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Roma

Braccialetti elettronici e rieducazione: le contraddizioni di Giannini sui rifiuti

L’ambiente, a trecentosessanta gradi, si conferma il banco di prova più insidioso per l’amministrazione giallorossoverde guidata da Marco Piendibene. Non solo perché si tratta in sé di temi di grande rilevanza per il Comune, ma anche perché in seno alla maggioranza, nonostante gli sforzi di ostentare all’esterno una identità di vedute sulle questioni più spinose, esistono differenti modi di sentire e di vedere aspetti del dopo-carbone e della gestione del ciclo dei rifiuti, che cominciano a venire a galla, neppure troppo velatamente. Torniamo parlare della discarica, visto che l’assessore Stefano Giannini ha voluto rimarcare di essersi recato personalmente in regione per portare il verbo dell’amministrazione (e per verificare lo stato dell’arte effettivo della vicenda, dopo essere venuto a conoscenza dalla stampa della riunione con l’assessore Ghera del sindaco Piendibene e dell’ex assessore di Tedesco, Vitali: riunione smentita solo a parole da tutti, ma nella sostanza di fatto confermata). Giannini, come spesso gli capita, fa una gran confusione: prima scrive ed afferma di essere stato alla direzione regionale dell’Ambiente il 25 aprile (sic!), poi corregge goffamente il tiro e, al di là delle date, fa delle affermazioni in aperta contraddizione tra loro: ribadisce il no convinto alla discarica e a qualsiasi impianto di trattamento ad essa collegato, ma parla al tempo stesso di chiusura in loco del ciclo dei rifiuti, che sarebbe possibile proprio autorizzando anche una discarica per il conferimento dei comuni del comprensorio, che oggi invece sono costretti ancora, dai tempi di Cozzolino, a portare i propri rifiuti a Viterbo, avendo lasciato che fosse l’immondizia di Roma, allora guidata dalla collega sindaca grillina Virginia Raggi, a riempire in pochi mesi Fosso Crepacuore, che invece avrebbe dovuto durare parecchi anni per ricevere i rifiuti di Civitavecchia e comuni limitrofi. Ora la storia rischia di ripetersi, anche grazie al fatto di voler far rimanere a tutti i costi il nostro comune nella Città metropolitana e quindi nell’ambito territoriale provinciale di Roma, anche per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Seconda contraddizione di Giannini: anziché pensare di utilizzare Csp come partner per la gestione degli impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti, aumentandone quindi i ricavi, si pensa da subito al taglio dei costi mandando a casa diversi lavoratori interinali. Per far questo è evidente che il porta a porta dovrà essere depotenziato con l’introduzione dei cassonetti intelligenti. Un aspetto su cui il M5S ha già espresso la propria contrarietà, mentre lo stesso Giannini continua invece a parlare di potenziamento della differenziata. Terzo, l’assessore ricorda i 3 milioni annui di costi che la città sopporta per smaltire la frazione organica dei rifiuti e l’indifferenziata, ed ostenta l’impianto di compostaggio aerobico come soluzione adottata (puzzolente e inadeguata, ndr) rispetto al biodigestore, anaerobico (non inquinante e che avrebbe potuto produrre biogas, anche per le navi, come caso di scuola di economia circolare, e sconti in bolletta per i cittadini, ndr) che così rischia di costare milioni di risarcimento danni al Comune, se dovesse soccombere anche al Consiglio di Stato. Quarto, Giannini con le premesse precedenti ritiene che la ricetta di rilancio della differenziata si basi su “braccialetti elettronici per gli operatori di Csp” e “rieducazione dei cittadini”, con multe chevadano ad aggiungersi alla Tari più alta del Lazio. Un cocktail di scelte che non solo sarà amaro e indigesto per i civitavecchiesi, ma non risolverà di certo né i problemi ambientali della città, né quelli finanziari di Csp, che dopo i bilanci in attivo degli ultimi anni torna a vedere lo spettro delle perdite e addirittura il rischio della privatizzazione dei servizi pubblici locali, che sarebbe il colmo per una giunta di sinistra. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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