ROMA – La cacio e pepe, nel mito popolar-culinario, è “semplice”: pasta, pecorino, pepe e un sacro equilibrio da manovrare con mano esperta, con la grazia di una nonna romana che non ha mai avuto bisogno di bilance né termometri. E invece no: niente nonna. Serve un dottorato, l’amido in polvere e la precisione di un farmacista svizzero.
Secondo un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute, la chiave per quella cremina perfetta non è l’istinto, ma la chimica. La ricetta è: 5 grammi di amido sciolti in 50 di acqua, scaldata fino a ottenere un gel trasparente. Poi si raffredda tutto con altri 100 grammi d’acqua, si frulla con 200 di pecorino, pepe tostato e via su 300 grammi di pasta tiepida, non bollente (altrimenti il formaggio impazzisce e la nonna pure). Il risultato è una crema liscia, senza grumi, senza l’effetto “mozzarella” filante. Il dottor Ivan Di Terlizzi, coautore dello studio, ha confessato al Guardian che per arrivare alla formula magica hanno sacrificato 6 chili di pecorino, gran parte finiti spalmati sul pane tra un esperimento e l’altro. Il collega Daniel Busiello ha spiegato che il segreto sta tutto nell’amido: lega le proteine del formaggio e le tiene buone, impedendo che si aggrappino tra loro e diano vita ai temuti grumi. Più amido c’è, meno la temperatura diventa un problema. La pasta diventa scienza dei materiali.
“Una vera nonna italiana non avrebbe mai bisogno di tutto questo”, ammettono gli stessi scienziati consapevoli del rischio profanazione.
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