(Foto da Facebook)
BOLOGNA – “Da 3 anni aspettavo che Sebastiano Visintin fosse indagato per l’omicidio di Liliana Resinovich”: lo ha detto Claudio Sterpin, amico molto vicino alla donna di 63 anni che scomparve da Trieste il 14 dicembre 2021 e venne trovata morta il 5 gennaio del 2022. L’iscrizione nel registro degli indagati per Visintin, 73 anni, marito di Liliana Resinovich, è notizia di due giorni fa: l’avviso di garanzia gli è stato consegnato contestualmente dopo una perquisizione avvenuta l’8 aprile nell’appartamento in cui vive. Una perquizione durata sette ore, durante la quale gli inquirenti, che pure avevano già effettuato perquisizioni nella casa, hanno sequestrato e portato via coltelli, forbici, tronchesi, cesoie, guanti, delle posate e anche un maglione. Forse per fare verifiche su un’impronta guantata individuata su uno dei sacchi in cui sono stati ritrovato il corpo di Liliana Resinovich? Visintin, ex fotografo, ha spiegato anche che gli inquirenti hanno visionato il suo pc durante la perquisizione, computer in cui erano contenute più di 600 mila foto delle vacanze fatte dalla coppia.
“ANDAVA INDAGATO SUBITO”
Sebastiano Visintin non si è scomposto per la notizia dell’iscrizione sul registro degli indagati. Ieri è partito alla volta della Carinzia, nel Sud dell’Austria, con un programma di relax che spaziava dal giro in bic alla sauna. Ha parlato di clamore mediatico. Ma i fati sul marito, secondo l’uomo che negli ultimi mesi frequentava Liliana, doveva arrivare molto tempo fa: “Questa cosa dovevano farla gli investigatori di allora”, commenta Sterpin, che ha sempre trovato strano il comportamento di Visintin. A partire dalla preoccupazione di avere un alibi già nei drammatici giorni in cui la moglie era ancora soltanto scomparsa: “È inammissibile che una persona a 48 ore dalla scomparsa della moglie, invece di essere disperata si preoccupa di dire che ha un alibi”, ha detto ancora Sterpin.
L’AVVOCATO DI VISINTIN: “ATTO DOVUTO”
L’avvocato di Visintin, Paolo Bevilacqua, ha detto che l’avviso di garanzia è “un atto dovuto che stupisce a distanza di così tanto tempo dall’originaria iscrizione di reato”.
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