ROMA – Proteggere il lupo può portare benefici anche all’uomo? Sì, perché tutelare i grandi predatori significa mantenere sani gli ecosistemi, essenziali per la nostra sopravvivenza. Allora, “convivenza” diventa la parola chiave tra l’uomo e le sue attività da un lato, e i grandi predatori come il lupo dall’altro. A dialogare con l’agenzia Dire è Marco Antonelli, naturalista esperto di fauna selvatica di Wwf Italia, associazione ambientalista che dal 1966 è parte del network internazionale Wwf, impegnata nella conservazione della natura. Antonelli parte da un assunto: “L’Italia è il paese europeo con il più elevato numero di specie animali e vegetali”. Un patrimonio prezioso, che deriva dalla collocazione geografica dello Stivale, ponte naturale tra Africa ed Europa, circondato dal mare e attraversato da catene montuose e tanti corsi d’acqua. Tuttavia, “un quarto di queste specie riconosciute sono a rischio”. La principale minaccia è l’uomo: le città e alcune attività economiche degradano e distruggono gli ecosistemi naturali. Del conflitto con l’uomo artefici e vittime sono anche i “grandi predatori” come gli orsi o i lupi. I conflitti sociali ed economici troppo spesso sono strumentalizzati, e a farne le spese sono gli animali. Ma le soluzioni ci sono e il Wwf lavora per questo: “Mettiamo dunque in campo azioni per favorire la coesistenza tra grandi carnivori e comunità locali”. Un’azione che si fa in rete “con le comunità e con gli attori economici, come gli allevatori”. Da un lato, prosegue Antonelli, “organizziamo eventi pubblici e diffondiamo materiali divulgativi, per promuovere la corretta conoscenza di queste specie, spesso vittime di fake news, leggende o miti del passato”. Dall’altro, Wwf Italia svolge un importante lavoro di affiancamento “alle categorie produttive, come allevatori o agricoltori, con cui lavoriamo sulle strategie di prevenzione del danno”.
Il naturalista evidenzia che esistono “decine di studi scientifici che dimostrano che la soluzione alla conflittualità tra grandi predatori e uomo non sono gli abbattimenti, bensì la prevenzione”. Per questo Wwf Italia nei suoi programmi si concentra nelle zone ad alto conflitto, “come l’Abruzzo – casa sia dell’orso che del lupo – e la Toscana, regioni in cui il pascolo brado di capre e pecore è ancora diffuso”. L’organizzazione si fa carico di “donare recinzioni elettrificate agli allevatori e del mantenimento di cani da guardiania sia a livello di mangime che cure veterinarie”. In questo senso, importante la collaborazione tra Wwf Italia e DifesAttiva, associazione di imprenditori agricoli zootecnici della provincia di Grosseto: “Questi allevatori- prosegue Marco Antonelli- hanno deciso di mettere volontà, impegno e investimenti per attuare le strategie di prevenzione, elementi senza i quali la conflittualità diventa inevitabile”. Altra grande alleata della fauna selvatica può essere la legge: “L’Italia è tra i primi paesi in Europa che si è dotata, ormai da diversi anni, di norme a tutela delle specie selvatiche” premette Antonelli.
Il problema, troppo spesso, resta la sua applicazione pratica: anche le norme migliori sono inefficaci, se restano solo su carta. Inoltre, almeno per quanto riguarda il lupo, lo “scudo” della legge potrebbe sgretolarsi presto: lo scorso 7 marzo è entrata in vigore la riforma, nell’ambito della Convenzione di Berna sulla Conservazione della Vita Selvatica e degli Habitat naturali in Europa, che declassa lo status di protezione del lupo da “rigorosamente protetto” a “protetto”. “Ora- avverte Antonelli- il declassamento verrà approvato anche nell’ambito della Direttiva Habitat, ed è probabile che molti Stati membri dell’Ue – tra cui anche l’Italia – recepiranno il cambiamento di stato di protezione della specie nella propria legislazione”.Secondo Antonelli di Wwf Italia infatti “Molti governi attuali mostrano poca attenzione ai temi ambientali”. Tanti quelli segnati da “un certo populismo, che preferisce vendere false soluzioni, calpestando le esigenze dell’uomo e delle sue attività economiche e soprattutto la tutela della biodiversità”. Argomenti a cui Wwf risponde “coi dati scientifici, per dimostrare che manovre come l’abbassamento dello stato di protezione di specie chiave, che aprono a possibili piani di abbattimento come soluzione ai conflitti, sono inutili.
Il caso del lupo lo dimostra: per favorirne la coesistenza con gli allevamenti, solo tecniche di prevenzione danno risultati efficaci”. L’associazione evidenzia poi che “l’antropocentrismo va in realtà a ledere proprio il benessere delle persone: “Tutelare la natura a livello globale- prosegue il naturalista- significa mantenere habitat ed ecosistemi più sani e integri, in grado di offrire ‘servizi gratuiti’ necessari per la nostra sopravvivenza. D’altronde noi non siamo il centro del mondo, bensì un tassello di un grande mosaico. Se eliminiamo delle tessere, il mosaico di cui siamo parte crolla, e con la perdita di specie chiave rischiamo il collasso di interi ecosistemi da cui dipendiamo per acqua, aria pulita e cibo sano”. I lupi, ad esempio, sono una specie che gioca sia un ruolo “chiave” che “ombrello”: “Nel primo caso- spiega l’esperto- significa che garantiscono gli equilibri naturali e il corretto funzionamento degli ecosistemi; essendo dei predatori, regolano ad esempio la densità delle specie-preda, con impatti positivi su popolazioni animali e vegetali. Nel secondo, si indicano quelle specie che occupano ampie aree geografiche. Proteggerle, vuol dire innescare effetti positivi su altre specie, che condividono con queste gli stessi ambienti di vita”. Non bisogna, infine, sottovalutare che la natura “ha tanti altri valori che in un modo o nell’altro migliorano la qualità delle nostre vite”. Antonelli riflette sul “valore etico, culturale e ricreativo” degli ecosistemi. “Mantenerli integri, garantendo una ricca biodiversità, consente anche di muovere l’economia di intere aree geografiche. Pensiamo al valore che ha l’orso bruno marsicano per le vallate appenniniche dove vive e al suo ruolo di traino per il turismo ecologico”, conclude.
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