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L’appello di Gino Cecchettin ai cantanti italiani: “La musica cambi spartito, i testi bandiscano la violenza”


VENEZIA – “Abbiamo bisogno della tua arte” e di artisti “che sappiano anche cambiare spartito” perché chi scrive, canta e produce musica ha una responsabilità e può scegliere di metterla al servizio di una cultura che promuova il rispetto, l’uguaglianza e la libertà. E per evitare che alimenti il contrario: mancanza di rispetto, stereotipi, atteggiamenti malati, violenti o tossici. In occasione dell’Aperyshow Charity Event 2025 -festival musicale a scopo benefico che si svolge ad Arsego, in provincia di Padova, che quest’anno sostiene anche la Fondazione- Gino Cecchettin, padre di Giulia e presidente della Fondazione, si è rivolto direttamente agli artisti con una lettera che intreccia memoria personale e responsabilità pubblica: “Le parole che scegli, i messaggi che trasmetti, arrivano a migliaia di giovani, e lasciano tracce. Ti invito a considerare la possibilità di lasciare da parte quei contenuti che -consapevolmente o no- possono alimentare una cultura della sopraffazione”.

La musica può cambiare le cose: può raccontare, unire, educare, ma anche rafforzare stereotipi, normalizzare comportamenti tossici, alimentare una cultura della sopraffazione. È da questa consapevolezza che nasce l’appello pubblico della Fondazione Giulia Cecchettin, presieduta dal padre Gino, al mondo della musica italiana. La Fondazione, accanto all’appello-invito, ha redatto due vademecum: uno rivolto ai cantanti, l’altro alle case discografiche, con suggerimenti per favorire un linguaggio rispettoso, la parità di genere e l’inclusione nelle produzioni musicali e nei contesti professionali. E dunque, ad esempio, gli artisti evitino “il linguaggio sessista e violento”, non usino “parole che denigrano, sessualizzano o giustificano la violenza di genere”. La musica e le canzoni vadano oltre gli “stereotipi di genere, mostrando donne e uomini come individui complessi, liberi e indipendenti” ed evitino di “romanticizzare la violenza e la gelosia”. Meglio, invece, sostenere “la consapevolezza emotiva. Le emozioni vanno esplorate in modo sano e riflessivo” rinunciando a “incitare a comportamenti tossici o a legami distruttivi”. Infine, recita il vademecum agli artisti, “le ingiurie non sono argomenti, denigrare non è arte”. Alle case discografiche, invece, si raccomanda di sostenere la carriera delle artiste, la presenza femminile in tutti i ruoli, dalle musiciste agli altri professionisti (produttrici, tecniche, manager) offrendo “pari accesso a opportunità e spazi”, ma anche “parità salariale”. Anche chi produce musica e canzoni poi dovrebbe frenare sul nascere sessismo e discriminazione, adottare “zero tolleranza per abusi, molestie e discriminazioni. Le donne devono sentirsi al sicuro in ogni ambiente professionale, sia sul palco sia fuori”. Infine, ultimo appello: “Incoraggia la diversità e l’inclusione Celebra tutte le identità di genere e orientamenti sessuali. Crea una scena musicale inclusiva che valorizzi voci diverse e contrasti le narrazioni omogenee e oppressive”.

Questi strumenti, spiegano i loro promotori, “rappresentano il punto di partenza di un’azione culturale più ampia, che punta a coinvolgere i principali attori dell’industria musicale italiana e a stimolare una riflessione collettiva sul potere delle parole e dei modelli proposti attraverso la musica”.L’iniziativa si inserisce all’interno di un impegno strutturale della Fondazione, che ha fatto dell’educazione e della sensibilizzazione contro la violenza sulle donne e sul linguaggio di genere uno dei suoi principali progetti. Un lavoro che si concretizza in programmi educativi nelle scuole, in percorsi formativi per aziende e organizzazioni, e in interventi trasversali in diversi ambiti sociali, con l’obiettivo di prevenire la violenza e promuovere i diritti delle vittime. Un’attività, si aggiunge, che non si limita alla denuncia, ma punta a generare consapevolezza e cambiamento culturale, là dove nasce: nella formazione, nella comunicazione e nella responsabilità condivisa. “La musica può essere parte del problema, ma anche della soluzione. Per questo la Fondazione invita artisti, produttori e professionisti del settore a prendere posizione, a cambiare spartito, come scrive Gino Cecchettin nella sua lettera, e mettere la propria voce al servizio di una cultura del rispetto, della libertà e della dignità”.
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