ROMA – “La Corte Suprema del Regno Unito ha ristabilito ciò che dovrebbe essere ovvio per chiunque non sia stato accecato dall’ideologia: la definizione legale di ‘donna’ si basa sul sesso biologico. Non su un certificato modificato, non su un’identità dichiarata, ma sulla realtà dei corpi”. Lo scrive sui social l’eurodeputato Roberto Vannacci (Lega). “Nell’Equality Act del 2010- aggiunge-, i termini ‘uomo’ e ‘donna’ si riferiscono chiaramente al sesso biologico, non al ‘sesso certificato’. La Corte è stata netta: il significato delle parole è chiaro e non serve reinterpretarlo per accontentare chi vuole piegare la legge ai propri desideri. È una sentenza storica che segna un confine netto tra realtà e ideologia. Un confine che in Europa si cerca invece di cancellare in nome di una ‘inclusività’ che ha come unico effetto quello di negare le donne, riducendole a un’identità percepita, a una fantasia”. “L’Unione Europea non vuole che si dica la verità: che le donne sono femmine e gli uomini sono maschi. Che la biologia non è un’opinione e non si può riscrivere a colpi di attivismo. Difendiamo la verità. Difendiamo il diritto di dire che uomini e donne sono diversi perché biologicamente lo sono. Chi nega tutto questo non è progressista. È complice di una bugia che distrugge la realtà”, conclude.
View this post on Instagram A post shared by ROBERTO VANNACCI (@roberto.vannacci.68)
PRO VITA FAMIGLIA: BENE CORTE UK SU DEFINIZIONE DI ‘DONNA’
“C’è voluta addirittura una sentenza della Corte Suprema del Regno Unito per ribadire cosa è una donna, cioè, un essere umano adulto di sesso femminile, e non chiunque si autopercepisca come tale. Nel tempo dell’inquinamento ideologico promosso da chi porta avanti l’agenda woke gender, salutiamo con favore questa pronuncia che ribadisce l’ovvio: non basta ‘sentirsi donna’ per essere donna e per avere quindi il diritto di invadere gli spazi femminili, dagli sport ai bagni, dagli spogliatoi alle carceri, con conseguenze anche tragiche. Si tratta di una sentenza che, oltre a tutelare le donne, ribadisce l’infondatezza dell’approccio gender secondo cui l’identità percepita prevale sui dati biologici oggettivi, innati e immodificabili dell’identità sessuata: essere uomini o donne è un fatto incontrovertibile. È urgente che anche il Governo italiano prenda maggiore coraggio per smantellare questa delirante ideologia che ha invaso anche l’Italia promossa dai movimenti Lgbtqia+ e trans-femministi.
È necessario soprattutto vagliare e bloccare tutti quei progetti che nelle scuole di ogni ordine e grado confondono l’identità dei nostri giovani, della Carriere Alias e altre iniziative promosse da attivisti che trasformano le scuole in luoghi di rivendicazioni politiche e ideologiche”. Così Maria Rachele Ruiu, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, commenta la decisione della Corte Suprema del Regno Unito, che ha respinto l’interpretazione del governo scozzese dell’Equality Act: anche chi ha ottenuto un Certificato di Riconoscimento di Genere (GRC) non può essere legalmente considerato una ‘donna’. La Corte ha dato ragione al gruppo di attiviste For Women Scotland, stabilendo che i termini ‘donna’ e ‘sesso’ si riferiscono alla donna biologica e al sesso biologico.
View this post on Instagram A post shared by Pro Vita e Famiglia (@provitaefamiglia)
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it