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In un solo giorno 8 salvataggi di inesperti in quota, Zaia sbotta: “Basta, li faremo pagare di più”


VENEZIA – Solo ieri, 1 maggio, il Soccorso alpino in Veneto si è dovuto mobilitare per otto interventi. E non sono affatto pochi, evidenzia oggi Giuseppe Zandegiacomo, presidente del Soccorso alpino veneto, tornando a riaccendere i riflettori, assieme al governatore Luca Zaia, sul problema delle troppe persone che si avventurano in montagna o impreparate o non all’altezza delle sfide che pensano di compiere. Tanto appunto da dover poi chiedere aiuto: 1.225 le persone salvate in regione l’anno scorso in 1.081 interventi; quindi, spesso si soccorre più di una persona nello stesso contesto. Ma soprattutto spicca che il 40% (460) di chi ha lanciato l’Sos era illeso (dato “inquietante” per Zaia).

IN QUOTA CON LE INFRADITO

“Dobbiamo riconoscere un grande lavoro fatto in montagna dal Soccorso alpino, sono operatori indispensabili: senza non riusciremmo ad intervenire e ricordo che molti interventi di soccorso sono difficilissimi”. Per cui, i cittadini “devono capire che la montagna è bella e va rispettata. Qualcuno si è offeso perché ho detto che chi va in montagna con le scarpe hawaiane è un irresponsabile, ma questa amministrazione ha tentato di introdurre una deterrenza, di far pagare il conto a chi viene recuperato in un contesto dove si è addentrato senza responsabilità e cognizione di causa”, rivendica Zaia segnalando anche che alcuni soccorritori hanno pagato con la vita l’aiuto portato. Ma forse il ‘conto’ va alzato ancora di più: “Non nego che stiamo valutando di inasprire ancora di più il conto da applicare a chi se ne va in giro per le montagne senza usare il cervello, perché i nostri sanitari e soccorritori non possono rischiare la vita o, peggio ancora, perdere tempo per soccorrere coloro che, se restavano a casa o andavano a fare un percorso alla loro portata, avrebbero evitato un sacco di guai”, scandisce Zaia.

QUANTO COSTANO I SOCCORSI

Per un soccorso eseguito a piedi si pagano 200-250 euro a squadra (in media per intervento operano sette persone) fino a un massimo di 700. Per operazioni più difficili o impegnative per situazioni o condizioni dell’intervento (il 48% dei soccorsi è fatto con l’elicottero), si possono arrivare a dover pagare fino a 90 euro al minuto per un massimo di 7.500 euro. Cifre “ancora troppo basse”, dice Zaia nella conferenza stampa in cui torna sui contenuti del rinnovo della convezione Regione-Soccorso alpino: da tre milioni, con fondi incrementati proprio per via del maggiore impegno richiesto agli oltre 750 operatori del Soccorso alpino; “impegno gravoso”, dice Zandegiacomo.Dunque, il soccorso va fatto pagare di più. “Ci stiamo lavorando”, conferma Zaia che fin dal 2011 ha messo mano al tema di cui fa parte anche il problema di dover “recuperare i soldi da chi non paga”, procedura su cui la Regione non vuol far sconti: “È un credito certo e si va fino in fondo”. Zaia racconta anche di aver ricevuto la telefonata del genitore il cui figlio era stato soccorso e recuperato dal Soccorso alpino: “Pensavo fosse per lamentarsi, invece mi ha ringraziato e detto di non aver pagato il contributo richiesto ma di aver obbligato il figlio a lavorare per pagare” il costo del servizio. “Io non dico di non andare in montagna, ma di andarci in sicurezza”, aggiunge il presidente della Regione.

COSA CONTROLLARE PRIMA DI PARTIRE

Perdita di orientamento, incapacità, malore sono problemi ricorrenti nelle richieste di Sos “quindi si deve affrontare la montagna con senso di responsabilità, chiedersi prima se si è in grado di fare quel sentiero attrezzato, prepararsi rispetto al materiale, al vestiario, ai viveri, alle previsioni meteo e- raccomanda Zandegiacomo- non da ultimo sentire chi vive sul posto, le guide e il Soccorso alpino”.

Zandegiacomo invita alla prudenza nel farsi ispirare dai social: un’arrampicata vista in video un anno o un mese prima, potrebbe presentare condizioni diverse nel momento in cui si decide di affrontarla. “Devo confrontarmi con la realtà; se un anno prima c’era bel tempo non è detto che ci sia quando ci si va, o che si abbia la stessa preparazione di chi ha raccontato sui social” la sua ascensione. E poi, magari ci si doti di una pila di emergenza: se si usa il telefono come torcia “magari poi è scarico quando si deve chiedere aiuto o dare una posizione. In fondo parliamo di 30 euro e di una cosa che sta in tasca ed è piccola come un pacchetto di sigarette, ma può salvare la vita…”. La stessa cifra che può costare una assicurazione: il 96% delle persone soccorse non la aveva, quando basterebbero “20-30 euro l’anno, il recupero costa molto di più”, annota Alberto Barbirato, vicepresidente del Soccorso alpino regionale. Ed è sempre lui ad evidenziare che la principale attività di soccorso riguarda il ‘semplice’ escursionismo e non esperienze che si possono immaginare più estreme e quindi rischiose come lo scialpinismo. A maggior ragione anche per una attività ‘comune’ come l’escursionismo serve assicurarsi. Specie in stagioni particolari come questa: non è ancora estate, ma c’è ancora la neve dell’inverno e al mattino è dura e può mettersi in difficoltà.
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