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Papa Francesco santo subito? Il gesuita: “Non si fa, si aspettano 5-10 anni”


BOLOGNA – Papa Francesco santo subito? “La Chiesa ha una tradizione molto saggia: aspettare un po’”. Così il superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa, risponde oggi nel corso di una conferenza stampa sulla possibile canonizzazione di Jorge Bergoglio.”La Chiesa ha una tradizione molto saggia- ricorda padre Sosa- aspettare un po’ prima che una persona sia dichiarata santa. Non si fa il giorno dopo il suo funerale. Si aspettano cinque o dieci anni”, perchè così “si matura e si conosce meglio la sua storia”. Tra l’altro, aggiunge il capo dei gesuiti, nel processo di canonizzazione “c’è un elemento importante che è la devozione popolare”, e cioè vedere se si tratta di “una persona che ispira il popolo di Dio”. Piuttosto, sostiene padre Sosa, “in questo momento importante che prendiamo dall’insegnamento del Papa l’invito a che noi siamo santi”.

“ERA PERSONA NORMALE, I SUOI SEMI GERMOGLIERANNO”

Papa Francesco “era certamente una persona normale”, che “non credeva sempre di avere ragione” e con cui “si poteva anche dissentire”. Perchè “era una persona che ascoltava”. E ciò che ha fatto rappresenta “un seme che germoglierà, in una maniera o nell’altra”. In definitiva “non era un riformatore”, ma era “conseguente” al Concilio Vaticano II. Lo descrive così padre Arturo Sosa, superiore generale della Compagnia di Gesù, questa mattina in conferenza stampa. Soprattutto quando si trovava in un contesto tra religiosi, come all’interno delle riunioni dei gesuiti, “si sentiva anche più libero- racconta padre Sosa- non era una persona che credeva sempre di avere ragione, o che la sua parola fosse sempre predominante. Era una persona che ascoltava”. Ed era “una persona con cui si poteva dissentire: si poteva partire da un disaccordo per arrivare a un accordo. Una persona con cui si può dialogare e a cui fare domande. Avere a capo della Chiesa una persona così, sapendo che la decisione finale spetta a lui ma che prima ascolta, è una grande consolazione”.Papa Francesco, aggiunge il capo dei gesuiti, “non era un riformatore, ma era conseguente con la riforma che la Chiesa stessa aveva formulato. Francesco aveva preso molto sul serio il Concilio Vaticano II, anche prima di essere Papa, e ha fatto tutto quello che ha potuto in questa direzione”. Secondo padre Sosa, dunque, “quello che abbiamo sperimentato, soprattutto nell’ultimo anno con la sinodalità, è un seme che germoglierà a seconda del terreno in una maniera o nell’altra”.

“NON HA MAI MISURATO SUE AZIONI CON POPOLARITÀ”

Papa Francesco “ha dato la sua vita per aprire spazi più grandi per la vita comune”. E in questo suo sforzo “non ha mai cercato di accontentare tutti o misurare le sue prestazioni in base all’indice di popolarità”. A dirlo è padre Arturo Sosa, superiore generale della Compagnia di Gesù, nel corso di una conferenza stampa questa mattina dedicata alla morte del Pontefice. Un’occasione per esprimere una volta di più “grata memoria” nei confronti di papa Bergoglio, definito da padre Sosa “uomo di Dio”.Secondo il capo dei gesuiti, “la sua motivazione profonda è stata mettere in pratica la volontà di Dio, cioè contribuire alla trasformazione dell’umanità per fare del mondo una casa degna per tutti”. In questo senso, rimarca padre Sosa, il Papa “non ha mai cercato di accontentare tutti o misurare le sue prestazioni in base all’indice di popolarità. Sapeva che le sue azioni e decisioni non sarebbero piaciute a tutti. L’importante era ascoltare e dialogare con la complessità della realtà, scrutare i segni dei tempi e, nella preghiera, discernere ciò che è meglio in ogni momento”. Il messaggio che ha lasciato, aggiunge il superiore della Compagnia di Gesù, è fare del mondo “una casa comune, dove vivere come fratelli e sorelle, facendo delle differenze culturali il nostro patrimonio” e trovando l’opportunità per arricchirci a vicenda”. In poche parole, riassume padre Sosa, il Pontefice “ha dato la sua vita per aprire spazi più grandi per la vita comune”.
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