comunque “questo processo non si basa” sulle dichiarazioni del fratello della vittima.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it