ROMA – “Da argentina, oggi mi sento particolarmente emozionata. Nel mio Paese la morte di Papa Francesco ha lasciato stupore, grande tristezza ma anche emozione perché pur essendo una figura politica controversa, era molto amato”. In attesa che inizino le esequie del Santo Padre, a Piazza San Pietro, la Dire parla con Cecilia Bayon, insegnante a Roma consacrata con Regnum Christi, originaria di Santa Fe de la Vera Cruz, in Argentina. È tra le migliaia di pellegrini che affollano la piazza della basilica, cuore del cattolicesimo.
La premessa di Bayon: “Bergoglio, da Papa, ha continuato a vivere la stessa vita che conduceva in Argentina. Sempre impegnato, come lo è stato nell’epoca della dittatura militare, quando si prodigava per aiutare le famiglie dei desaparecidos”, ossia le migliaia di oppositori arrestati e fatti scomparire sotto la giunta di Jorge Videla fino al 1981.
“Fu un periodo duro- ricorda la docente- ho tanti amici che hanno avuto familiari scomparsi in famiglia. Bergoglio, anche quando divenne vescovo di Buenos Aires, continuò a denunciare”. Era il 1998 e la dittatura era finita ormai da anni tuttavia “il clero era profondamente diviso” sul tema. Secondo Bayon, proprio per il suo impegno, “Bergoglio non è mai voluto tornare in Argentina, una volta Papa. Non ha voluto essere strumentalizzato da nessuno dei governi di turno” e questo nonostante “avesse un caro prezzo: ha dovuto rinunciare a rivedere il suo Paese e riabbracciare la famiglia. Ma è questo il suo modo di seguire il Vangelo: essere scomodi, come seppe essere Gesù Cristo, avere la forza di assumere posizioni controverse cercando però di fare da ponte, e penso che questo messaggio sia arrivato a tutto il mondo: oggi ci sono persone di tantissimi Paesi qui”, conclude.
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