ROMA – La cacciata dallo Studio Ovale è ormai storia. Gli Stati Uniti e l’Ucraina hanno infine firmato un accordo bilaterale che apre a investimenti strategici nel settore minerario ucraino e istituisce un fondo congiunto per la ricostruzione del Paese. L’intesa arriva dopo mesi di trattative difficili e garantisce a Washington un accesso preferenziale alle risorse naturali ucraine più ambite, tra cui litio, terre rare e grafite.
L’INTESA E LE (VECCHIE) MAPPE
L’accordo è stato sottoscritto a Washington dal Segretario al Tesoro USA Scott Bessent e dalla vicepremier ucraina Yulia Svyrydenko. Il sottosuolo ucraino resta formalmente sotto il controllo di Kiev, che mantiene la facoltà di decidere cosa e dove estrarre. Washington contribuirà al fondo per la ricostruzione, ma non sono previsti obblighi debitori per Kiev né garanzie di sicurezza militare formali.L’Ucraina possiede 22 dei 34 minerali critici identificati dall’Unione Europea, fra cui litio, titanio, grafite, nichel e alcune terre rare. Il Servizio geologico statale stima che il Paese detenga circa 500.000 tonnellate di litio, una delle riserve più grandi d’Europa. Il 20% delle risorse globali di grafite si trova in Ucraina. Anche i giacimenti di titanio, concentrati nel centro e nord-ovest del Paese, sono rilevanti per l’industria aerospaziale e militare occidentale. Secondo l’Istituto di Geologia ucraino, il Paese ha riserve di elementi come neodimio, lantanio, cerio, erbio e ittrio, usati in batterie, turbine eoliche, elettronica e difesa. Alcuni dati restano riservati. L’UE ha finanziato studi che indicano anche la presenza di scandio, berillio, gallio e zirconio.
Tuttavia, ad oggi, l’Ucraina non dispone di miniere operative di terre rare su scala industriale. Gli analisti sottolineano come lo sviluppo del settore richiederebbe anni e investimenti consistenti, in un contesto ancora fortemente instabile. Le mappe che mostrano giacimenti minerari per migliaia di miliardi di dollari sparsi in tutta l’Ucraina, comprese le aree occupate dalle forze russe, si basano in gran parte su studi obsoleti e, secondo gli esperti, indagini approfondite potrebbero richiedere diversi anni. I giacimenti potrebbero non essere facili da estrarre; gli investitori dovranno investire miliardi di dollari in Ucraina per estrarre le risorse dal sottosuolo.
E l’infrastruttura energetica del Paese, che continua a essere bombardata da missili e droni russi, dovrà essere riparata e potenziata per fornire le enormi quantità di energia necessarie a sostenere le attività minerarie.
CHI CONTROLLA COSA
La guerra in corso ha compromesso l’accesso di Kiev a una parte significativa delle sue risorse naturali. Circa il 40% dei giacimenti metallici si trova in aree sotto occupazione russa. Due dei principali giacimenti di litio – a Donetsk e Zaporizhia – sono attualmente fuori dal controllo ucraino. Kiev mantiene però il controllo delle miniere nella regione centrale di Kirovohrad. Anche il bacino carbonifero orientale, un tempo cruciale per l’industria siderurgica nazionale, è ormai in gran parte perduto. A gennaio è stata chiusa l’unica miniera di carbone da coke ancora operativa a Pokrovsk, area oggi teatro di pesanti scontri.
IL POTENZIALE ECONOMICO E GLI OSTACOLI
Il governo ucraino stima che il potenziale di investimento nel settore minerario ammonti a 12-15 miliardi di dollari entro il 2033. Sono in preparazione circa 100 siti minerari da mettere sul mercato congiuntamente a partner occidentali, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Italia. Tuttavia, gli investitori segnalano ostacoli normativi, difficoltà di accesso ai dati geologici e alla proprietà fondiaria, e un sistema burocratico ancora fragile. L’accordo firmato a Washington rappresenta per una cornice strategica, ma il percorso per tradurlo in realtà economica resta lungo e accidentato.
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