FIRENZE – Il Cai Toscana e le sue Sezioni locali, con il sostegno del Club alpino italiano dalla sede centrale, hanno aderito alla manifestazione “Il Monte Altissimo non si vende. La montagna non si arrende”, in programma a Seravezza (Lucca) domenica 13 aprile (ritrovo al Palazzo Mediceo alle 10.30). Oltre 50 organizzazioni sono unite per “denunciare e contrastare gli abusi e l’illegittima appropriazione che la società Henraux spa sta attuando sul Monte Altissimo tramite l’escavazione selvaggia, insieme all’amministrazione comunale di Seravezza e con la connivenza della Regione Toscana. Il tutto contro l’interesse pubblico generale, a danno dell’ambiente, del paesaggio e degli abitanti delle frazioni montane, unici per legge ad aver titolo dell’uso delle terre collettive del Monte Altissimo, in quanto custodi del loro valore ambientale”.
MOBILITAZIONE: TUTELARE FLORA, FAUNA E ACQUA, PAESAGGIO E PROFILO MONTANO
La manifestazione vuole proteggere l’Altissimo, il Pelato e le Apuane “dall’estrattivismo” teso al solo “arricchimento privato con la connivenza degli Enti pubblici, realizzato attraverso l’estrazione incontrollata del marmo, lo sfruttamento esasperato delle risorse e la vendita con ricavi opachi nella loro effettiva consistenza, lasciando nel territorio devastazione e impoverendo il patrimonio naturale e le popolazioni”. La mobilitazione chiede di tutelare flora, fauna e acqua, paesaggio e profilo montano e un modello economico alternativo e ecosostenibile. Sul piano politico, poi, si chiede di rieleggere gli organi amministrativi dell’Amministrazione separata dei beni di uso civico applicando il “pieno principio democratico che gli elettori siano i frazionisti della montagna seravezzina, in quanto riconosciuti come i soli legittimi e secolari titolari di diritto sulle terre collettive e in quanto tali custodi di quelle terre per la perpetuazione del loro valore ambientale”.
CAI: “VENGA APPLICATO ALMENO QUANTO PREVISTO DALLE LEGGI REGIONALI”
Dalla Regione si “esige che venga applicato almeno quanto previsto dalle leggi regionali per sapere quanto marmo scende dalle nostre montagne e la sua effettiva destinazione. E quanto di questo marmo si traduce davvero in lavoro svolto in zona e in posti di lavoro, vertiginosamente ridotti negli ultimi decenni e usati per giustificare una inaccettabile devastazione. Infine, al Parco delle Apuane e dai Comuni interessati viene chiesto “con fermezza il controllo del rispetto delle leggi e delle prescrizioni autorizzative che vincolano lo svolgimento dell’escavazione nell’interesse comune e che ad oggi restano solo sulla carta, lasciando mano libera ai distruttori delle nostre montagne”, si spiega in una nota del Cai.
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