ROMA – “Papa Francesco, in qualità di primo Pontefice non europeo dell’epoca moderna, ha saputo superare l’ostilità che il colonialismo aveva creato non solo tra arabi ed europei, ma anche tra cristiani e musulmani, dedicando così tutto il suo pontificato al superamento dell’islamofobia e all’affermazione dell’accoglienza dei migranti forzati, dinamiche strettamente legate tra loro”. A fornire questa analisi all’agenzia Dire, all’indomani della morte di Jorge Maria Bergoglio, è Riccardo Cristiano, giornalista e scrittore, per quasi vent’anni vaticanista per il Giornale Radio Rai.
L’esperto parte dagli attentati terroristici del 2001 negli Stati Uniti, ben dodici anni prima dell’avvento del “Papa argentino” al Soglio di Pietro: “Quei fatti sancirono l’aberrazione della ‘violenza in nome di Dio’- ricorda Cristiano- aprendo un’epoca molto difficile per tutte le autorità islamiche”, chiamate a sovvertire quel paradigma che stava ingrossando le file dei movimenti armati di ispirazione jihadista. Un pericolo per tanti Paesi: gli attentati non raggiunsero solo – per citarne alcuni – New York, Barcellona o Parigi, in Occidente, ma anche tantissime località nel mondo arabo, con migliaia di vittime civili”.Fu proprio con l’obiettivo di riaprire il dialogo interreligioso e garantire protezione alle comunità cristiane che il predecessore di Francesco, Papa Benedetto XVI, convocò nel 2009 il Sinodo sul Medio oriente, che a sua volta recuperava “la bussola” di Giovanni Paolo II, che invocava la creazione di una pari cittadinanza. “Francesco ha fatto suoi quegli obiettivi- prosegue il giornalista- e ne ha aggiunti degli altri”.
L’azione di Papa Francesco si inserisce in altre iniziative che intanto arrivavano dal mondo musulmano ufficiale, culminate nell’incontro del 2017 al Cairo, organizzato dal Grande imam dell’Università di Al-Azhar, Muhammad Ahmad Al-Tayyib, che per l’occasione invitò decine di personalità cristiane. Un appuntamento per ricordare a cristiani e musulmani la responsabilità non solo nei confronti di Dio ma dell’umanità intera, il diritto di cittadinanza e la coesistenza pacifica.”Quell’evento- riprende Riccardo Cristiano- aprì le porte al viaggio di Francesco in Egitto e poi alla firma da parte del Pontefice e del Grande Imam di quel sorprendente documento congiunto sulla ‘Fratellanza umana’, che sanciva l’indicazione secondo cui il diritto alla libertà e alla diversità di razza, cultura e credo appartengono alla Sapienza divina”. Un elemento, quest’ultimo, che stabiliva la definitva presa di distanza dell’Islam ufficiale dai movimenti integralisti, che non potevano certo condividerlo.”Naturalmente, per tradursi in risultati concreti, serve tempo”, chiarisce il cronista, “ma Francesco non si è fermato qui”. Ne è seguito lo storico viaggio del Pontefice in Iraq, a Najaf, nel 2021, per incontrare il Grande ayatollah Ali Al-Sistani. Dopo Al-Tayyib, tra le massime autorità del mondo musulmano sunnita, ora Francesco per la prima volta metteva la Chiesa in comunicazione diretta con una delle massime autorità del mondo sciita, dopo, per giunta, la fine del problematico Califfato dell’Isis, tra Siria ed Iraq.
“Bergoglio- prosegue Cristiano- è riuscito nell’impresa di ricomporre la frattura che dalla fine dell’ottocento si era creata tra arabi ed europei a causa del colonialismo delle grandi potenze europee, che, nel corso del novecento, aveva influenzato anche i rapporti islamo-cristiani”. Infatti, “sia il movimento panarabista laico, che il movimento panislamista religioso, pur con agende diverse, si sono date come obiettivo il rifiuto del colonialismo europeo e dei suoi valori, puntando alla creazione di nazioni arabe i primi e musulmane i secondi”.Per Riccardo Cristiano, “proprio le origini non europee del Papa argentino – a differenza del polacco Wojtyla e del tedesco Ratzinger – hanno permesso ai musulmani di aprirsi a un dialogo rinnovato”. E Bergoglio “lo ha fatto a modo suo: penso alle passeggiate nei Giardini vaticani con il Grande Imama Al-Tayyib, da cui è nato un rapporto umano, non più ‘maestro-discepolo’, che ha permesso di accantonare incomprensioni e dissidi”.Proprio quest’ultimo, nel suo messaggio di cordoglio per la morte del Pontefice, lo ha ricordato come “un grande amico dei musulmani”, in prima linea “contro l’islamofobia”.
“I sentimenti anti-islamici in Europa sono diretta conseguenza delle migrazioni forzate- suggerisce ancora il vaticanista- perché in Europa c’è chi guarda con timore alle migliaia di arrivi dal nord Africa attraverso il Mediterraneo. Tutto il pontificato di Francesco si è incentrato anche sull’importanza dell’accoglienza e dell’integrazione, elementi che consentirebbero di vedere, finalmente, un islam europeo. Timidi segnali già ci sono, come le prediche in italiano o altre lingue europee nelle moschee, o l’adesione di tanti stranieri alla Costituzione e al sistema culturale in cui si inseriscono; ma non fanno grande eco. Ci vuole tempo”.Nel frattempo, proseguono “le iniziative tese al dialogo, per fermare fanatismo e terrorismo, promosse in maniera individuale e indipendente da Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita”, piattaforme “oggi ben avviate, forti e autorevoli”, conclude Riccardo Cristiano.
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